13 dicembre 1995
Nocera Inferiore (SA)

Natale De Grazia

L'odore del mare attraversa tutta la storia del Capitano di Fregata Natale De Grazia. È un odore forte, che invade le narici di chi prova a ricostruirla quella storia. Un odore intenso, inebriante, che sovrasta il puzzo delle bugie, dei depistaggi, delle verità negate e di quelle nascoste.

Nella storia di Natale De Grazia, insieme a quelle navi cariche di veleni, di cui tutti sanno ma che mai nessuno è andato a cercare, qualcuno ha pensato di poter affondare anche la verità. E forse, fino a oggi, c’è riuscito. Ma non la memoria, quella non si affonda. E dal seme della memoria possono ancora germogliare i frutti della verità.

La storia di quest’uomo innamorato del mare inizia a Catona, nel quartiere più a nord di Reggio Calabria, affacciato sullo stretto di Messina. Natale nasce qui, il 19 dicembre del 1956. Quando conosce Anna, che sarebbe poi diventata la madre dei suoi figli, lei ha ancora 17 anni. Sono entrambi molto giovani, ma Natale ha scelto già la sua strada: il mare. Il padre di lei, anche lui uomo di mare, non vede di buon occhio quel ragazzo già bello, prestante, testardo. Sa che quella di chi vive sul mare non è una vita facile, come non lo è quella di chi aspetta a terra. Ma Natale è deciso e nel 1981 inizia la sua carriera. Si imbarca per le sue prime esperienze su petroliere e mercantili. Poi l’Accademia di Livorno, gli incarichi in Capitaneria di Porto prima a Vibo Valentia, poi a Reggio, poi in Sardegna e infine, nel 1994, di nuovo a Reggio Calabria. È un convinto ambientalista e non riesce in alcun modo a non vedere nel suo lavoro l’occasione privilegiata per difendere la bellezza del mare. Lo fa con passione e dedizione, mettendo insieme due doti straordinarie: la profonda conoscenza del suo settore e una straordinaria capacità investigativa. È proprio per queste qualità che, al suo rientro a Reggio, il Procuratore della Repubblica Francesco Scuderi lo vuole nel pool costituito in Procura per indagare, a seguito di un esposto presentato da Legambiente, sui traffici illeciti di rifiuti, coordinato dal sostituto Franco Neri. È un passaggio fondamentale questo, cui è legato indissolubilmente il destino di questo ufficiale dal profondo senso dello Stato e della giustizia.

Ma Natale è anzitutto un marito e un padre, un uomo perbene, con uno smisurato amore per la famiglia. Una famiglia che intanto si allarga, con la nascita di Giovanni e Roberto. Nonostante un lavoro sempre più impegnativo, prova il più possibile a star vicino ai suoi affetti. “Mi ricordo sempre la sua presenza, nonostante tutto”, dirà anni dopo il figlio Roberto.

Il traffico di rifiuti tossici

Le mafie, si sa, hanno sempre avuto un grande fiuto per i soldi. È successo così anche per la storia dei rifiuti tossici smaltiti illegalmente. È una storia che, in Calabria, inizia nei primi anni ’80, quando la ‘Ndrangheta decide di infilarsi in questo affare che garantisce profitti enormi. E poco importa dove vanno a finire i fusti di scorie radioattive. Non si tratta solo di buchi nel terreno, perché quella schifezza la si può interrare certo, ma la si può anche affondare. Qualcuno, in quegli anni, aveva pensato di farlo addirittura con i siluri, alla luce del sole. Giorgio Comerio, un imprenditore di Busto Arsizio, ci aveva costruito un investimento, finito miseramente. Il progetto, ma forse non l’intuizione. La casa di Comerio, il capitano De Grazia andrà a perquisirla nel maggio del 1995. Tra le sue carte, in una cartellina con il titolo “Somalia”, troverà il certificato di morte di Ilaria Alpi, uccisa a Mogadiscio il 20 marzo del 1994. Un documento mai consegnato neppure alla sua famiglia. Domande su domande, che intrecciano storie di verità nascoste e di giustizia negata.

