30 aprile 1982
Palermo (PA)

Pio La Torre

Ancora bambino, aveva compreso fino in fondo che il tratto distintivo della sua vita e della sua famiglia – la povertà – sarebbe potuto diventare la leva, come poi effettivamente avvenne, su cui costruire una straordinaria opportunità di riscatto, e non solo per se stesso.

Pio nacque nel giorno della vigilia di Natale del 1927, in un sobborgo disgraziato di Palermo, Altarello di Baida, nella zona orientale della città: la grande piana di Conca d’Oro, immersa nel verde degli agrumeti prima di venire fagocitata dal sacco edilizio. Era il quarto dei cinque figli nati dal matrimonio tra Filippo e Angela, lui palermitano e lei lucana, entrambi contadini con una vita di stenti e povertà. Aveva appena 5 anni quando, con l’innocenza di un bambino ma già con la determinazione di un uomo, fece capire a suo padre Filippo che lui avrebbe voluto studiare. E questo fu il primo grande atto rivoluzionario di Pio La Torre. Di fronte alla sua volontà di studiare, il padre si oppose: erano braccia sottratte al lavoro nei campi. Sua madre invece lo incoraggiò. Alla fine Filippo dovette cedere, ma a una condizione: sveglia alle quattro del mattino, pulizia della stalla e poi la scuola. Pio accettò la sfida e la vinse. 
L’intelligenza sveglia e precoce fu un tratto distintivo della sua personalità, sin da ragazzo. Una personalità articolata, dinamica, sempre protesa verso l’osservazione del reale e mai disgiunta da quell’azione concreta che seguiva la comprensione della realtà, la vita vera. “Un uomo complesso – lo avrebbe descritto il figlio Franco molti anni dopo – a volte rigido, ma schietto”. L’esperienza diretta delle privazioni e dei sacrifici fu dunque la molla del suo impegno intellettuale, sociale e politico. 

Nel piccolo villaggio dove io sono nato fino all’età di otto anni, non avevamo la luce elettrica, si studiava a lume di candela o a petrolio, e l’acqua da bere dovevamo andare a prenderla quasi a un chilometro di distanza. I braccianti di quella borgata, la domenica mattina, quando si ripulivano e andavano in città dicevano: “Vaiu a Palermu”, come se andassero in una città lontana”
Pio La Torre

Le lotte contadine e l'inizio dell'impegno politico

Quel legame con le sue origini e con la terra nella quale affondavano, Pio non lo perse mai, al punto da farne una ragione di vita. Le lotte contadine per l’occupazione della terra divennero così la sua grande battaglia per i diritti e l’emancipazione dei braccianti. Nel 1945 si iscrisse al Partito Comunista e aprì una sezione nella sua borgata, alla quale ne seguirono altre. Nello stesso anno si iscrisse anche all'università, scelse la Facoltà di Ingegneria, un fatto non scontato per quell'epoca e per la sua estrazione sociale, l'università infatti non era concessa ai figli dei contadini. Poi nel ’47 divenne funzionario della Federterra e fu chiamato a guidare i giovani della CGIL e del PCI, fino a diventarne membro del Consiglio Federale. Sono gli anni intensi della battaglia per l’applicazione dei decreti voluti da Fausto Gullo, Ministro dell’agricoltura del secondo Governo Badoglio, che per la prima volta avevano affrontato il problema dei latifondi, provando a tutelare i diritti e la dignità dei contadini, ma che avevano trovato una grande ostilità. Pio, che intanto  il 29 ottobre del 1949 aveva sposato Giuseppina Zacco, si mise a capo di un grande movimento che mirava all’occupazione delle terre, mal tollerato e in più circostanze represso violentemente. Ma i risultati di quella campagna furono importanti. Così come le conseguenze su chi l’aveva animata: il 10 marzo del 1950 Pio La Torre fu arrestato a Bisacquino e portato all’Ucciardone, con l’accusa infondata di aver aggredito un uomo delle Forze dell’Ordine. Dal carcere uscì solo un anno e mezzo più tardi, il 23 agosto del ’51. Nel mentre, era nato il suo primo figlio Filippo e se n’era andata sua madre Angela. Furono anni difficili quelli della detenzione. Ma Pio ne uscì tutt’altro che abbattuto e, appena tornato in libertà perché riconosciuta infondata l’accusa mossa nei suoi confronti, tornò a combattere accanto ai suoi compagni. In carcere aveva imparato quanto fosse importante mantenere attivo anche il suo corpo, ogni mattina infatti faceva esercizio fisico. Un'abitudine che conserverà per il resto della sua vita, così come l'amore per il nuoto e per il pallone. Era impacciato, ma giocava per il gusto di divertirsi e tenersi in movimento. Il suo stile libero non era affatto pulito ma capiva l'importanza del nuoto per la salute fisica, aveva imparato a nuotare da bambino nella gebbia (vasche per la raccolta dell'acqua piovana) davanti la stalla nella casa paterna.
Nel 1952 divenne Dirigente della Camera del Lavoro e avviò una raccolta di firme a sostegno dell’appello di Stoccolma per l’interdizione delle armi atomiche. Nello stesso anno venne eletto Consigliere comunale (lo resterà fino al ’66). E poi ancora Segretario regionale della CGIL (1959) e del PCI (1962), Deputato all’Assemblea Regionale Siciliana (1963), membro della Direzione centrale del PCI (1969) e, infine, Deputato al Parlamento (1972), carica questa che conserverà per tre legislature. A Roma, divenne uno dei più stretti collaboratori di Enrico Berlinguer. Si occupò di agricoltura, Mezzogiorno e, soprattutto, di antimafia.
Nonostante i suoi tanti impegni politici, Pio non trascurò mai la sua famiglia, Giuseppina era sempre al suo fianco negli impegni di Partito, era molto attiva, una lottatrice autonoma. Amava trascorrere il tempo con i suoi figli e stimolarli alla riflessione. Amava inventare favole insieme a loro. Poteva sembrare un uomo austero, ma amava circondarsi della compagnia delle persone alle quali trasmetteva la sua forte carica vitale e contagiava sempre tutti con la sua risata coinvolgente.

