Parole di memoria

I nostri eroi, i nostri non-eroi

I nostri eroi, i nostri non-eroi

di Libera Puglia

Il 31 marzo è la data degli omicidi di Renata Fonte e Francesco Marcone, vittime pugliesi dei poteri criminali. Libera li ricorda nell’elenco delle vittime innocenti delle mafie che dal 1995 viene letto nelle piazze di tutt’Italia, nel primo giorno di primavera.

Renata era un’amministratrice locale, consigliera comunale a Nardò, nella provincia di Lecce. Spese il suo impegno politico nel territorio per la tutela di un’incantevole area naturale, Porto Selvaggio. 

Nel 1984, dopo l’istituzione del parco naturale di Porto Selvaggio, proseguì la battaglia per la tutela delle aree limitrofe all’area naturale protetta. Venne uccisa in una notte di inizio primavera, mentre tornava dal Consiglio Comunale, sulla strada verso casa.

Francesco era un dirigente pubblico, direttore dell’Ufficio del Registro di Foggia, svolse il suo lavoro con scrupolo e abnegazione. 

Il 22 marzo del 1995 denunciò alla Procura della Repubblica ignoti mediatori, che garantivano illecitamente, sotto pagamento, la risoluzione amministrativa di pratiche presso l’Ufficio. Marcone aveva scoperchiato un vaso di pandora di collusioni e commistioni illecite. Venne freddato nove giorni dopo nel portone di casa, di ritorno da lavoro.

Francesco, detto Franco, e Renata sono due figure fondamentali della nostra terra. Pugliesi di due province opposte geograficamente, uniti non solo dalla loro drammatica fine. Li unisce straordinariamente la loro vita: entrambi genitori innamorati dei loro figli, entrambi lontani da casa per anni per poi successivamente abbracciare con entusiasmo l’occasione di potervi fare ritorno. Era quella l’occasione per poter ricucire il filo con la loro amata terra: un amore tangibile, non evocato, che si concretizzò nell’impegno nel lavoro, nel tempo e nella passione che vi dedicavano.

Si definiscono talvolta queste figure eroiche, certo per riconoscerne il valore. Quando si parla di eroi però si rischia di allontanare, astrarre, la figura di cui si parla dai vissuti dei “normali cittadini” e quindi dal dovere civile e morale di sentirci intimamente vicini alle esperienze di vita di queste persone. 

E allora, per dare ancora più valore alla vita, alla memoria di Renata e Franco, dobbiamo narrare dell’eroismo dei non eroi, delle persone normali, genitori, lavoratori, persone innamorate della propria terra.

Con tutta probabilità anche Renata e Franco hanno provato l’umano sentimento della paura. Nella loro dedizione a svolgere il proprio impegno fino in fondo trovarono la ragione per continuare a operare per il bene della comunità e per la serenità della loro famiglia.

Renata e Franco ci hanno consegnato una storia di dolore, ma anche un messaggio. 

Per fare un esercizio di memoria viva, l’eroismo dei non-eroi è il messaggio che da queste storie ognuno di noi può cogliere. E’ nella coerenza tra se stessi e la collettività che si realizza un atto d’amore verso i propri cari, la propria terra, il proprio Paese. 

Franco e Renata, la loro umana paura l’hanno vissuta in solitudine, lo sforzo in più che dobbiamo compiere è non lasciare solo nessuno, coltivare i legami nelle comunità, forzare il sorgere del Noi.

La storia di Renata non si è fermata il 31 marzo del 1984, va avanti sulle gambe di Sabrina e Viviana, le sue figlie. La storia di Franco non è finita il 31 marzo 1995, prosegue nell’impegno dei sui figli Daniela e Paolo. Nelle loro testimonianze, nel continuare a seminare la speranza per la nostra terra, nell’impegno sociale in Libera, ri-conosciamo la vita dei loro genitori. Intorno a loro ci stringiamo in un abbraccio a distanza in questa dura giornata. La vita di queste persone continua nell’impegno quotidiano dei volontari e delle volontarie di Libera.

In questo periodo di difficoltà e di emergenze, le storie vive di persone come Franco e Renata ci possono ispirare forza.

Possono ancora infondere coraggio e speranza nel futuro, come lumi che segnano il cammino ancora da compiere.