Quello delle “navi a perdere” è uno dei più grandi e misteriosi scandali della storia repubblicana. Un intreccio spaventoso di interessi che ha coinvolto politici, faccendieri, servizi deviati, imprenditori, massoni e mafiosi e che garantisce un doppio ricavo: quello dello smaltimento illecito e quello della frode assicurativa. Decine e decine di carrette del mare imbottite di rifiuti tossici, materiali nocivi, scorie nucleari, fatte saltare in aria a poche miglia dalla costa e lasciate inabissare insieme al loro carico. Una vergogna senza fine, rimasta tragicamente impunita.

È tutto questo che Natale De Grazia si trova tra le mani nel 1994. È roba che scotta e lui lo capisce. Lo capiscono quelli che ci lavorano con lui, pochi e con pochi mezzi, che presto finiscono anche nel mirino di intimidazioni e minacce. Natale è preoccupato, ma è anche e soprattutto fedele al suo lavoro. Non si lascia fermare e continua a indagare. Un’indagine delicata e complessa, che segue varie piste. Tra queste, quella nata dallo spiaggiamento della Jolly Rosso ad Amantea, nel dicembre del 1990. Gli inquirenti ritengono che possa esservi un qualche collegamento con la vicenda dell’affondamento della Rigel, avvenuto a largo di Capo Spartivento il 21 settembre del 1987. E forse anche con la morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

Il 13 dicembre 1995

La sera del 12 dicembre del 1995, a Gallico, dove Natale si è trasferito insieme alla sua famiglia, pioveva forte. Intorno alle 19.00, esce di casa e sale su un auto di servizio. Con lui ci sono altri due componenti del pool, il maresciallo Nicolò Moschitta e il carabiniere Rosario Francaviglia. Si mettono in viaggio alla volta di La Spezia. Lì Natale dovrà raccogliere una serie di riscontri su mandato della Procura. Per La Spezia ci sono 1100 chilometri: l’Italia intera da attraversare in auto, viaggiando di notte. Una circostanza che insospettisce Anna, sua moglie. Ma già da qualche tempo, alle preoccupazioni di Anna seguivano le rassicurazioni di Natale: “io sono solo un tecnico”. All’altezza di Campagna, un piccolo comune a una quarantina di chilometri da Salerno, i tre fanno una sosta per la cena. Si fermano al ristorante “da Mario”, consumano un pasto veloce e si rimettono in viaggio. A pochi chilometri dal casello di Nocera Inferiore, Natale De Grazia si sente male. L’auto accosta, i militari chiamano un’ambulanza. Il capitano viene trasportato in ospedale ma ormai non c’è nulla da fare. Muore così, sul sedile posteriore dell’auto civetta, a 39 anni ancora da compiere. Quando gli fu strappato via papà, Giovanni aveva 10 anni, Roberto appena 7.
“È la mia ultima missione, disse, ormai ho concluso il mio compito. Sarò a casa per il compleanno”. Anna ricorda così le parole con cui suo marito la salutò l’ultima volta che lo vide vivo. Lo ha fatto in un’intervista rilasciata nel 2014 al Il Secolo XIX. Ma Natale non è mai più tornato e ad Anna restano solo i ricordi: “era innamorato del mare, adorava i giovani. Era altruista, intelligente, e quando si metteva in testa di fare qualcosa, andava fino in fondo”. I ricordi e l’invito a non disperdere quella testimonianza di coraggio: “Natale è uno che ci ha provato a non chiudere gli occhi e ha pagato. Perciò oggi noi non dobbiamo chiuderli, né socchiuderli, gli occhi, ma spalancarli. Lui non c’è più, ma il problema del mare è rimasto. Ed è di tutti noi”.

