16 ottobre 2017
Malta

Daphne Caruana Galizia

Per Daphne la scrittura non era il fine, ma il mezzo. Lo strumento per raccontare la bellezza, ma anche l'abisso della corruzione, degli interessi perversi, dell'illegalità. Quell'abisso nel quale hanno provato ad inghiottirla. Invano, perché la sua memoria resiste, come la sua ricerca di verità e giustizia.

Quel grande amore per la scrittura che l’ha accompagnata per tutta la vita - e che in fondo ha segnato il suo destino - Daphne l’aveva sempre avuto, sin da ragazza. Un amore che aveva messo al servizio di alcune passioni assai particolari che nutriva. Come quella per i giardini e i fiori, di cui ha a lungo scritto. Le piacevano in fondo le cose belle e amava scriverne. Non a caso, nella sua carriera, le era capitato di dirigere una rivista dal titolo assai evocativo da questo punto di vista: Taste & Flare, Gusto e Stile.

Ma quell’amore per la scrittura in realtà andava molto oltre. E questo perché, per Daphne, la scrittura non era il fine ma il mezzo. Lo strumento per raccontare la bellezza, ma anche l’abisso della corruzione, degli interessi perversi, dell’illegalità. Quell’abisso nel quale hanno provato ad inghiottirla. Invano, perché la sua memoria resiste, come la sua ricerca di verità e la giustizia.

Daphne Anna Vella era nata a Sliema, a pochi chilometri da La Valletta, una località turistica con una bella passeggiata sul mare della costa nord orientale di Malta. Era il 26 agosto del 1964. Dopo gli anni della prima formazione al convento di San Dorothy a Mdina e al Collegio Sant’Aloysius di Birkirkara, Daphne decise di iscriversi all’Università di Malta per conseguire la laurea in archeologia.

Intanto aveva messo su famiglia. A soli 21 anni, aveva sposato Peter Caruana Galizia da cui aveva avuto tre figli maschi: Matthew, Andrew e Paul. Matthew, in particolare, seguirà la stessa passione per il giornalismo di sua madre, svolgendo un ruolo determinante in alcuni dei passaggi chiave della vicenda professionale di Daphne. Con suo marito e i suoi tre figli, si stabilisce a Bidnija, un borgo a pochi chilometri da Mosta e a una ventina di minuti dalla capitale.

È una carriera, quella giornalistica, che per Daphne comincia in giovane età, già nel 1987. Sono gli anni delle prime esperienze, che però danno quasi subito frutti assai interessanti, tali da consentirle di legare il suo nome ad alcuni importanti giornali dell’isola. All’inizio degli anni ’90 già scrive assiduamente sul The Sunday Times ed è redattrice associata del The Malta Independent. E poi l’esperienza di direzione della rivista Taste & Flare e tante altre collaborazioni che confermano le sue capacità e alimentano la sua passione.

Ma è il 2008 l’anno di svolta nella vicenda di questa coraggiosa giornalista dai lunghi capelli neri e dallo sguardo profondo. Perché è nel 2008 che Daphne, alla ricerca di spazi e strumenti nuovi per un giornalismo investigativo che scavasse anche nelle verità più scomode, fonda il blog Running Commentary. Uno spazio di assoluta libertà, in cui Daphne raccoglie approfondimenti, segnalazioni investigative, inchieste e notizie sulla politica maltese, con uno sguardo rivolto in particolare ai fenomeni corruttivi, al riciclaggio, alle ambiguità e agli affari del sistema di potere dell’isola. In poco tempo il blog diventa un punto di riferimento e il suo pubblico cresce a dismisura. Running Commentary è seguitissimo e comincia a dare fastidio a quel potere su cui indaga e accende i riflettori. 

Daphne ne paga le conseguenze, finisce al centro di polemiche violente e diviene oggetto di attacchi feroci. Si prova ad intimidirla con lo strumento della querela per calunnia e diffamazione, ma senza riuscire a fermarla. Continuerà a scrivere, ad esempio, del milionario britannico Paul Golding, cercando di scoprire come si fosse arricchito; oppure del mancato restauro di Villa Guardamangia, ex residenza della Regina Elisabetta a Malta. Scava, va alla ricerca di documenti, cerca riscontri. Sa fare il suo mestiere e, soprattutto, rincorre la verità, la insegue, la cerca senza sosta. Anche la verità più nascosta, quella che, per interessi o per paura o per compiacenza, nessuno vuole venga fuori.

