14 gennaio 1988
Palermo (PA)

Natale Mondo

Un essere umano è libero quando ha la possibilità di scegliere. Nella complessità del mondo in cui viviamo non a tutti è data questa possibilità. Al contrario, molti di coloro che possono scegliere, invece, spesso non lo fanno. E' un diritto. Ed è questo diritto che ha sempre esercitato nella sua vita Natale Mondo, palermitano, poliziotto.

Natale Mondo era nato in una famiglia molto semplice il 21 ottobre del 1952 a Palermo, nel quartiere popolare dell’Arenella. E’ una borgata alle porte di Palermo, annessa alla città dopo l’espansione del secondo dopo guerra. Una borgata sorta e sviluppatasi soprattutto per la presenza della Tonnara Florio, con una costa di sabbia bianca finissima. Aveva sempre scelto nella sua vita da che parte stare: quella della giustizia e della difesa dei più deboli. Il suo sogno era sempre stato quello di indossare la divisa e a soli 20 anni si arruola in Polizia, è il 1972. 

La sua prima destinazione è Roma e il ritorno nella sua amata Sicilia: Siracusa e poi Trapani. E’ in questa città che avviene l’incontro che cambierà per sempre la sua vita, quello con il vice questore aggiunto Ninni Cassarà. Imparano a conoscersi e a fidarsi l’uno dell’altro, Cassarà si fida di Natale Mondo tanto da volerlo al suo fianco quando sarà chiamato a dirigere la squadra mobile di Palermo.

Dopo 10 anni finalmente Natale ritorna nella sua città per mettere a frutto ciò che ha imparato in questi anni, per contribuire con la sua esperienza a liberare la sua  Palermo dalla mafia. Una città di cui è profondamente innamorato, come lo è di sua moglie Rosalia e delle sua figlie, Dorotea e Loredana. Rosalia ha un negozio di giocattoli all’Arenella, il quartiere in cui Natale è tornato a vivere e costruisce lì la sua famiglia.

La situazione della Squadra mobile di Palermo nel 1982 è difficilissima. Nel 1979 è stato ucciso Giorgio Boris Giuliano, che aveva dato un’importante svolta alle indagini di mafia, i poliziotti si sentono soli e abbandonati, cercando di sconfiggere un nemico che gode di silenzi e connivenze. Ad aprile di quell’anno è stato ucciso Pio La Torre, segretario regionale del PCI, insieme al suo uomo di fiducia Rosario Di Salvo. Pochi mesi dopo la strage di via Carini, in cui furono trucidati il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo.
Ma è l’anno in cui arrivano a prestare il loro servizio alla squadra mobile due dirigenti che attuano una vera e propria rivoluzione culturale all’interno della Questura: Beppe Montana e Ninni Cassarà.  I due dirigenti si circonderanno solo di persone di estrema fiducia e Natale Mondo è una di queste e per i tre anni successivi si occuperà soltanto di indagini sulle cosche mafiose. I due dirigenti Montana e Cassarà hanno introdotto un nuovo modello investigativo, basato sulla frequentazione e conoscenza del territorio, in cui cercare i latitanti. Erano certi che un capomafia non poteva allontanarsi per troppo tempo dal suo territorio, perché così facendo avrebbe perso il suo potere.

Sono tanti i successi raggiunti da questo gruppo di uomini e di donne con pochi mezzi e tanta intraprendenza; le giornate, e a volte persino le notti, scorrono tra gli inseguimenti su Alfette moribonde o auto private. Si pagano gli informatori di propria tasca, persino i computer scarseggiano. Il commissario Montana ha acquistato di tasca propria un binocolo da utilizzare nelle operazioni di ricerca dei latitanti. Ma l’operazione più importante condotta da questa squadra è quella che portava la firma di Cassarà, stretto collaboratore del pool antimafia di Giovanni Falcone, il “Rapporto dei 162”. Era stato ricostruito l’organigramma di Cosa nostra e il Rapporto getta le basi per l’istruzione del Maxiprocesso.

