Renata Fonte nasce a Nardò (Le), il 10 marzo 1951. Da bambina, si trasferisce a Roma per seguire il padre, funzionario del Ministero della Difesa Esercito. Adolescente rientra a Nardò con la madre, mentre il padre si trasferisce a Chieti, soffre una non serena vita familiare per la separazione dei suoi genitori, che in seguito divorzieranno.
Frequenta il Ginnasio Liceo Classico di Nardò, attiva nei diversi impegni studenteschi e si crea le solidissime amicizie che l’avrebbero sostenuta per tutta la sua brevissima esistenza. Non consegue ancora il Diploma, poiché, a diciassette anni, incontra un sottufficiale dell’Aeronautica Militare di stanza a Otranto, Attilio Matrangola, di ventidue anni, che diventerà suo marito qualche mese dopo (agosto 1968).
L’anno successivo, dà alla luce la sua primogenita, Sabrina, a Mariano Comense (Co). Da li seguirà il marito in tutta Italia, rinunciando ad una professione per accudire le sue bambine; Attilio, responsabile del settore radar negli Aeroporti civili è costretto a spostarsi spesso anche all’estero.
In Sardegna, nel giugno del 1973, nasce la seconda ed ultima figlia, Viviana. Renata sogna di ritornare nella sua amata terra salentina ed affronta l’ennesimo trasferimento in Sicilia. Qui, in provincia di Catania, appena l’età delle figlie glielo consente, da privatista consegue brillantemente il Diploma di Maturità Magistrale e vince, ai primi posti, il Concorso a cattedra successivo. Nel frattempo, segue costantemente la crescita delle bambine e lavora saltuariamente, per contribuire al bilancio familiare; inoltre, scrive racconti, poesie, studia da autodidatta francese ed inglese e, dovunque abiti, crea intorno a sé delle sincere e durature amicizie.
Finalmente, nel 1980, di rientro dall’Iraq, il marito viene trasferito all’Aeroporto di Brindisi e lei riassapora l’agognato profumo di casa. Insegna alle Scuole Elementari di Nardò (ancora adesso, i suoi allievi la ricordano con struggimento), studia Lingue e Letterature straniere all’Ateneo leccese.
L'impegno politico
Forte degli insegnamenti di Pantaleo Ingusci, insigne storico mazziniano neretino, comincia ad impegnarsi attivamente nella vita del locale Partito Repubblicano Italiano, diventandone Segretario cittadino e nelle battaglie civili e sociali di quegli anni, iscrivendosi all’U.D.I. ed entrando a far parte del Comitato per la Tutela di Porto Selvaggio, per il quale si impegnerà sui mass-media contro le paventate lottizzazioni cementizie. Decide di candidarsi alle successive elezioni amministrative e, dopo anni di assoluta assenza di repubblicani, è la prima Consigliere ed Assessore che il Partito vanti a Nardò.
Intanto, insegna alle scuole elementari, studia Lingue e Letterature straniere all’Università, pur non trascurando mai la crescita delle figlie. Affronta un immane lavoro filologico ed organizzativo sui romanzi, sui saggi storici e sugli scritti dello scomparso “zio Lelé”; dipinge con una sorprendente varietà di tecniche pittoriche, e scrive una struggente, intensa raccolta di poesie e numerosi racconti, alcuni seri ed impegnati, altri divertenti ed ironici, un po’ come é lei…
Dall’Assessorato alle Finanze a quello alla Pubblica Istruzione, Cultura, Sport e Spettacolo, al direttivo provinciale del P.R.I., diviene anche responsabile per la provincia del settore Cultura dei repubblicani.
Del suo impegno politico, espressione della politica più nobile, con la mano sul core dei Padri, restano i discorsi e le registrazioni dei Consigli comunali che testimoniano il suo spirito di servizio, la sua onestà intellettuale ed abnegazione al proprio dovere istituzionale, i suoi valori di trasparenza ed integrità nella gestione della Cosa pubblica. Ancora oggi molti si ispirano alla sua incrollabile dedizione alla legalità.
31 marzo 1984
La notte fra il 31 marzo ed il primo aprile 1984, all’uscita da un Consiglio comunale, a pochi passi dal portone di casa, Renata Fonte viene assassinata. Ha compiuto da pochi giorni trentatré anni. L’efferato delitto ha immediata e lunghissima risonanza nazionale: è il primo omicidio politico di stampo mafioso nel Salento, perpetrato contro una giovane donna, madre, sposa, esempio.
