Renata nasce a Nardò, in provincia di Lecce, il 10 marzo del 1951, trascorre la sua fanciullezza e adolescenza tra la Puglia e l’Abruzzo a causa della separazione dei genitori. Frequenta poi il liceo classico di Nardò ed è proprio in quegli anni conoscerà Attilio Matrangola, un giovane di 22 anni, sottufficiale dell’Aeronautica, che ben presto diventerà suo marito.
La giovane coppia è costretta a cambiare spesso città a causa degli incarichi di lavoro di Attilio e a un anno dal matrimonio conosce l’enorme gioia di diventare genitori, gioia che sarà ancora più grande con l’arrivo della secondogenita qualche anno più tardi. Renata sogna di tornare nella sua terra d’origine, ma sacrifica questo desiderio per tenere unita la sua bella famiglia, circondata dall’amore e dal calore che le donano costantemente. Intanto le sue due adorate bambine, Sabrina e Viviana, crescono e Renata corona il suo sogno di conseguire il diploma di maturità magistrale che le permetterà di partecipare al concorso per l’insegnamento, concorso che infatti supererà brillantemente. In questi anni si dedica alla scrittura, scrive racconti, poesie, studia lingue e lavora saltuariamente per andare incontro alle esigenze familiari. Finalmente nel 1980, il marito viene trasferito all’aeroporto di Brindisi e lei vede realizzarsi il sogno di avvicinarsi alla sua terra natìa. Inizia così a insegnare nella scuola elementare di Nardò e studia lingue e letterature straniere nell’ateneo leccese, ma è sempre in quegli anni che, forte degli insegnamenti di Pantaleo Inguisci, avvocato, storico e antifascista, comincia a impegnarsi attivamente nella vita politica della città, militando nel Partito Repubblicano Italiano, tanto da diventarne poi Segretario cittadino. Era una donna che tutelava i diritti delle donne, era iscritta all’Unione Donne Italiane e seguiva le attività del Consultorio locale.
L'impegno politico
Partecipa con passione e dedizione alle battaglie civili e sociali di quegli anni e l’amore per la sua terra la spinge a dirigere il Comitato per la Tutela di Porto Selvaggio, contro le paventate lottizzazioni cementizie e la speculazione edilizia. Impegnandosi pubblicamente e sui mass-media crea una grande attenzione sul tema che porterà all'emanazione dalla Regione Puglia di un'apposita Legge di tutela del parco, ancora oggi vigente.
Carica di speranze di rinnovamento, decide di candidarsi alle successive elezioni amministrative della città che vincerà, scavalcando un noto personaggio locale e diventerà così la prima Consigliera e Assessore che il partito Repubblicano possa vantare a Nardò. La giovane e vitale Renata, pur non trascurando la famiglia e le amatissime figlie, non si ferma qui e contemporaneamente entra nel direttivo provinciale del partito e diviene anche responsabile per la provincia del settore Cultura dei repubblicani.
Affronta con massimo impegno gli incarichi che le vengono affidati in questi anni carichi di intensissime e sofferte battaglie in una Nardò travolta dalla violenza della lotta politica. Ed è proprio in questo periodo che Renata, spesso lasciata sola e contro tutti, inizia a scoprire illeciti ambientali e oscure speculazioni edilizie a Porto Selvaggio. Renata è una giovane donna piena di vita, animata dall’amore per la propria terra, crede fortemente nella legalità e nella giustizia e non può certo accettare che quelle speculazioni vengano portate a termine. Così si oppone e combatte prontamente con tutte le sue forze tanto da ricevere presto minacce di morte.
31 marzo 1984
Renata, una mamma amorevole e premurosa che voleva regalare alle adorate figlie un futuro migliore, una donna che ha da poco compiuto 33 anni, viene brutalmente assassinata con tre colpi d’arma da fuoco a pochi passi dal portone di casa, di ritorno da un Consiglio comunale, la notte tra il 31 marzo e il primo aprile del 1984.
È il primo omicidio di mafia commesso nel Salento, perpetrato tra l’alto a danno di una giovane donna.
Mamma aveva certamente scoperto qualcosa su oscure speculazioni edilizie a Porto Selvaggio, aveva ricevuto minacce. Ma per amore della sua terra non si sarebbe mai fermata. Solo noi figlie le avremmo potuto chiedere di non insistere. Ma la vedevamo felice di lottare. E non lo chiedemmo mai.
Vicenda giudiziaria
Grazie al lavoro degli inquirenti e dei giudici si è riusciti ad assicurare alla giustizia gli esecutori materiali e i mandanti dell’omicidio e a ricostruirne la dinamica: Antonio Spagnolo chiese a Mario Cesari di uccidere Renata. Cesari si rivolse a Pantaleo Sequestro, chiedendogli di indicare chi potesse portare a termine la richiesta di Spagnolo. Così Pantaleo Sequestro contattò Marcello My e Giuseppe Durante, che diventeranno gli esecutori materiali del delitto.
Nel febbraio del 1987, Mario Cesari e Marcello My vengono condannati a 24 anni di carcere, Pantaleo Sequestro a 18 anni. Giuseppe Durante e Antonio Spagnolo, invece, sono condannati all'ergastolo. Riguardo al movente che ha spinto Antonio Spagnolo a uccidere Renata, la sentenza sostiene che:
"La Fonte, che occupa un posto che non le sarebbe spettato ‘stava facendo perdere un sacco di soldi' ostacolando un progetto di speculazione edilizia, la realizzazione di un residence lungo la costa salentina, verso Porto Selvaggio. (Spagnolo) accenna poi, sempre vagamente, all’esistenza di altri cointeressati alla faccenda".
La stessa sentenza evidenzia anche che Antonio Spagnolo era la persona di fiducia dei clan locali e che avrebbe dovuto occupare il posto in Consiglio Comunale al posto di Renata, per garantire a coloro che intendevano speculare su Porto Selvaggio di compiere indisturbati i loro affari.
Memoria viva
La memoria di Renata si è mantenuta viva in tutti questi anni grazie all'impegno e alla forza di volontà delle figlie, Viviana e Sabrina, che non hanno mai risparmiato energie per far conoscere la storia della madre.
La tenacia di Renata Fonte vive dal 1998 nell’associazione "Rete Antiviolenza Renata Fonte", primo centro antiviolenza riconosciuto dal Ministero dell’Interno in collaborazione con il Ministero delle Pari Opportunità.
Grande è l’impegno delle figlie, Sabrina e Viviana, per tenere viva la memoria della loro amata mamma e proteggere la riserva naturale di Porto Selvaggio, facendola conoscere e ammirare ai ragazzi delle scuole che incontrano in giro per l’Italia.
Negli anni sono tanti i riconoscimenti tributati alla sua memoria e una particolare specie di orchidea che nasce proprio nel Parco di Porto Selvaggio porta oggi il suo nome.
Il presidio di Libera di Nardò, sua amata città, è intitolato alla sua memoria, ma sono altresì a lei dedicati anche i presidi di Andria (BA), di Greve in Chianti (FI), di Terre del Frignano (MO) e di Milano Sud Est.