Vicenda giudiziaria

La morte di Natale De Grazia è ancora oggi un mistero. L’autopsia viene effettuata 10 giorni più tardi, a Reggio Calabria. Se ne occupa il medico legale Simona Del Vecchio. Il referto sulle cause del decesso è lapidario: “morte improvvisa dell’adulto”. De Grazia è morto per una arresto cardio-circolatorio dovuto a cause naturali. Una conclusione che non convince nessuno, meno che mai la famiglia, che un anno dopo chiede una nuova autopsia. Inspiegabilmente, il nuovo esame autoptico viene affidato allo stesso medico legale, che ovviamente conferma le conclusioni cui era già giunta. È la stessa dottoressa Del Vecchio che, nel maggio del 2018, verrà condannata in primo grado dal Tribunale di Imperia (con condanna ridotta in appello a seguito di un concordato) a 6 anni e 6 mesi di carcere per i reati di falso, truffa e peculato: aveva firmato decine di verbali senza mai aver effettuato gli esami.

Nel 1996 la Procura di Nocera Inferiore archivia l’inchiesta. Nulla di fatto, proprio come per le indagini sulle navi dei veleni della Procura di Reggio, che, con la morte di De Grazia, subiscono un colpo altrettanto mortale. Il pool viene sciolto e su quello scandalo non si arriverà mai più a una certezza: nel 2000 anche queste indagini vengono archiviate.

Nel 2009 viene istituita una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, che prova anche a fare luce, sebbene non in sede giudiziaria, sulla vicenda del capitano De Grazia. La relazione sulla morte dell’ufficiale viene approvata all’unanimità nel febbraio del 2013 ed è la summa di tutti i dubbi irrisolti e le domande senza risposta che accompagnano questa storia. Tra le poche certezze, quella sulla superficialità e sull’infondatezza dei risultati delle due autopsie. Lo afferma il dottor Giovanni Arcudi, direttore dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Roma Tor Vergata, nonché consulente della Commissione, che mette nero su bianco l’ipotesi drammatica della “causa tossica”: Natale De Grazia sarebbe stato avvelenato.

Aveva un grande senso della giustizia e del dovere e quello che ha fatto rientrava nel suo lavoro. Molti credono sia un eroe, ma lui stava semplicemente facendo quello che doveva fare e che sentiva di fare.
Roberto - figlio di Natale

Memoria viva

Il 4 dicembre 2004, nel corso della cerimonia del giuramento presso l'Accademia navale di Livorno, il Presidente della Repubblica Ciampi ha consegnato ad Anna la Medaglia d’oro al merito di marina alla memoria del capitano Natale De Grazia, riferendosi a lui, nella motivazione, come a una “figura di spicco per le preclare qualità professionali, intellettuali e morali, che ha contribuito con la sua opera ad accrescere e rafforzare il prestigio della Marina Militare Italiana”. Così come ha contribuito in maniera sostanziale ad accrescere la consapevolezza e l’attenzione, nel Corpo cui apparteneva e nell’opinione pubblica, rispetto al tema dei reati ambientali.
Il 2 agosto del 2004 negli ambienti del Wwf di Amantea (CS) nasce il comitato civico “Natale De Grazia”. Presto coinvolge centinaia di cittadini preoccupati dalle notizie apparse sui media nazionali sul caso giudiziario “motonave Rosso”. Una nave, meglio conosciuta come Jolly Rosso, che il 14 dicembre 1990 si spiaggiò sulle coste di Amantea.
Alla memoria di Natale sono dedicati i Presidi di Libera dei Castelli Romani e del Vallo di Diano, in provincia di Salerno. Semi di memoria da cui speriamo possano ancora nascere frutti di verità e giustizia.  
La Round Robin Editrice ha pubblicato una graphic novel sulla storia del capitano, Natale De Grazia, Le navi dei veleni. La All Around edizioni ha pubblicato il libro di Giampiero Cazzato e Marco Di Milla, Navi mute. Il mistero sulla morte del comandante De Grazia.
Nel 2017 la Rai ha prodotto la docu – fiction Nel nome del popolo italiano che racconta la vita di Natale De Grazia.