Mamma aveva certamente scoperto qualcosa su oscure speculazioni edilizie a Porto Selvaggio, aveva ricevuto minacce. Ma per amore della sua terra non si sarebbe mai fermata. Solo noi figlie le avremmo potuto chiedere di non insistere. Ma la vedevamo felice di lottare. E non lo chiedemmo mai.
Vicenda giudiziaria
In pochissime settimane, gli inquirenti assicurano alla giustizia i vari livelli dell’organizzazione: gli esecutori materiali, gli intermediari ed il mandante di primo livello, tutti condannati nei successivi tre gradi di giudizio. Ma sono davvero tutti qui i colpevoli?
Una delle tre sentenze recita: “[…] La Fonte, che occupa un posto che non le sarebbe spettato - è scritto nella parte dedicata al movente dell’assassinio - “stava facendo perdere un sacco di soldi” ostacolando un progetto di speculazione edilizia, la realizzazione di un residence lungo la costa salentina, verso Porto Selvaggio. (Spagnolo) accenna poi all’esistenza di altri cointeressati alla faccenda. Spagnolo, riconosciuto come mandante del delitto, mosso da un risentimento personale si rende strumento consapevole di interessi più vasti. […].
I magistrati della Corte d’Assise d’Appello, a questo punto, si trovarono davanti a uno” scoglio” insidioso, sul quale le difese tentarono di far “naufragare” l’impianto accusatorio della controparte: Porto Selvaggio era già stato istituito Parco ben quattro anni prima che avvenisse il delitto Fonte. La Legge Regionale è la n°21 del 1980 e per essa si era battuto con passione un vasto fronte ambientalista neretino.
Il ragionamento degli avvocati delle difese, che ha trovato immediata sponda nella gran parte dell’opinione pubblica di Nardò, era, pressappoco, questo: la legge dell’80 dichiarava intoccabile quell’area e, di conseguenza, rendeva impossibile ogni speculazione edilizia. Il movente basato sull’interesse speculativo/politico veniva, così, inevitabilmente a cadere. Un’obiezione, questa, che la sentenza sul caso Fonte “smonta” su due versanti, fornendo una risposta sul piano generale ed una su quello particolare. Risposta generale: “[…] L’obiezione che pure si è fatta con molta insistenza e relativa all’impossibilità concreta di “sfruttare” Porto Selvaggio perché Parco Naturale, non tiene conto delle “italiche risorse” e della incredibile capacità di tanti amministratori nostrani e delle loro cricche corporative di portare avanti piani di lottizzazioni, insediamenti urbanistici, creazioni d’interi villaggi nonostante le innumerevoli leggi, leggine, decisioni ad alto livello, prese di posizioni, movimenti d’opinione, interpellanze parlamentari, che solo teoricamente hanno cercato di porre argine a tale fenomeno […]”.
Ma in quel 1987 i giudici approfondiscono, e la risposta alle obiezioni difensive da generale diviene particolare e da storica si fa tecnica: “[…] Si è parlato di Porto Selvaggio, ma il riferimento è chiaramente idoneo ed inteso ad individuare solo genericamente una località - continua la sentenza - si dimentica proprio tutta la diatriba che sorse intorno alle “zone di rispetto”, diatriba che iniziatasi nel novembre del 1983 continuò fino al giugno del 1984 allorché venne emanata la legge regionale per Porto Selvaggio […]”. Il riferimento è evidente: la disposizione legislativa del 1980 aveva istituito il Parco, attribuendogli la generica, “fumosa” aggettivazione di Naturale Attrezzato e lo aveva ambiguamente “perimetrato”. Nei quattro anni successivi, però, si erano “giocate” due importantissime “partite”: la prima sul Piano di adeguamento, che, tra gli altri provvedimenti, compensava l’inedificabilità dei terreni inclusi nel Parco con altre cubature in zona; la seconda, sui confini effettivi del Bene paesaggistico tutelato, si concluse solo il 4 giugno 1984, con la delibera della Giunta Regionale n° 5012, che aveva varato il Piano di Utilizzo della zona, distinguendo tra un Comparto A di 231 ettari, qualificato come “parco” ed un Comparto B di 193 ettari, individuato come “futuro ampliamento”. «[…] E sono proprio questi i momenti - prosegue la sentenza - in cui era necessario avere in Comune una “persona di fiducia”, non certo la Fonte che pur senza tanti clamori s’interessava proprio al Comitato per la tutela di tale zona, e che già da allora temeva manovre speculative su quella zona che doveva restare patrimonio collettivo di tutti. Ecco dunque che lo Spagnolo è un passaggio obbligato per chi intendesse operare in quella direzione, ed è per questo motivo che l’imputato, probabilmente facendo così anche gli interessi di altri, si decise a liberarsi per sempre del suo scomodo avversario. Questo è il movente - concludono i giudici - esso ci viene dalle stesse parole dell’interessato. L’imputato quindi maturò la sua decisione criminosa, animato certamente da spirito di vendetta e comunque per rancore contro chi lo aveva privato del “suo” posto al Comune, ma soprattutto perché solo attraverso la eliminazione fisica della Fonte egli poteva attuare o favorire le mire speculative di chi, come lui, da tempo aspirava a “mettere le mani” su Porto Selvaggio. […] ».
