E’ l’amore il motore di impegno. Il ricordo di Gaetano Montanino

E’ l’amore il motore di impegno. La capacità di continuare ad amare ancora, nonostante tutto. E’ questo che trasmette Luciana quando parla di suo marito, Gaetano, ucciso il 4 agosto del 2009.
Mimmo e Luciana si sono conosciuti a scuola, si sono guardati a distanza per mesi: gni giorno salivano sullo stesso treno e si scrutavano, si studiavano. Finché un loro amico in comune riuscì a farli incontrare: un appuntamento al buio. Si innamorarono subito, una voglia di vivere e di costruire la loro famiglia, di progettare la loro vita insieme che li portò a sposarsi subito, a 20 anni.
Mimmo, così lo chiamavano in famiglia Gaetano, era sottoufficiale della Guardia di Finanza a Cuneo, ma decise di lasciare la divisa e tornò in Campania per chiedere la mano di Luciana a suo padre, un gesto antico. Veronica, la loro figlia, nacque subito. Erano sempre tutti e tre insieme, dei complici. Stavano crescendo insieme, ma Mimmo continuava a desiderare di indossare ancora la divisa. Luciana lo sosteneva e riuscì ad aiutarlo a ottenere un posto di lavoro come guardia giurata in una compagnia privata di vigilanza. Non fu semplice per loro, la famiglia non era d’accordo; ma loro erano fatti così: una voglia irrefrenabile di consumare la vita. Lavorava di notte, ma non aveva paura anzi adorava la città notturna. E ogni giorno raccontava a Luciana le storie di una Napoli sconosciuta ai più, la accompagnava a vederla e a conoscere le persone con cui trascorreva le notti in strada.
Indossava la sua divisa Mimmo, la sera in cui fu ucciso, durante una sparatoria avvenuta in piazza Mercato, a Napoli. Mimmo era stato chiamato in servizio all’ultimo istante con un collega, Fabio De Rosa di 25 anni. Erano nella macchina di servizio dell'istituto "la Vigilante" per il loro giro abituale di controllo delle attività commerciali. Tutto sembrava in ordine. Ma improvvisamente ci un conflitto a fuoco: Gaetano fu colpito mortalmente da 8 colpi di pistola; il compagno da sei proiettili che però fortunatamente non toccarono parti vitali.
Mimmo è morto, una notte di agosto. E Luciana è rimasta all’improvviso da sola, senza suo marito e piena di dolore. Ma tutto questo amore non poteva sparire nel nulla. Ha cercato di capire come si poteva sopravvivere a questo dolore, si chiedeva coem avessero fatto gli altri. Ed è cercando una risposta a queste domande che ha incontrato Libera e il Coordinamento campano dei familiari. Ha capito che da soli non si può, non si sopravvive, che dalla morte di suo marito doveva nascere la speranza. E così tutto il suo amore si è trasformato in impegno per il cambiamento, per la sua città e per i giovani. Quando Luciana ci racconta della sua volontà di essere vicina ai giovani, a partire da quelli in difficoltà, soprattutto nel quartiere in cui Mimmo è stato ucciso, all’improvviso un sorriso spunta fra le lacrime, come un raggio di speranza che oggi, a distanza di 8 anni da quel drammatico 4 agosto ci fa sentire che la memoria di Mimmo e di quanto non può e non deve accadere mai più è al sicuro perché Luciana non sarà sola a custodirla.
Poi capisci che è questo il paradosso del dolore: quando pensi di non poter provare più nulla, ti rendi conto che sei solo capace di amare più forte.