3 settembre 1982
Palermo (PA)

Emanuela Setti Carraro

Era caparbia e determinata. Si dedicava ad aiutare i più deboli e non si tirava mai indietro dalle responsabilità. Si trasferì a Palermo per seguire suo marito, Carlo Alberto dalla Chiesa, consapevole delle difficoltà e dei rischi

Emanuela Setti Carraro nasce a Borgosesia, in provincia di Vercelli, nel 1950, da famiglia della “borghesia buona”, figlia di Antonia Setti Carraro, capogruppo di Crocerossine durante la Seconda guerra mondiale. Divenne moglie del generale - prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa (vedovo dal 1978) il 12 luglio 1982. La chiesetta in cui si sposarono era quella di un paesino sui monti del Trentino. Una cerimonia discreta, timida, per pochissimi. Era una “sposina” quando arrivò a Palermo, al seguito del marito, nominato prefetto di una città sanguinaria. Era la sola persona di fiducia di dalla Chiesa in quei 120 giorni trascorsi in Sicilia. Lei gli stava vicino come e più che poteva. Fino all’ultimo giorno. Dopo meno di due mesi dal matrimonio, la sera di venerdì 3 settembre 1982, alle ore 21.15, ora dell’agguato mortale a Palermo, la donna era alla guida della sua A112 con a fianco il marito. I loro corpi furono rinvenuti crivellati di colpi, con il generale che l’abbracciava come in un disperato tentativo di farle scudo con il proprio corpo. La ricostruzione indicherà che fu la prima a essere colpita dal sicario.

Intervista a Paolo Setti Carraro, fratello di Emanuela

Il suo stargli accanto in quella guerra non era solo fisico: la ricostruzione dell’attentato indicherà infatti che, dopo le raffiche di kalashnikov contro la vettura, il sicario scese dalla sua motocicletta, girò attorno all’auto e con una pistola le sparò un colpo di grazia alla testa. Probabilmente Emanuela sapeva troppo perché si potesse correre il rischio che restasse in vita. Aveva sicuramente raccolto le ansie, le angosce e le paure del marito e per questo la mafia doveva essere sicura che morisse anche lei. Sia la madre, che la collaboratrice domestica hanno, infatti, ripetutamente sostenuto che Emanuela sapesse dove il marito custodiva alcune carte da utilizzare in caso di uccisione del Prefetto. Perfino la ‘Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Terrorismo in Italia e sulle Cause della Mancata Individuazione dei Responsabili delle Stragi’, nella seduta del 21 gennaio 1998, riconobbe che dalla Chiesa aveva confidato alla moglie ‘se mi fanno qualcosa, tu sai che c’è il nero su bianco e sai dove prenderlo’. Di sicuro Emanuela Setti Carraro del marito aveva condiviso la convinzione che «certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli». E, così come le crocerossine non erano al fronte ma non si può certo dire che non abbiano preso parte alla guerra come i loro mariti soldati, Emanuela Setti Carraro rimase nelle retrovie della lotta alla mafia ma vi prese parte stando accanto al proprio compagno.

Ho nostalgia della vita passata nella villa di campagna…la vita scorreva serena, ma il nostro dovere era di ritornare qui, sempre in prima linea, perché questa è proprio guerra, sai? E delle più difficili da combattere
Emanuela Setti Carraro - telefonata con la madre Antonia

"Ed io lo sposo lo stesso"

Emanuela ha fatto le Marcelline, il liceo classico, poi 4 anni di lettere alla Statale, abbandonando gli studi per ottenere il diploma di Infermiera Volontaria della Croce Rossa Italiana e specializzarsi poi in ferrista di sala operatoria. Fu volontaria presso gli ospedali civili e militari e ai portatori di handicap. Unì la sua passione per i cavalli al suo impegno verso i più deboli. Emanuela fu una delle promotrici della riabilitazione equestre in Italia. Contribuì, infatti, a creare nella Caserma Perrucchetti di Milano, sede del Reggimento Artiglieria a cavallo, il primo centro militare, il secondo in Italia, di rieducazione equestre per i disabili assieme all’A.N.I.R.E. (Associazione Nazionale Italiana Rieducazione Equestre), unendo in un importante impegno sociale Croce Rossa, Forze Armate ed A.N.I.R.E.

Mia sorella Emanuela era molto dolce e
davvero bella. Ed era anche molto caparbia e determinata. Sapeva quello che voleva e lo otteneva
Paolo Setti Carraro - fratello di Emanuela

Conobbe Carlo Alberto dalla Chiesa a Genova durante la sfilata degli alpini. Alcune ragazze dal palco lanciavano fiori verso gli alpini che sfilavano, tra queste ragazze c’era anche Emanuela. Quando le rimase l’ultimo fiore di garofano in mano, invece di gettarlo lo sistemò nella divisa del Generale. Fu così che iniziò la loro storia d’amore.

Una storia d’amore che può essere riassunta nelle sei parole che pronunciò alla sua famiglia la sera in cui annunciarono la loro decisione di sposarsi. La storia d'amore di Emanuela e di Carlo Alberto è narrata da Edgarda Ferri alla pagina 174 del volume “Il perdono e la memoria” pubblicato da Rizzoli nel 1988. Antonia Setti Carraro, mamma di Emanuela, racconta così alla collega Ferri la reazione della figlia al parere "assolutamente contrario" dei genitori riguardo a quel matrimonio "sbilanciato", e la scena è più viva delle parole: "Non era affatto d'accordo Emanuela che, zitta fino a quel momento, di colpo si è alzata, ha fatto il giro del severo salotto antico, è passata dietro le spalle del padre sfiorandogli affettuosamente una guancia con le labbra, ed è andata diritta a sedersi sulle ginocchia del generale esclamando: E io lo sposo lo stesso". Parole forti, parole decise. Parole d'amore. Parole dettate dal cuore di una donna innamorata.

Vicenda giudiziaria

Per la strage di via Carini furono condannati come mandanti i vertici dell’organizzazione mafiosa (Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca, Nenè Geraci) e solo nel 2002 anche gli autori materiali della strage, Antonino Madonia, Vincenzo Galatolo, Raffaele Ganci e Giuseppe Lucchese, e i collaboratori di giustizia Francesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci.

Memoria viva

A Emanuela è dedicato il presidio di Libera a Voghera (PV). A Buccinasco è stata intitolata a suo nome la nuova sede della Croce Rossa, ospitata in un bene confiscato alle mafie.