Nel febbraio del 2016 l’ulteriore salto di qualità del suo lavoro. Il blog ormai è una realtà consolidata. Qualcuno ha scritto che per molti era diventato l’ultima pagina da visitare prima di andare a letto e la prima da guardare appena sveglio. È un luogo virtuale di informazione che tutti conoscono. E che molti temono.

Come alcuni membri del governo maltese coinvolti nello scandalo dei Panama Papers. Un fascicolo digitale con 11 milioni e mezzo di documenti confidenziali su oltre 214 mila società offshore e sull’identità di manager e azionisti. Il fascicolo viene consegnato al Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi. È un vero e proprio terremoto, che travolge uomini d’affari, funzionari pubblici, politici che nascondano i loro soldi nel paradiso fiscale panamense. Nei documenti compaiono i nomi dei leader di Arabia Saudita, Argentina, Emirati Arabi Uniti, Islanda e Ucraina e quelli di funzionari di governo, parenti e collaboratori stretti di vari capi di governo di più di 40 altri paesi. Tra questi Brasile, Cina, Francia, India, Malaysia, Messico, Pakistan, Regno Unito, Russia, Siria, Spagna, Sud Africa e Malta. Malta, appunto. Ed è qui che entra in gioco Daphne...

Matthew, che lavora con il Consorzio dei giornalisti investigativi, le rivela alcune scottanti informazioni su come due Ministri del governo laburista maltese di Joseph Muscat - Konrad Mizzi e Keith Schembri - siano direttamente coinvolti nello scandalo dei Papers. Grazie a Daphne, il terremoto scuote così anche Malta. E la scuoterà ancora di più quando, pochi mesi dopo, Dapnhe arriverà ai vertici del potere. Nell’aprile del 2017, infatti, scrive di come Michelle Muscat, moglie del Primo Ministro, sia intestataria di Egrant, un'altra società con sede a Panama.

La notizia genera indignazione, proteste di piazza, polemiche violentissime, che inducono la Presidente maltese Coleiro Preca ad indire elezioni anticipate. Ma il voto finisce per rafforzare il potere dei laburisti, che vincono largamente le elezioni, confermandosi al governo del paese. Per Daphne sono mesi difficilissimi: critiche, attacchi, tentativi di screditare il suo lavoro.

Ma lei non si arrende e continua a scavare, raccogliendo prove e documenti che rafforzano le tesi delle sue inchieste investigative. È convinta che quel sistema malato di potere fondato sul riciclaggio, la corruzione, le connivenze e addirittura la compravendita dei passaporti maltesi, vada denunciato e fermato. Ci prova in prima persona, mettendo in gioco se stessa, a costo della vita. 

16 ottobre 2017

Alle 14.35 del 16 ottobre 2017 Daphne pubblica il suo ultimo post. Alle 14.58 sale a bordo della sua Peugeot 108 presa a noleggio. Si trova a Bidnija, nei pressi di casa. In quel preciso momento qualcuno, appostato su un'imbarcazione ferma nello specchio d’acqua di fronte alla costa, invia un sms alla scheda telefonica collegata ad un ordigno nascosto nella macchina. Il messaggio aziona la detonazione. È un’esplosione violentissima, che scaraventa pezzi della vettura a decine di metri di distanza. Per Daphne non c’è nessuna possibilità di sopravvivere. Il suo cadavere viene ritrovato dilaniato da Matthew, accorso dopo aver sentito l’esplosione.

La notizia della morte della giornalista maltese fa il giro del mondo provocando una valanga di reazioni di indignazione e commozione. Tra queste, quella del presidente del Consorzio dei giornalisti investigativi.

Il Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi è sconvolto dalla notizia della morte della giornalista investigativa maltese Daphne Caruana Galizia. Caruana Galizia è stata in prima linea in importanti indagini di interesse pubblico e ha denunciato i rapporti offshore di importanti personalità politiche a Malta. Il Consorzio condanna la violenza contro i giornalisti ed è profondamente preoccupato per la libertà di stampa a Malta e chiede alle autorità maltesi di indagare sull'omicidio e di assicurare i colpevoli alla giustizia.
Nota di Gerard Ryle, Direttore dell’International Consortium of Investigative Journalists, 16 ottobre 2017

La sera stessa dell’omicidio si svolgono diverse veglie in memoria di Daphne nella sua città natale di Sliema, a Londra, a Bruxelles. Parla anche il Primo Ministro Muscat - “non mi darò pace finché non verrà fatta giustizia” - che chiede la collaborazione dell’FBI e dell’Interpol per velocizzare le indagini. Ma la famiglia non lo vorrà ai funerali della giornalista, celebrati il 3 novembre. Né lui né alcun altro membro del governo maltese.

