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Giuseppe Montalbano
Santa Margherita di Belice (AG) // 3 marzo 1861 // 42 anni
Fervente mazziniano e protagonista della rivoluzione palermitana del 1848, Giuseppe Montalbano aveva organizzato le squadre di picciotti che poi si erano unite ai Mille di Garibaldi dopo lo sbarco a Marsala. Per questo, fu eletto prima consigliere comunale e poi provinciale.
Ignorando i precedenti avvertimenti e minacce ricevuti, il medico garibaldino si era messo alla testa dei contadini margheritesi, rivendicando tre feudi spettanti al comune, ma usurpati dalla principessa Giovanna Filangieri, grazie ai favori del ceto agrario e baronale già legato al governo borbonico. Per questo motivo, i gabelloti della principessa lo uccisero la sera del 3 marzo 1861 davanti casa sua a Santa Margherita di Belice, con tre fucilate alle spalle. Sull'omicidio non si svolse nessuna indagine. -
Giorgio Fallara
Ortì (RC) // 8 ottobre 1862 //
Don Giorgio Fallara era il parroco di Ortì, una frazione aspromontana di Reggio Calabria. Nel marzo del 1860 denunciò le minacce subite dall'altro sacerdote di Ortì, don Antonio Polimeni, che si era ribellato a delle pretese estorsive e per questo era stato brutalmente picchiato.
Don Giorgio Fallara, venuto a conoscenza del grave atto intimidatorio subito dal confratello, scrisse immediatamente una lettera al vescovo dell'epoca per informarlo dell'accaduto. In seguito anche don Fallara verrà minacciato per aver preso le difese di don Polimeni e aver sporto denuncia agli organi di polizia.
Don Antonio Polimeni e don Giorgio Fallara furono uccisi la mattina dell'8 ottobre del 1862 in località "Torre" ad Ortì. -
Antonio Polimeni
Ortì (RC) // 8 ottobre 1862 //
Don Antonio Polimeni era il parroco di Ortì, una frazione aspromontana di Reggio Calabria. Nel marzo del 1860 entrò in contrasto con Domenico Chirico, appena ventenne, a causa del pagamento di una tassa sulla contribuzione fondiaria. Nonostante il sacerdote gli avesse versato dei soldi, il giovane ne pretendeva degli altri per conto del suocero Francesco Viterisi. Don Polimeni non accolse le sue richieste e per questo venne minacciato pesantemente.
L'altro sacerdote di Ortì, don Giorgio Fallara, venuto a conoscenza del grave atto intimidatorio subito dal confratello, scrisse immediatamente una lettera al vescovo dell'epoca per informarlo dell'accaduto.
Don Antonio Polimeni e don Giorgio Fallara furono uccisi a colpi di fucile la mattina dell'8 ottobre del 1862 in località "Torre" ad Ortì. -
Emanuele Attardi
Bagheria (PA) // 11 anni
Figlio di Gaspare, cancelliere della Pretura e deciso oppositore dell'associazione mafiosa locale dei Fratuzzi, aveva soltanto 11 anni quando fu ucciso per ritorsione contro il padre nel novembre del 1874.
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Anna Nocera
Palermo (PA) // 10 marzo 1878 // 17 anni
Il 10 marzo 1878 a Palermo scompare Anna Nocera, diciassettenne. Fu il mafioso Leonardo Amoroso a sedurla e poi disfarsi di lei e minacciò la famiglia affinché non si rivolgesse alla giustizia. La madre invece depose al processo contro la famiglia Amoroso, presso cui la figlia lavorava come inserviente.
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Giorgio Verdura
Bolognetta (PA) // 7 maggio 1879 //
L'ex-brigadiere Giorgio Verdura con decreto del 31 maggio 1877, fu nominato sindaco del Comune di Santa Maria dell'Ogliastro, oggi Bolognetta (Palermo) per il triennio 1876 -78. A partire dal 24 luglio 1878, il sindaco invia alle autorità del mandamento, della provincia e del circondario una circostanziata denuncia contro il notaio Vincenzo, classe 1836, e i fratelli Antonino e Rosario Benanti, i fratelli Giovanni e Giuseppe Monachelli, il medico Antonino Calivà, tutti appartenenti al cosiddetto "partito Benanti". La coraggiosa denuncia del sindaco contraddice la presunta generale omertà dei siciliani, segnalata qualche anno prima dalla celebre inchiesta degli aristocratici toscani Franchetti e Sonnino, secondo cui nell'isola "nessuno denunzia, nessuno porta testimonianza, nemmen l'offeso". Verdura viene accusato di essere un calunniatore fino a essere rimosso dal suo ruolo di sindaco. Il 7 maggio, sul far del giorno, si reca a Palermo a piedi con un gruppo di compaesani forse al seguito dei carrettieri che partono all'alba in gruppo. Nel corso del cammino, l'ex sindaco si distanzia dalla comitiva di circa trecento metri. All'improvviso, da un campo coltivato a frumento vengono sparati i proiettili di un fucile, che lo colpiscono.