Un'estate ero in vacanza con degli amici a Pantelleria e incontrai per strada Pio con Giuseppina e Vito Giacalone, un altro dirigente del PCI, a casa del quale era ospite. Iniziammo a chiacchierare e la sera fummo invitati a cena da loro. Ci presentammo a cena carichi di ricci di mare appena pescati e il sorriso di Pio fu incredibile, come quello di un bambino. Lì scoprì la sua grande passione per i ricci di mare.
Filippo Aldo Liparoti - compagno di sezione

La Commissione parlamentare antimafia

Sarà evidentemente proprio il suo impegno nella Commissione Parlamentare Antimafia la goccia che farà traboccare il vaso e che ne decreterà la condanna a morte. Nel 1976 la Commissione approva il suo primo Rapporto. Ma Pio non ci sta e mette nero su bianco una Relazione di minoranza che porta la firma anche di Cesare Terranova (poi assassinato a Palermo nel 1979) e che senza mezzi termini denuncia le collusioni e gli intrecci tra mafia e politica, in particolare della Democrazia Cristiana. Il 31 marzo del 1980 deposita alla Camera la proposta di legge numero 1581. Una proposta che Pio non avrà mai il piacere di vedere trasformata in legge. Perché il Parlamento si decida ad approvarla, si dovrà aspettare anche l’omicidio del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il cui arrivo a Palermo come Prefetto era stato fortemente caldeggiato dall’Onorevole La Torre. 
In quel testo, poi diventato la Legge 646 del 1982, a tutti nota come Legge Rognoni - La Torre, ci sono almeno due elementi rivoluzionari nella storia del contrasto alle mafie: l’introduzione dell’articolo 416 bis del Codice Penale e del principio della confisca dei beni ai mafiosi. Per la prima volta esiste una definizione giuridica della mafia e, per la prima volta, i mafiosi possono essere attaccati nei loro patrimoni. 
Pio La Torre, nella sua comprensione del fenomeno mafioso, viaggiava su binari paralleli con il giovane magistrato Giovanni Falcone. Capiva i meccanismi della nuova mafia ed era interessato a seguire i flussi finanziari.

Il ritorno in Sicilia e l'impegno per la pace

Ma il 416 bis non è stata l’unica battaglia degli ultimi anni di Pio. Nel 1981 decide di tornare a Palermo. Lascia a Roma moglie e figli (il secondo, Franco, era nato nel 1956), che provano a dissuaderlo dal rientro in Sicilia in un periodo nel quale Cosa nostra aveva ferocemente alzato il tiro contro chi gli si opponeva. Ma Pio aveva già deciso. Viene eletto alla Segreteria regionale del partito e avvia un’altra grande mobilitazione, quella contro l’installazione dei Missili nucleari Cruise alla base Nato di Comiso, in provincia di Ragusa. Raccoglie oltre un milione di firme e riesce a organizzare, per l’11 ottobre, una manifestazione storica. Il suo impegno pacifista affondava le radici già nei primi anni '50, confermando la sua capacità di leggere la realtà e guardare verso il futuro. Già nella seconda metà degli anni Sessanta chiedeva al Governo italiano la sospensione dei bombardamenti statunitensi in Vietnam e l'abolizione delle basi militari in Sicilia. Il suo sogno era che la sua Sicilia diventasse un'arca di pace nel Mediterraneo e non una base missilistica. Il milione di firme raccolte porta a porta fu consegnato al Governo con grande soddisfazione e fu soprattutto il risultato di un lavoro di rete tra i tanti comitati sorti in Sicilia per la pace, le ACLi, le parrocchie: era stato in grado di unire le coscienze sulla base di valori comuni, come la pace.

