Andrea Orlando nasce a Corleone, nel 1864, da papà Giovanni, che di mestiere fa il farmacista, e mamma Marianna.
Sin da ragazzo si impegna molto nello studio per realizzare il suo sogno: diventare medico chirurgo. E ben presto ci riesce. Andrea svolge il suo lavoro con passione e senso di responsabilità; è una persona generosa, che ha a cuore il bene delle persone così, non di rado, presta i suoi servizi in maniera gratuita alle persone che, altrimenti, non potrebbero permettersi le cure mediche.
L’impegno politico
La sua profonda umanità e la sua voglia di contribuire alla realizzazione del bene comune lo spingono a impegnarsi nella vita politica della sua città e a candidarsi nel 1899 alle elezioni comunali. I suoi concittadini si fidano di lui così viene eletto, con larga maggioranza, consigliere comunale nelle file socialiste. Il suo impegno politico consisterà soprattutto nel cercare di riequilibrare la vita pubblica comunale, criticando in particolare e con forza, il metodo di determinazione e assegnazione delle tasse cittadine che cercherà di cambiare. Gli amministratori dell’epoca, infatti, per pareggiare i conti non iscrivono a ruolo le loro famiglie e le famiglie dei loro amici, spremendo all’inverosimile la povera gente e Andrea non ci sta, non può accettarlo e non può tacere.
Andrea conosce bene la povertà di tante famiglie contadine, che non di rado cura gratuitamente, così li aiuta, si schiera in difesa dei loro diritti, li accompagna nella costituzione della cooperativa “Unione Agricola” e si batte al loro fianco per le “affittanze collettive”, meritandosi per questo l’accusa di avere “tradito” la classe sociale di provenienza.
Ma quelle contadine non sono le sue uniche battaglie: si batte contro gli amministratori municipali, che sono gli stessi proprietari terrieri che siedono in consiglio comunale, e i mafiosi dell’epoca.
La sua vita si incrocia con quella di Bernardino Verro, che nello stesso anno viene eletto Sindaco di Corleone, e con il quale condivide le ansie di rinnovamento della politica municipale e lo slancio per migliorare le condizioni di vita e di lavoro della classe contadina.
Gli anni di impegno e lotte si susseguono, cambierà il Sindaco ma Andrea sarà nuovamente eletto consigliere comunale.
Memorabile è la seduta del consiglio comunale del 10 dicembre 1903. A un certo punto della discussione, Andrea chiede la parola e, rivolto al sindaco Giovanni Milone, comincia a chiedere alcune delucidazioni sui conti comunali - tenuti da Vito Marcianò - sui quali, da tempo, circolano voci più disparate. Il sindaco prova a rispondere ma senza riuscire a dire niente di convincente. A quel punto Andrea, sempre più convinto che quell’imbarazzo nasconda la conferma dei suoi sospetti, chiede che l’accaduto venga messo a verbale ma viene immediatamente interrotto dal consigliere Andrea Marcianò, figlio di don Vito, che – raccontano le cronache prefettizie e giudiziarie – va su tutte le furie e si mette a gridare: “Voi siete imbecille, io vi rompo il culo qui e fuori, posso darvi soddisfazione cavallerescamente e non cavallerescamente, io non calcolo i pulcinella”. Andrea mantiene la calma e continua a chiedere al sindaco e al segretario di scrivere sul verbale ogni parola pronunciata in quella sala, ma il sindaco si oppone e provoca una rissa. Di li a pochi secondi si scatena il caos: Marcianò estrae la pistola e si scaglia contro Andrea. Alcuni consiglieri cercano di bloccarlo, senza riuscire a impedire che, con il calcio della pistola, colpisca in bocca Andrea, facendogli saltare un canino e scheggiandogli due incisivi. E, anche il consigliere Francesco Guarino estrae una pistola contro Andrea. Saranno i contadini socialisti, che stanno assistendo alla seduta consiliare, a saltare le transenne, a circondare Marcianò e a fermarlo. Ci vorrà poi l’intervento delle forze dell’ordine per impedire conclusioni più tragiche, ma lo scandalo per quel che sta accadendo non si potrà più fermare.
Oltre alle rispettive denunce presentate nei giorni a seguire, le conseguenze più gravi si avvertiranno sul piano politico-amministrativo. Infatti, il consiglio comunale rimarrà paralizzato per mesi e un’ispezione prefettizia sul bilancio accerterà che, in effetti, nella tenuta dei conti c’è una gran confusione. Nella relazione finale verrà bocciata la gestione delle finanze comunali e duramente condannati i metodi di gestione del tesoriere, don Vito Marcianò.
Tutto questo non sarà mai perdonato ad Andrea che, anzi, dovrà essere punito.
Gli anni che si susseguono, quelli a cavallo tra il 1905 e il 1906, sono poi segnati da una vera e propria strategia del terrore contro il movimento contadino socialista. La mafia e gli agrari hanno deciso di alzare il tiro. Fino ad allora, nello scontro col movimento contadino, non si era mai arrivati a compiere un assassinio politico, ma in quegli ultimi anni avevano visto minacciati molto concretamente i loro interessi, sia nella gestione del potere municipale, che nella gestione degli ex feudi, così decisero di alzare il livello dello scontro.
Il 13 gennaio del 1906
La sera del 13 gennaio del 1906 Andrea si trova in contrada Rianciale, sul suo appezzamento di terra, occupato a verificare lo stato dei lavori su quel suo piccolo fondo. A quella lite in consiglio comunale di tre anni prima non ci pensa più, è un ricordo lontano. Sono altre le battaglie che ora lo tengono impegnato. Ma la mafia, invece, non dimentica.
All’improvviso, qualcuno lo chiama. Sono circa le 19:20. Andrea fa appena in tempo a girarsi quando viene travolto e colpito da due scariche di lupara. Muore all’istante, all’età di soli 42 anni, pagando con la vita il suo impegno per la giustizia sociale. Ucciso perché il suo operato aveva leso gli interessi della mafia agraria e di alcuni amministratori comunali compiacenti.
Vicenda giudiziaria
L’uccisione di Andrea destò scalpore solo a Corleone. La notizia infatti venne riportata solo da qualche giornale locale dove le autorità assicuravano «attive indagini per l’identificazione degli assassini», che, però, non portarono a nulla.
A oggi, l’omicidio di Andrea resta senza colpevoli e, soprattutto, senza giustizia.
Memoria viva
Il nome di Andrea è ricordato, insieme alle oltre 1000 vittime innocenti delle mafie che ogni anno in occasione del 21 marzo, la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, riecheggiano in tanti luoghi. Per noi Andrea ha un vero e proprio diritto al ricordo, un diritto che restituisce “dignità” a ogni nome che ricordiamo, che rappresenta la promessa ad Andrea che non dimenticheremo la sua storia, i suoi progetti di vita, portando con noi i suoi sogni e rendendola vitale pungolo del nostro impegno quotidiano.