Daphne Caruana Galizia e il diritto alla verità
Daphne Caruana Galizia è stata uccisa da un’autobomba a Malta il 16 ottobre del 2017. Era una giornalista e sul suo seguitissimo blog “Running Commentary” denunciava da anni una Malta in mano a corruzione e giochi di potere sotto il governo laburista di Joseph Muscàt.
La sua storia, insieme a quelle di migliaia di altre persone in tutto il mondo, racconta la necessità di un diritto alla verità e di un percorso per la sua configurazione come diritto inalienabile che può e deve essere internazionale, come quello che sta portando avanti Libera con la campagna “Diritti Vivi”.
Lo raccontiamo nel quinto episodio di “Diritti alla verità”, il podcast di Libera, con le voci dell'incontro di ExtraLibera, le giornate di Contromafiecorruzione, insieme a Daniela Marcone, responsabile nazionale dell’area memoria di Libera, Corinne Vella, sorella della giornalista maltese e Giovanni Roberto Conti, Consigliere della Corte di Cassazione.
In questi anni ci siamo concentrati tanto sul dolore che le nostre famiglie portano con sè per farlo comprendere. Ora dobbiamo avere il coraggio di portare questo dolore dentro i diritti e dargli un contenuto, affinchè anche altri che non vivono il nostro stesso dolore, ma che ne capiscono il valore, siano al nostro fianco.
La battaglia per il diritto alla verità parte in luoghi a prima vista lontani, quelli del Sudamerica e delle lotte dei familiari dei desaparecidos. Arriva in Italia, con il percorso di Libera al fianco dei e delle familiari delle vittime innocenti delle mafie. Ma non si ferma qua. La storia di Daphne Caruana Galizia lo testimonia, come racconta Corinne Vella, sorella della giornalista maltese.
Daphne ha perso la sua vita. Quali sono le ragioni? Nei giorni bui non abbiamo avuto tempo per il lutto, perché immediatamente abbiamo capito che dovevamo lottare per la verità e per la giustizia e lo facciamo ancora adesso.
Ci sono tre processi in corso per l’omicidio di Daphne: al centro ci sono le persone accusate di essere gli esecutori materiali, Vincent Muscat, Alfred e George Degiorgio, e il mandante, Yorgen Fenech, precedentemente accusato dalla giornalista di possedere un fondo segreto a Panama e di aver fatto pressioni sul governo laburista per aggiudicarsi un appalto. Il suo arresto porta a una serie di dimissioni nel governo, fino a quelle del premier Joseph Muscàt.
Nel luglio 2021 un'inchiesta indipendente ha ritenuto il governo presieduto da Muscàt "indirettamente responsabile" della sua morte, per non aver preso misure sufficienti per garantirne la protezione e per aver alimentato una "cultura dell'impunità" che ha favorito la diffusione della criminalità e della corruzione sull'isola.
Qualche giorno fa abbiamo pubblicato una dichiarazione sull’impunità proprio per ricordare che le vittime di omicidio e i familiari delle vittime hanno dei diritti. (...) In Italia come a Malta, se i diritti delle vittime non sono riconosciuti noi familiari dobbiamo lottare sempre, ogni giorno. Per ogni familiare è la stessa cosa: cambiare vita per lottare per la giustizia. Ma cosa succede quando una vittima non ha una famiglia per lottare?
Daniela Marcone racconta un percorso, quello per il riconoscimento del diritto alla verità, che è collettivo, che attraversa Paesi e che deve ancora essere riconosciuto pienamente. Giovanni Roberto Conti, Consigliere della Corte di Cassazione, è tra le persone che stanno portando avanti questo principio.
Quando un singolo viene danneggiato, la vittima è quella persona ma la vittima siamo tutti noi. Perde anche lo Stato comunità. (…) L’esigenza di salvaguardare la vittima non è più un’esigenza del singolo, ma diventa esigenza della collettività. Il diritto alla verità del singolo tende allora a diventare dovere di verità.