Quegli imprenditori “dalle mani avide” non sono mai stati individuati, forse il “motore immobile” del delitto. La verità processuale non è assoluta ma è la sola accertata di cui disponiamo. Una risposta chiara ed inequivocabile: Renata Fonte è stata uccisa per aver difeso Porto Selvaggio dalla speculazione edilizia. In quegli anni si erano decise lottizzazioni speculative e l’assessore Fonte era un ostacolo a quelle logiche spartitorie. Quello di Renata Fonte è il primo delitto politico-mafioso nel Salento, verità ancora scomoda da accettare, come se selezionare una classe politica per agevolare gli interessi illeciti di qualche oscuro ma ben identificabile potere non sia mafia. Proprio per questo, ancora oggi, per il mondo istituzionale in primis, risulta scabroso ricordarla, perché darne memoria equivale a porsi domande, ad ammettere connivenze a qualcosa a cui Renata aveva detto “No!”
Memoria viva
L’estremo sacrificio di Renata e le tante battaglie ambientaliste che esso ha generato o ispirato, hanno determinato - nel 2006 - una Legge regionale che tutela concretamente e senza infingimenti il Bene paesaggistico e culturale che il Parco incarna. Porto Selvaggio è oggi una delle dieci spiagge più belle d’Italia, una dimensione che esprime il suo genius loci, un territorio in cui si ritrova l’energia, la bellezza, l’ineffabile magia di Renata. Nell’odore dei pini assolati, nel cicaleccio intenso fra gli alberi e fra le onde del mare che si infrangono sulla bruna scogliera s’ode la storia di Renata e, ancora, viva e vibrante la sua voce.
Alla storia di Renata vengono dedicate diverse pubblicazioni editoriali: “La posta in gioco” di Carlo Bollino; “Il caso Fonte” di Lino De Matteis; “L’innocenza che insegna” di Aa. Vv., il capitolo: L’onore della testimonianza, nel libro: “Lotta civile” di Antonella Mascali ed un capitolo monografico su: “Vi aspettavo”, della stessa autrice, oltre ad un volume edito da “Il Grifo”, Salentine - Regine, sante, nobili, borghesi e popolane. Una terra, cento storie, con l’Università del Salento. Assieme ad altre vittime innocenti di mafia pugliesi, la storia di Renata è parte di Non a caso, a cura di D. Marcone, in un racconto liberamente ispirato alla sua vita e scritto da B. Monroy.
Dal primo di questi testi viene tratta la sceneggiatura di G. Ferrara del film: “La posta in gioco” (1987) di S. Nasca, colonna sonora di Eugenio Bennato, con Lina Sastri nel ruolo dell’assessore, Vittorio Caprioli, Flavio Bucci, Christian Brando, Roberto Alpi, Turi Ferro. Il lungometraggio è stato censurato dopo poche settimane di distribuzione, per evidenti allusioni ad un “quarto livello di mandanti”. È stata realizzata anche una fiction per la televisione, Una donna contro tutti, sceneggiata da Monica Zapelli (“I cento passi”) e prodotta da Tao Due, con l’interpretazione di Cristiana Capotondi, nella serie Liberi sognatori, dedicata anche alle vite esemplari di Mario Francese, Libero Grassi ed Emanuela Loi.
La Compagnia Teatrale “La Calandra” ha scritto e messo in scena il dramma “Se…Renata”. È stato altresì realizzato un nuovo volume dedicato alle vittime innocenti pugliesi, a cura degli studenti degli Istituti di Istruzione Secondaria Superiore di Andria (Ba). “Le ribelli contro la mafia” di Melegnano ha realizzato lo spettacolo teatrale Storie di donne che lottano, raccontando vite di “guerriere”, fra cui quella dell’assessore di Nardò.
A lei è dedicato anche il graphic-novel “Nostra madre Renata Fonte”, sceneggiato da Ilaria Ferramosca e disegnato da Gian Marco De Francisco, alla sua terza edizione.
A cadenza annuale, le edizioni dal 2010 di “OLE - Otranto Legality Experience”, Forum Internazionale sulle criminalità globalizzate, cui hanno partecipato delegazioni giovanili da vari Paesi del mondo, sono state dedicate al suo ricordo.