Il 30 aprile del 1982

La mattina del 30 aprile del 1982 Pio è nella sua Fiat 132. Al volante c’è Rosario Di Salvo, inseparabile compagno, amico e collaboratore di Pio. I due stanno raggiungendo la sede del partito. In via Turba, una stradina secondaria stretta e tortuosa, l’auto viene affiancata da due moto di grossa cilindrata. I caschi integrali impediscono di riconoscere gli uomini che fanno fuoco con pistole e mitragliette: decine di proiettili esplosi a distanza ravvicinata. Pio muore sul colpo, Rosario riesce solo a tirare fuori la pistola, inutilmente. Il primo non aveva ancora 55 anni, il secondo appena 36.
Il 2 maggio, centomila persone parteciparono in Piazza Politeama ai funerali di Pio La Torre. Tra loro, anche Enrico Berlinguer: «Perché hanno ucciso La Torre? Perché hanno capito che egli non era uomo da limitarsi a discorsi, analisi, denunce di una situazione, ma era un uomo che faceva sul serio, alla testa di un grande partito di lavoratori e popolo. Era capace di suscitare grandi movimenti, di stabilire ampie alleanze con forze e uomini sani, democratici di altre tendenze; di prendere iniziative che colpivano nel segno», scandì il segretario del Partito Comunista Italiano durante l’orazione funebre.

Vicenda giudiziaria

Poco dopo l’omicidio, giunse la rivendicazione dei Gruppi proletari organizzati. L’omicidio venne però poi ricondotto all’impegno antimafia di Pio La Torre, che, sin dalle lotte contadine degli anni ’40, aveva attraversato tutta la sua vita. 
La vicenda processuale si è conclusa il 12 gennaio del 2007, quando la Corte d'Assise di Palermo ha condannato all’ergastolo gli esecutori materiali del delitto Giuseppe Lucchese, Nino Madonia, Pino Greco e Salvatore Cucuzza e dei mandanti, individuati in Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Antonino Geraci. 
La matrice mafiosa dell’omicidio di Pio La Torre è stata scritta nero su bianco nelle sentenze. Gli altri filoni di indagine relativi a convergenze di interessi tra politica ed economia e quelli sulle politiche di difesa e sicurezza, toccati dalla sua ultima battaglia contro i missili Cruise, restano senza risposta.

Restano senza risposta i filoni di indagine che rimandano a convergenze di interessi più ampi, quelli tra politica ed economia, sia a livello nazionale sia internazionale, e quelli riguardanti geopolitica, politiche di sicurezza e difesa, toccati dall’ultima battaglia pacifista contro l’installazione dei missili.
Franco - figlio di Pio

Memoria viva

Nel 1986 è stato fondato il Centro studi Pio La Torre, la sua missione è la valorizzazione del patrimonio ideale e politico della sua opera, realizzando e promuovendo studi, iniziative e ricerche originali riguardanti aspetti e problemi della Sicilia contemporanea. Il Centro persegue i suoi fini statutari attraverso incontri pubblici, ricerche, pubblicazioni, momenti di studio ed ogni attività che consenta il mantenimento della memoria.
A Pio La Torre è dedicato il presidio di Leini, in provincia di Torino. In Lombardia, a Desio, gli è stato dedicato un bene confiscato che ospita la Residenza leggera per malati psichici gestita dall'ASVAP (Associazione Volontari Aiuto Ammalati Psichici). A San Giuseppe Jato, in provincia di Palermo, nasce una delle prime cooperative di Libera Terra ed è dedicata a Pio La Torre. La cooperativa di San Giuseppe Jato gli ha dedicato il vino catarratto Terre rosse di Giabbascio.
Nel 2012, la rivista “Asud'Europa” ha pubblicato la storia a fumetti La Marcia di Pio - Storia a fumetti di Pio La Torre di Nico Blunda e Giuseppe Lo Bocchiaro.
Nel 2015, la Melampo ha pubblicato “Sulle ginocchia. Pio La Torre, una storia” scritto dal figlio Franco. Mentre nel 2017, Edizioni San Paolo ha pubblicato il libro scritto dai figli Franco e Filippo “Ecco chi sei. Pio La Torre”.