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Emanuele Notarbartolo
Termini Imerese (PA) // 1 febbraio 1893 // 58 anni
Sindaco di Palermo per tre anni, Emanuele Notarbartolo di mestiere fa il direttore del Banco di Sicilia da quando nel 1876 fu nominato direttore generale. Un ruolo difficile, pieno di rischi. E di preoccupazioni. Il Banco di Sicilia è sull'orlo del fallimento. E attira le mira di persone poco raccomandabili. Ben presto la sua onestà e integrità morale si scontra con i politici presenti nel consiglio della banca, molti dei quali legati alla mafia locale. Il 1 febbraio 1893, Emanuele assorto nei suoi pensieri, si incammina verso la stazione di Sciara dove sale su un vagone di prima classe diretto a Palermo. Lo scompartimento è vuoto. Il treno arriva a Termini Imerese. Sono le 18.23, il treno porta tredici minuti di ritardo. Alla stazione salgono due uomini. Impeccabili nel vestire, soprabito scuro e bombetta. Il treno riparte per entrare dopo pochi minuti in una galleria. I due uomini, successivamente identificati in Matteo Filippello e Giuseppe Fontana, entrano in azione. Il treno è al buio. I due entrano nello scompartimento e aggrediscono Emanuele. Servono 27 pugnalate per ucciderlo.
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Emanuela Sansone
Palermo (PA) // 28 dicembre 1896 // 17 anni
Il Natale è trascorso da due giorni. Emanuela, 17 anni, si trova nel magazzino che serve da pasteria e bottola vicino Piazza Ucciardone. Gioca con i suoi fratellini mentre la mamma al bancone pesa la pasta per un cliente. Improvvisamente si sentono due forti detonazioni provenienti dalla strada. Due fucilate violente. Una colpisce Emanuela alla tempia sinistra. Viene soccorsa e portata all'ospedale militare dove arriva già morta. Molto probabilmente si trattò di una ritorsione: i mafiosi, come emerse dal rapporto del questore di Palermo Ermanno Sangiorgi, sospettavano che la madre di Emanuela li avesse denunciati per fabbricazione di banconote false. Dopo l'omicidio della figlia, Giuseppa Di Sarno iniziò a collaborare con la giustizia, uno dei primi esempi di collaborazione.
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Salvatore Di Stefano
Torretta (PA) // 21 luglio 1898 // 18 anni
Le tracce di questa storia si trovano nel Rapporto Sangiorgi, scritto dal Questore di Palermo tra il 1898 e il 1900. Di Stefano era un vaccaro di 18 anni. Fu ucciso il 21 luglio 1898, a Torretta (PA), perché testimone oculare di un omicidio di mafia.
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Luciano Nicoletti
Corleone (PA) // 14 ottobre 1905 // 54 anni
Sin da giovane mise radici a Corleone dove partecipa con grande passione al movimento dei Fasci, distinguendosi come uno dei contadini più decisi a portare avanti il grande sciopero dell'estate-autunno 1893 per l'applicazione dei "Patti di Corleone". Nicoletti fu in prima linea anche nelle lotte per le "affittanze collettive" e questo segnò la sua condanna a morte. La sera del 14 ottobre, Luciano torna a piedi da campi. È stanco. Qualcuno lo chiama per nome. Non fa tempo a girarsi che due colpi di lupara lo colpiscono al petto. Lascia la moglie e cinque figli. E il delitto venne archiviato e rimase per sempre "a carico d'ignoti".
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Andrea Orlando
Corleone (PA) // 13 gennaio 1906 // 42 anni
Medico chirurgo con la passione della politica. Viene eletto eletto consigliere comunale nelle fila socialista a Corleone. Si schiera contro contro la cricca che amministrava il comune, in primo luogo contro il metodo con cui venivano determinate le tasse comunali. Insieme a questa attività in consiglio comunale, Andrea Orlando sostenne i contadini nelle lotte per le "affittanze collettive", aiutandoli a costituire la cooperativa "Unione agricola". Per la mafia, gli agrari e certi amministratori comunali, certamente un personaggio scomodo. Da eliminare. E' la sera del 13 gennaio 1906, Andrea passeggia in contrada "Rianciale", nelle vicinanze del suo un appezzamento di terra. Viene raggiunto da due colpi di lupara. Muore sul colpo.