Anche il Parco Naturale Regionale di Portoselvaggio e Palude del Capitano custodisce una targa di dedica all’assessore e ad una nuova specie di orchidea (protetta dalla Convenzione di Washington) è stato attribuito il suo nome. In qualità di amministratrice e cittadina unanimemente riconosciuta protagonista della salvaguardia ambientale, sono state intitolate a lei un’area di recupero della fauna selvatica del Parco Fluviale Regionale dello Stirone e del Piacenziano (Pr) e l’Oasi Renata Fonte a Vizzolo Predabissi (Mi).
Un brano composto dal maestro Andrea Padova nel cd: “ArancioLimoneMandarino” si intitola: Porto Selvaggio (a Renata Fonte). Il compositore Angelo Presta ha scritto e musicato: “Renata… mia madre”, ispirandosi al ricordo della figlia Sabrina. L’interprete di canti popolari Anna Sabato le ha dedicato il brano Fonte de Vita, nel cd Cantu de lunedì.
A Pavona (Castelli romani), l’artista Krayon, in collaborazione con gli studenti del Liceo Artistico “C. Battisti” di Velletri ha raffigurato il volto di nove vittime di mafia: don Pino Puglisi, don Peppe Diana, Renata Fonte, Giancarlo Siani, Rosario Livatino, Annalisa Durante, Lea Garofalo, Palma Scamardella e Rita Atria; su una superficie di circa 180 mq, ha un’estensione multimediale sul web, con una pagina che ne racconta realizzazione e storie dei personaggi raggiungibile da un QR code. Un altro è stato realizzato a Dolo (Venezia).
Il Muro del Coraggio a Galatina (Le) raffigura assieme a Renata anche Paolo Borsellino, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Lea Garofalo, Peppino Impastato ed Antonio Montinaro. L’artista Chekos, fra gli altri, ne ha realizzato diversi ritratti (a Cursi, a Lequile); il più esteso dei murales che la ritraggono si trova a Surbo, per iniziativa dell’Associazione di promozione sociale La Svolta ed è intitolato “Renata Fonte di Vita”. L’assessore ha anche ispirato una carta della versione salentina del “Monopoly”, oltre che il mese di marzo del calendario FAI Antiracket 2024.
La Città di Genova ha intitolato all’assessore neretina il primo piano dello storico Palazzo Verde, adibito ad esposizione permanente di laboratori e tecniche di Educazione ambientale per le scuole di ogni ordine e grado; la città di Reggio Emilia le ha intitolato il Palazzo del già Tribunale; Legambiente le ha dedicato i giardini restituiti alla collettività di Taranto, dopo decenni di incuria e degrado ambientale. Una piazza a Nardò, il piazzale del Parco Commerciale “Mongolfiera” a Surbo (Le), una piazzetta a Casarano, Martignano, Nociglia (Le), una strada a Galatone e Tuglie (Le), una piazza a Novaglie (Le), una strada a Savignano sul Panaro (Mo), un albero di mandorlo è stato piantato dal Presidio, da Legambiente e dal Comune di Volterra (Pi), uno a Mottola (Ta) ed uno nel Parco della Memoria e dell’Impegno del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università del Salento (con estensione sulla Rete da un QR code); il Giardino comunale di Castiglione d’Otranto (Le) e di Baschi (Tn) sono stati intitolati alla sua memoria. Una targa per ricordare il suo impegno ecologista ante litteram è stata affissa nel giardino comunale di Misano di Gera d’Adda (Bg), accanto ai nomi di Nelson Mandela e del tenente Emanuele Carioni. L’edizione 2014 della Notte Rosa del Comune di Corsico (Mi) è stata dedicata alla memoria di Renata Fonte e della giornalista televisiva Ilaria Alpi.
Nel corso degli anni, si sono occupati della sua storia in Rai: “La storia siamo noi”; “Telefono Giallo”, “Rotocalco televisivo”, “Uno Mattina”, “Cominciamo bene”, “Lucarelli racconta”; su La7: “Niente di personale” e diversi servizi giornalistici su Tele Dehon, RaiNews24 e RaiSat2000; “A sua immagine”, su Rai1; “L’Ora solare” su Tv 2000; servizi su quotidiani e settimanali d’opinione; il sito santilaici.it le ha dedicato il mese di marzo 2011 e, dallo stesso anno, un vino della varietà autoctona negroamaro di Libera Terra, frutto dei vigneti pugliesi confiscati alla criminalità organizzata, porta il suo nome.