L’estate del 1985

E’ una calda estate quella del 1985 e alla Questura di Palermo si respira un’aria strana, si è certi della presenza di una “talpa” all’interno degli uffici, che passa informazioni a Cosa nostra e informa i boss prima dei blitz e dei tentativi di arresto. Il 28 luglio del 1985 il commissario Beppe Montana rimane vittima di un agguato avvenuto sulla banchina di Porticello. Solo una settimana prima, Beppe aveva condotto un’operazione che aveva portato all’arresto di otto persone appartenenti alla famiglia di Pino Greco detto Scarpuzzedda
Due giorni dopo l'omicidio del commissario, viene sospettato dell’esecuzione e portato in questura un calciatore originario della Kalsa: Salvatore Marino. Durante la perquisizione in casa i poliziotti ritrovano trentaquattro milioni di lire avvolti in una maglietta sporca di sangue. Sarà torchiato, torturato e morirà quella notte stessa. Una volante andrà a gettare il cadavere in mare per farlo scomparire; verrà accusato dell’omicidio, tra gli altri, Natale Mondo.
La città e la stampa prendono le difese del giovane calciatore, i vertici della polizia e dei carabinieri vengono sostituiti, Ninni è sempre più solo. Al suo fianco i suoi fidati agenti, come Roberto Antiochia, un giovane poliziotto romano che aveva lavorato alla sezione Catturandi di Beppe Montana  e aveva deciso di trascorrere il periodo di ferie al fianco di Cassarà, scegliendo di fare da scorta volontaria. Ancora una volta una questione di scelte. E Natale, che negli anni era diventato l’ombra di Cassarà, vegliando su di lui anche quando accompagnava i suoi figli a scuola.

Il 6 agosto, appena 10 giorni dopo l’omicidio di Montana, Ninni decide di rientrare a casa per pranzare con la moglie. Erano giorni che non vedeva la sua famiglia, si era rinchiuso negli uffici della Questura nel disperato tentativo di trovare gli assassini del suo collega e amico. Ad accompagnarlo a casa su un’Alfetta blindata il giovane Roberto, Giovanni Salvatore Lercara e Natale.
Duecento colpi di kalashnikov spazzano la vita del giovane dirigente Cassarà sui gradini di casa in via Croce rossa davanti agli occhi impietriti della moglie, che lo aspetta sul balcone con Elvira, la loro bambin,a in braccio. Roberto muore insieme a Cassarà, Lercara resta ferito e Natale riesce a salvarsi miracolosamente riparandosi sotto l’auto di servizio, ha giusto il tempo di urlare a Laura, la moglie di Cassarà, di mettersi al riparo.

Le accuse infamanti

Natale è distrutto dall’omicidio del suo amico Cassarà, ma non ha il tempo di vivere il suo dolore, il suo lutto perché subito viene accusato di essere la “talpa”, di essere stato lui ad avvisare il commando di Cosa nostra dell'arrivo Cassarà a casa. Nessuno crede al fatto che sia sopravvissuto all’agguato, l’unica spiegazione è che Natale ne era a conoscenza. E’ accusato tra l’altro di traffico di droga, ci sono le dichiarazioni di un collaboratore. Così Natale è arrestato e per difendersi è costretto a raccontare che è in contato con le cosche, ma era stato lo stesso Cassarà a infiltrarlo in un’associazione dedita al traffico di droga proprio in virtù dell’immensa fiducia che riponeva in lui.
Soltanto le dichiarazioni dei colleghi e la testimonianza della stessa Laura, la moglie di Cassarà, lo scagionano dalle accuse e confermano che si era infiltrato nelle cosche dell’Arenella, il suo quartiere, per ottenere informazioni utili al lavoro della Squadra mobile.
Ma ormai la copertura è saltata; ha dimostrato di essere innocente ma ha anche confessato alla mafia di essere un traditore. E questo Natale lo sa benissimo.

Il 14 gennaio del 1988

Natale è reintegrato in Polizia e nella sala operativa della Mobile. Nel primo pomeriggio di quel 14 gennaio del 1988 ha terminato il suo turno e raggiunge la moglie nel suo negozio “Il mondo dei balocchi” in via Papa Sergio all’Arenella, proprio accanto alla sanitaria in cui qualche anno prima era stata uccisa Lia Pipitone. Mentre sta per entrare due boss, Salvino Madonia e Agostino Marino Mannoia, lo crivellano di colpi davanti agli occhi disperati di sua moglie.

Natale non ha ancora 36 anni e le sue due figlie hanno soltanto 8 anni e 2 e mezzo la piccolina. La figlia Dorotea sentendo gli spari si è affacciata al balcone di casa, scopre che suo padre è appena stato ucciso da una passante.

La condanna a morte di Cosa nostra è stata eseguita.

Vicenda giudiziaria

Sull’omicidio di Natale Mondo la Corte di Cassazione emetterà una sentenza di condanna nei confronti di Salvino Madonia e Agostino Marino Mannoia, condannandoli all’ergastolo. Sia Mannoia che un terzo killer, la cui identità non è mai stata accertata, scomparvero anch’essi, probabilmente vittime di lupara bianca. Movente e mandanti dell’omicidio rimangono tutt’ora insoluti.

Memoria viva

A Natale è stata conferita postuma, 11 anni dopo il suo omicidio, la qualifica di Assistente capo per merito assoluto e la Medaglia d’oro al valor civile alla memoria.

Tante le iniziative in sua memoria a Palermo negli ultimi anni, un albero di ulivo è stato pianto nel Giardino Quarto Savona 15 di Capaci e anche una sala del Museo dei Pupi antimafia di Caltavuturo.