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Joe Petrosino
Palermo (PA) // 12 marzo 1909 // 48 anni
Originario di Padula un piccolo paese in provincia di Salerno. Nel 1873 all'età di 13 anni emigra con la famiglia a New York, dove nel 1905 diventa tenente e gli viene affidata l'organizzazione di una squadra di poliziotti italiani, l'Italian Squad, grazie alla quale divenne ancora più proficua ed efficace la sua lotta senza quartiere contro la Mano Nera, organizzazione a carattere mafioso, con ramificazioni in Sicilia, attraverso la quale si esprimeva il racket. Seguendo una pista che avrebbe dovuto portarlo a infliggere un colpo decisivo alla Mano Nera, Petrosino tornò in Italia. Alle 20.45 di venerdì 12 marzo 1909, tre colpi di pistola in rapida successione, e un quarto sparato subito dopo, suscitarono il panico nella piccola folla che attendeva il tram al capolinea di piazza Marina a Palermo. Il cadavere di Petrosino fu trovato nel giardino Garibaldi al centro della piazza. Il mandante dell'omicidio, molto probabilmente, fu il capo della Mano Nera, Vito Cascio Ferro. Ma nessuno è stato mai in grado di provarlo. I funerali di Joe Petrosino si svolsero a Palermo il 19 marzo, poi la salma fu reclamata da Theodore Roosevelt, Presidente degli Usa, dove il 12 aprile del 1909, si svolsero i secondi solenni funerali con gli onori di un capo di Stato, alla presenza di circa circa 250 mila persone.
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Lorenzo Panepinto
Santo Stefano Quisquina (AG) // 16 maggio 1911 // 46 anni
Maestro elementare con la passione della pittura e della politica. Fondatore del Fascio siciliano di Santo Stefano Quisquina, un piccolo paese in provincia di Agrigento. All'inizio del XX secolo, alla ripresa degli scioperi agricoli, Lorenzo decise insieme ad alcuni dirigenti, come Bernardino Verro di Corleone e Nicola Alongi di Prizzi, di progettare un cambiamento di strategia politica, puntando a dare ai contadini gli strumenti delle cooperative agricole e delle Casse Agrarie, per emarginare i gabelloti dei feudi. Una decisione che decretò la sua morte. Due colpi di fucile al petto lo colpirono all'ingresso della sua casa a Santo Stefano Quisquina il 16 maggio 1911.
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Mariano Barbato
Piana degli Albanesi (PA) // 20 maggio 1914 // 66 anni
Militante socialista, uomo di punta del partito in Sicilia. La sua azione politica si svolge in difesa dei contadini. Il 20 maggio 1914, alle prime ore del mattino, in località Piana dei Greci (l'attuale Piana degli Albanesi) Mariano insieme al cognato Giorgio Pecoraro, lavorano a un muro a secco. Improvvisamente tre sconosciuti a volto scoperto esplodono vari colpi di fucile. Mariano e suo cognato muoiono immediatamente. Mariano, diventa una "vittima da sacrificare" per mandare un "messaggio" a suo cugino Nicola Barbato, leader politico dei socialisti, il partito candidato a vincere le imminenti elezioni amministrative.
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Giorgio Pecoraro
Piana degli Albanesi (PA) // 20 maggio 1914 // 60 anni
Militante socialista, contadino. Il 20 maggio 1914, alle prime ore del mattino, in località Piana dei Greci (l'attuale Piana degli Albanesi) Giorgio, insieme al cognato Mariano Barbato, lavorano a un muro a secco. Improvvisamente tre sconosciuti a volto scoperto esplodono vari colpi di fucile. Giorgio e Mariano muoiono sul colpo. Il duplice delitto destò grande impressione a Piana. Le elezioni amministrative sono alle porte. Serve un "messaggio" verso i socialisti favoriti alle elezioni.
L'idea di un elenco di tutte le vittime innocenti delle mafie, nasce con Libera, grazie alla volontà del nostro presidente don Luigi Ciotti e di una madre, Saveria Antiochia.
Saveria era la madre di Roberto, un poliziotto che accompagnò, per amore e per dovere, nel suo ultimo giorno di vita un altro poliziotto. Con gli stessi sentimenti e con senso di responsabilità verso una memoria che non doveva essere retorica celebrazione, ma seme di impegno, Saveria suggerì di raccogliere tutti nomi delle vittime, anche le più sconosciute.
Un’altra madre avvalorò l’impegno della memoria, Carmela, la mamma di Antonio Montinaro, ucciso con Giovanni Falcone, di cui era il caposcorta. Nel corso di una funzione religiosa in ricordo della strage di Capaci, don Luigi la incontrò e ne accolse il dolore e la preoccupazione perché il nome di suo figlio, come degli altri agenti della scorta, non veniva mai pronunciato.
Da questi primi momenti di intensa condivisione si è proseguito ad accogliere le proposte dei territori e dei familiari stessi delle vittime. L’elenco delle vittime innocenti delle mafie che ogni anno il 21 marzo, il primo giorno di primavera, leggiamo in tanti luoghi in Italia e del mondo è il frutto della raccolta paziente dei nostri volontari che scavando nella storia dei territori in cui vivono hanno chiesto, negli anni, l’inserimento dei nomi che ne fanno parte.
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