Palazzo Personè a Nardò, già sede del Municipio e diversi Comuni della provincia di Lecce hanno ospitato la mostra I luoghi di Renata - da Fiumefreddo a Portoselvaggio, a cura del fotografo e videomaker Paolo Laku.
Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie ed il suo presidente, don Luigi Ciotti, ricordano Renata nel corso delle loro manifestazioni in tutta Italia, fra le quali la “Giornata Nazionale della Memoria e dell’Impegno”, assieme a centinaia di familiari di tutte le vittime delle mafie di ogni tempo. A lei vengono dedicate iniziative di commemorazione e memoria storica, convegni e ricerche territoriali su legalità e non violenza, tesi di Laurea magistrale, attività con le Istituzioni scolastiche, pubblicazioni di memoria, la Scuola di Politica “Benvenuti in Italia”, edifici e plessi scolastici (a Nardò, a Copertino ed a Taranto), il teatro di Ruffano (Le), sezioni di associazioni ambientaliste, sedi territoriali di Legambiente e Presidi di Libera Andria, Comuni del Frignano (Mo), Milano Sud (con Barbara Rizzo Asta, Giuseppe e Salvatore Asta); Nardò (Le); Torino e Libera Umbria, le sale riunioni del circolo Arci di Squinzano e di Trepuzzi, l’aula magna della facoltà di Scienze Politiche dell’Università Roma Tre.
Nel 2014 Renata è stata insignita del “Premio Mimmo Beneventano” a Sasso di Castalda (Pz); nel novembre del 2015 le è stato conferito il “Premio Giorgio Ambrosoli”; del giugno 2019 sono l’Alto Riconoscimento “Virtù e Conoscenza” ed il Premio Messapia; è stata inoltre insignita del Premio “Donna Essere Divino” dalla Filarmonica di Gallipoli e del Premio Apulions dei “Lions”; il comitato “Possibile” di Presicce (Le) è stato intitolato a lei, così come un coordinamento territoriale salentino di “Agende Rosse”, Sognatori Resistenti, è dedicato all’assessore e ad Antonio Montinaro, il giovane capo-corta del giudice Giovanni Falcone. L’assessore è stata adottata da diverse istituzioni scolastiche come vittima di mafia (Liceo delle Scienze Umane “E. Palumbo” di Brindisi e diversi altri di ogni ordine e grado), auditorium ed aule magne di Istituti scolastici le sono stati intitolati nel corso degli anni (fra le altre, quella dell’I. T. Nautico “A. Vespucci” di Gallipoli). Le attività del “Veliero Parlante” 2016-’17, rete di oltre 40 scuole della provincia di Lecce, è stata incentrata sulla figura e la storia dell’assessore, primo “gigante della storia pugliese” e sono stati prodotti cortometraggi, pubblicazioni in poesia e prosa, manufatti artigianali, video, musiche e testi di canzoni che si ispirano a Renata; in ogni scuola della Rete, il 24 ottobre 2017 è stato piantumato un melograno in suo ricordo, così come è stata posizionata la sua Pietra d’Inciampo al Liceo Scientifico “G. Banzi-Bazoli” di Lecce. Nel 2018 ha ricevuto il Premio Donne di Puglia a Bari conferito all’eccellenza di quante “hanno fatto della loro vita la sfida più grande”. Un’Associazione onlus ed una Rete Antiviolenza, afferente al Numero Verde nazionale 1522, contro la violenza su donne e minori, portano il suo nome.
Entrambe le sue figlie (Premio Eccellenze Salentine 2019 di Gallipoli) sono membri del Coordinamento Pugliese dei Familiari delle Vittime Innocenti di tutte le mafie. La figlia maggiore, Sabrina (Premio “Eroi Borghesi - Testimonianze” del Festival della Legalità di Terlizzi 2015), insignita della Cittadinanza Onoraria di Volterra (Pi), membro dell’Associazione Mazziniana Italiana, docente di scuola secondaria superiore, è stata consulente storico-archeologica a titolo gratuito del PNR di Portoselvaggio e Palude del Capitano, si occupa di pubblicazioni, formazione docenti e Memoria, percorsi di legalità con scuole ed Enti ed ha collaborato con la comunità italiana residente in Svizzera, con la casa editrice Il Grifo - per i volumi L’innocenza che insegna e Salentine - e con l’Arcidiocesi di Otranto, per la pubblicazione Misericordia io voglio; la figlia minore, Viviana (Premio Paolo Borsellino 2017), architetto, è stata responsabile di Libera Memoria e Libera Memoria Internazionale ed ha parlato di Renata in Italia, in Europa e fino alla sede newyorchese dell’O.N.U.