15 settembre 1982
Palermo (PA)

Domenico Russo

Agente di scorta in terra di mafia, morì in seguito all'attentato al Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, che Mimì aveva deciso di proteggere con grande coraggio e profonda abnegazione.

Domenico Russo, per tutti Mimì, aveva solo 31 anni il 3 settembre del 1982, giorno della Strage di via Carini.

Era nato a Santa Maria Capua Vetere (CE) nel dicembre del 1950 e, giovanissimo, diventato Guardia Scelta di P.S., fu trasferito alla Prefettura di Palermo. Lì conobbe Fina, una ragazza siciliana che presto sarebbe diventata sua moglie, dalla quale ebbe due figli: Dino e Toni.

In Sicilia, tra i tanti colleghi, strinse una bella amicizia con Gennaro Nuvoletta, carabiniere, fratello di un altro giovane carabiniere, Salvatore Nuvoletta, che sarebbe stato ucciso dalla camorra il 2 luglio del 1982. Gennaro lavorava come agente di scorta del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, nominato Prefetto di Palermo il 30 aprile di quell’anno.

Quando decise di tornare in Campania per motivi familiari, il Generale scelse Domenico come suo autista e agente di scorta.

A Gennaro, che conosceva bene le abitudini e i metodi di lavoro del Generale, fu affidato il compito di istruirlo al nuovo incarico. Ma bastarono pochi giorni, Mimì era sveglio, appassionato e preparato. Non lo erano però altrettanto i mezzi a disposizione per gestire un lavoro così importante e complesso: era solo, il servizio scorte all’epoca non era ancora strutturato, e la sua auto di servizio non era blindata.

3 settembre 1982

La sera del 3 settembre 1982, il Generale dalla Chiesa e sua moglie Emanuela Setti Carraro, attorno alle 21.00, uscirono da villa Whitaker, sede della Prefettura, seguiti dall’auto di Mimì. All’altezza di via Isidoro Carini, due auto e una moto affiancarono quella del Generale, uccidendo lui e sua moglie a colpi di kalashnikov.

Anche Mimì venne preso d’assalto e, seppur gravemente ferito, scese dall’auto con la sua pistola d’ordinanza, che nulla avrebbe potuto contro quell'arsenale, e non esitò a sparare per fermare i killer e compiere il suo dovere fino in fondo. Cadrà poco dopo sotto il fuoco dei mitra. Trasferito in ospedale verrà dichiarato clinicamente morto e morirà dopo 12 giorni di agonia.

I suoi funerali si svolsero il 16 settembre 1982 a Palermo, nella Chiesa di Santo Spirito nel cimitero palermitano di Sant’Orsola e, per volere di Fina, sua moglie, verrà seppellito lì.

Vicenda giudiziaria

Per la strage di via Carini furono condannati come mandanti i vertici dell’organizzazione mafiosa (Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca, Nenè Geraci) e solo nel 2002 anche gli autori materiali della strage, Antonino Madonia, Vincenzo Galatolo, Raffaele Ganci e Giuseppe Lucchese, e i collaboratori di giustizia Francesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci.

Memoria viva

Per il suo altissimo senso del dovere, il 13 dicembre 1982 Domenico Russo fu insignito della Medaglia d’Oro al Valore Civile:

Di scorta automontata per il servizio di sicurezza a eminente personalità, assolveva al proprio compito con sprezzo del pericolo e profonda abnegazione. Proditoriamente fatto segno a numerosi colpi d'arma da fuoco esplosi a distanza ravvicinata da parte di alcuni appartenenti a cosche mafiose, tentava di reagire al fuoco degli aggressori nell'estremo eroico tentativo di fronteggiare i criminali, immolando così la vita nell'adempimento del dovere.
Motivazione della Medaglia d'oro al valore Civile di Domenico Russo

Il Comune di Santa Maria Capua Vetere ha intitolato alla sua memoria la via in cui è nato e cresciuto, e la villa comunale di Santa Marina, nel Cilento, porta oggi il suo nome. La sua storia è ricordata nel "Dizionario Enciclopedico delle Mafie in Italia" (Castelvecchi 2013) e nel libro di Raffaele Sardo "Al di là della notte".