Parole di memoria

In ricordo di Portella della Ginestra. Non privilegi ma diritti, non disuguaglianza ma equità

Foto di Valter Molinaro

di Francesco Citarda

Felicità e gioia, testimoniata dai sorrisi festanti della folla di contadini radunata a Portella della Ginestra il primo maggio del 1947. Aria di festa, i bambini giocavano nei pressi del Sasso di Barbato, il podio naturale al centro del pianoro intitolato a quel Nicola Barbato, rappresentante dei Fasci Siciliani dei Lavoratori, che scelse proprio quel luogo nel 1893 per festeggiare ogni primo maggio la festa del Lavoro e dei Lavoratori. Donne e uomini impegnati a condividere quel poco che avevano, perché quel giorno tutti dovevano avere la possibilità di consumare un pasto dignitoso, cosa assai rara negli anni del secondo dopoguerra.

Contadini festanti accorsi a Portella da Piana degli Albanesi, San Cipirello e San Giuseppe Jato. Contadini impegnati a costruire futuro migliore, grazie alle proprie battaglie per ottenere diritti e dignità attraverso condizioni eque che riconoscessero il valore del loro lavoro.

Non privilegi ma diritti, non disuguaglianza ma equità. Una battaglia giusta, rivendicando una società che non lasciasse indietro gli ultimi, ma che gli desse la possibilità attraverso il lavoro di determinarsi.

Una rivoluzione basata sulla rivendicazione dei diritti, per rendere le donne e gli uomini liberi dai bisogni, che faceva terribilmente paura a chi fa della violenza, della sopraffazione e delle disparità, la leva del proprio potere. Mafia, proprietari terrieri, politici compiacenti. Furono loro a sparare quel primo maggio del 1947 ai contadini di Portella per mano di Salvatore Giuliano. Spararono perché avevano paura, perché il modello di società, per cui i contadini lottavano, li avrebbe cancellati dalla storia.

Oggi a 74 anni da quel primo maggio, da quella strage, che è ancora una ferita aperta perché non conosciamo i nomi dei mandanti, l’impegno e le lotte del movimento contadino e dei sindacalisti che ne erano la guida, devono continuare a rappresentare un esempio per chi crede che per sradicare le mafia sia necessario battersi per una società giusta, fondata sulla dignità delle persone, sull'uguaglianza e sulla libertà da miseria e sfruttamento.

Troppo poco quelle battaglie sembrano aver lasciato in eredità se ancora c'è chi sfrutta il lavoro nei campi, se oggi si ripresentano fenomeni di vero e proprio schiavismo.

Dobbiamo cooperare, dobbiamo saper accogliere, dobbiamo guardare a quelle battaglie, aggiornandone la memoria nel mondo di oggi. Ognuno di noi deve sentire dentro la responsabilità di costruire un pezzo di società più giusta, rispetto a quello che è il nostro ruolo. Lo dobbiamo alle vittime della Strage di Portella della Ginestra, lo dobbiamo a tutte le vittime innocenti delle mafie.  

E ricordiamo oggi anche l’impegno di Mario Nicosia e Giacomo Schirò, sopravvissuti alla strage che ci hanno lasciato da qualche anno, rinnovando il nostro impegno a continuare a chiedere verità e giustizia per le vittime della strage di Portella della Ginestra e per tutte le vittime innocenti delle mafie.