Parole di memoria

Ecomafie: la lezione di Mimmo e delle altre vittime innocenti

Ecomafie: la lezione di Mimmo e delle altre vittime innocenti

“Io lotto e mi ribello”, scriveva Domenico Beneventano. Mimmo era un medico prestato alla politica. Eletto consigliere comunale nelle liste del PCI, si oppose con forza alla speculazione criminale nel territorio vesuviano ad opera della Nuova Camorra Organizzata di Cutolo.

La sua è una delle tante storie di vittime innocenti di mafie, uccise per essersi ribellate allo sfruttamento delle risorse del territorio. Storie di battaglie contro le aggressioni al patrimonio naturale e ambientale, che rappresentano un passato quanto mai attuale, come dimostrano le frequenti tragedie, come quella della frana di Ischia degli ultimi giorni.

Tra queste, tante sono storie di amministratori pubblici di piccoli Comuni del sud, che con coraggio si sono opposti allo sfruttamento mafioso del proprio territorio. Alcune sono storie note, diventate simbolo di battaglie ambientaliste, come quella di Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore” di Acciaroli (SA); Marcello Torre, sindaco di Pagani (SA), che si era opposto alle infiltrazioni camorristiche nella ricostruzione post terremoto; o la storia di Renata Fonte, assessora a Nardò (LE), uccisa per essersi ribellata alla speculazione edilizia di Porto Selvaggio.

Altre sono storie meno conosciute, ma non per questo meno importanti, come quella di Pasquale Cappuccio, consigliere comunale a Ottaviano (NA), assassinato il 13 settembre 1978 per aver denunciato la collusione tra politica, appalti e camorra; o Domenico Geraci, ucciso a fucilate per aver denunciato gli interessi illegali del piano regolatore del Comune di Caccamo (PA). Giuseppe Macheda, invece, era un vigile urbano, ucciso il 28 febbraio 1985 per il suo impegno contro l’abusivismo edilizio a Reggio Calabria.

Altre, ancora, sono storie di innocenti, rimasti vittime di devastazioni ai danni del territorio ad opera di organizzazioni mafiose, come Romano e Carmela Fasanella e Domenico De Nittis, uccisi da uno spaventoso incendio di origine dolosa che, nel luglio 2007, devastò parte della pineta di Peschici, in provincia di Foggia.

Tante sono le storie di vittime impegnate contro la gestione illegale dei rifiuti. Uomini e donne che stavano conducendo indagini sui traffici internazionali, come Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Marcello Palmisano, Natale De Grazia. Ma, anche amministratori pubblici, poliziotti, sacerdoti e cittadini, impegnati per la difesa del proprio territorio, come Peppino Basile, Roberto Mancini, don Cesare Boschin e Luigi Ioculano.

Molte sono anche le storie che parlano di infiltrazioni mafiose nel campo agroalimentare. Come quella di Tonino Esposito Ferraioli, cuoco e sindacalista, ucciso da un commando di camorra, a 27 anni, per aver denunciato la gestione delle subforniture per la mensa in cui lavorava. Così come era un attivo sindacalista anche Vincenzo Leonardi, presidente di una cooperativa che operava all’interno del mercato ortofrutticolo di Catania, ucciso il 13 giugno del 1991. Mentre erano due operai Carmelo Di Giorgio e Primo Perdoncini, uccisi a Rizziconi (RC), per aver acquistato agrumi dai produttori della piana di Gioia Tauro, turbando così il mercato di agrumi controllato dalla ‘ndrangheta.

Sono storie estremamente diverse tra loro, ma che restituiscono la fotografia dell'eterogeneità degli interessi mafiosi per l'ambiente come terreno di business. Dalle storie di grandi traffici internazionali, fino a storie locali, che ci raccontano di ambiti di interesse specifici di alcune organizzazioni mafiose. Come quella di Fortunato La Rosa, ucciso per aver impedito il passaggio nel suo campo alle cosiddette “vacche sacre”, le mandrie della ‘ndrangheta che hanno il privilegio di pascolare libere in ogni proprietà. Anche Domenico Demaio, sindaco di Platì, ucciso il 25 marzo 1985, si era opposto al pascolo delle greggi delle ndrine.

Sono spesso storie lontane nel tempo, ma assolutamente attuali. Tragedie come quella di Ischia sono la dimostrazione di come la memoria possa essere attuale, di quanto sia importante diffondere la storia di Mimmo, di Angelo, di Renata, e di tutte le vittime innocenti delle mafie, per farle vivere nell'oggi, per trasformarle in una memoria viva, capace non solo di commuoverci, ma soprattutto di spingerci a impegnarci tutti di più.