Parole di memoria

Quarant’anni dagli omicidi di Montana, Cassarà e Antiochia

Quarant'anni dagli omicidi di Montana, Cassarà e Antiochia

Sono trascorsi quarant’anni dagli omicidi ai danni di Beppe Montana, 28 luglio 1985, di Ninni Cassarà e Roberto Antiochia, il 6 agosto dello stesso anno. Se leggiamo la cronaca e gli approfondimenti giornalistici, la narrazione di quanto accadde in quelle giornate traccia un solco devastante nella nostra memoria. Il trascorrere del tempo non lo rende meno grave, perché si è portati a tirare le somme tra quanto accadeva in quegli anni e l’attualità dell’oggi.

A nostro parere, dopo un numero di anni così elevato, è molto importante guardare a qualcosa che spesso viene data per scontata e invece non lo è affatto. Ossia la tenacia delle famiglie di questi uomini caduti sotto i colpi di una violenza mafiosa così aggressiva. Famiglie che hanno scritto pezzi fondamentali di quella storia del nostro Paese, una storia che appartiene a tutte e tutti noi.

Saveria Antiochia, la mamma di Roberto, ha contribuito a far nascere la rete associativa di Libera e dopo di lei ha proseguito suo figlio Alessandro, uno dei fratelli di Roberto.

La famiglia Cassarà non si è data mai per vinta: Elvira, la mamma di Ninni, e dopo di lei la sorella Rosalba, così come Laura, la moglie, hanno continuato a raccontare quella storia.

E poi la famiglia Montana, Dario e Gigi, fratelli di Beppe, e i loro figli, non si sono arresi alla coltre con cui lo scorrere del tempo rischiava di seppellire le scelte professionali e di vita degli uomini straordinari che costituivano la squadra "catturandi" della Polizia di Palermo in quegli anni.

Per la nostra rete associativa queste persone sono state un riferimento importante e continuano a esserlo. La loro è una testimonianza portata avanti senza mai una parola che abbia il senso della vendetta, ma anzi utilizzando parole capaci di essere l'ossatura di una trama di ricucitura dello strappo disumano che quegli omicidi hanno determinato nel tessuto sociale, siciliano e del Paese intero. Questa è una storia che ci appartiene, una storia di valore e coraggio: parole che utilizziamo con convinzione, affinché possano andare oltre la retorica e costruire quella memoria collettiva di cui abbiamo tanto bisogno.

Una memoria forte che porti con sé i fatti realmente accaduti, che spesso tendiamo a dimenticare, e gli episodi di vite realmente esistite che la rendono vitale.

Una memoria che riesca a illuminare quella zona grigia che ancora oggi resta tra le grandi ferite di tante delle storie delle vittime innocenti delle mafie e che rischia di nutrire un’omertà strisciante e pericolosa, più subdola di quella del passato.

Per Montana, per Cassarà, per Antiochia. Per noi stessi.