Vicenda giudiziaria

Le indagini partono spedite e dopo poco portano all’arresto di 13 persone. Tre in particolare - Vincent Muscat, George e Alfred Degiorgio - vengono ritenute gli esecutori materiali dell’omicidio.

Il quadro che emerge dalle indagini si fa via via più inquietante. Il 20 novembre del 2019, finisce in manette l’imprenditore Yorgen Tenech con l’accusa di essere il mandante del delitto. L’uomo ha collegamenti solidi con gli ambienti governativi e in particolare con gli stessi Mizzi e Schembri, all’epoca rispettivamente Ministro del turismo e Capo di Gabinetto dell’esecutivo, di cui Daphne si era già occupata nelle inchieste sullo scandalo dei Panama Papers. Coinvolto anche il Ministro dell’economia Chris Cadorna. Lui si autosospende pur dichiarandosi estraneo ai fatti contestati. Gli altri due invece si dimettono. Il clima nell’isola è pesantissimo. Secondo Tenech, Scembri sarebbe stato l’ideatore del delitto.

In questo clima, tra proteste e polemiche, alla fine, cede anche il Primo Ministro. Joseph Muscat si dimette il 1° dicembre del 2019.

Ma i colpi di scena in questa storia non finiscono qui. Il 20 luglio del 2020, alla vigilia della sua deposizione in aula, viene trovato in fin di vita Melvin Theuma, tassista e usuraio considerato un testimone chiave nel processo, perché avrebbe avuto il ruolo di mediatore tra mandanti ed esecutori dell’omicidio di Daphne. Successivamente, Vincent Muscat, arrestato anni prima come esecutore del delitto, decide di collaborare, patteggiando una pena di 15 anni. Il 14 ottobre 2022, infine, i fratelli Degiorgio si dichiarano responsabili dell'omicidio, dopo aver mantenuto il silenzio per anni, nonostante le accuse di Theuma e Muscat. A 5 anni dall'omicidio, sono dunque stati condannati a 40 anni di carcere.

Intanto, nel luglio del 2021, la famiglia Caruana Galizia ha condotto un'inchiesta indipendente. Da essa emerge uno spaccato inquietante, con il governo presieduto da Muscat ritenuto “indirettamente responsabile” della morte della giornalista, per non aver preso misure adeguate a garantirne la protezione e per aver alimentato una “cultura dell’impunità" che ha favorito la diffusione della criminalità e della corruzione a Malta.

In totale, sono tre i processi in corso per l’omicidio di Daphne Caruana Galizia. Ma la verità è ancora da scrivere. Verità e giustizia che la sua famiglia continuano incessantemente a chiedere e a rivendicare come un diritto.

Daphne ha perso la sua vita. Quali sono le ragioni? Nei giorni bui non abbiamo avuto tempo per il lutto, perché immediatamente abbiamo capito che dovevamo lottare per la verità e per la giustizia e lo facciamo ancora adesso. (...) In Italia come a Malta, se i diritti delle vittime non sono riconosciuti, noi familiari dobbiamo lottare sempre, ogni giorno. Per ogni familiare è la stessa cosa: cambiare vita per lottare per la giustizia.
Corinne Vella, sorella di Daphne Caruana Galizia

Memoria viva

In seguito all'omicidio di Daphne, la sua famiglia ha fondato la The Daphne Caruana Galizia Foundation, per garantire giustizia per il suo assassinio e per continuare la sua lotta per la libertà di stampa e la democrazia liberale e contro il populismo, la corruzione e l'impunità a Malta e a livello internazionale. Tra i membri della Fondazione, c'è sua sorella Corinne Vella, parte attiva della rete dei familiari di Libera, le cui parole sono state raccolte nel podcast Diritti alla verità.

Molto forte è stato l’impatto della vicenda di Daphne sulla cultura di massa e sull’opinione pubblica. Poche settimane dopo l’omicidio, la casa editrice inglese The Pertinent Press di Oxford ha pubblicato una raccolta di saggi di intellettuali e giornalisti maltesi, inglesi e americani intitolato Invicta: The Life and Work of Daphne Caruana Galizia. Il libro è uscito poi in italiano con il titolo Uccisa in Nome della Verità: vita e attività di Daphne Caruana Galizia. Edito da Bompiani nella collana "Munizioni", curata da Roberto Saviano, è stato inoltre pubblicato il libro Di’ la verità anche se la tua voce trema.

A Daphne, dal 2018, è intitolata la sala stampa del Parlamento europeo di Strasburgo. L’ufficio di Presidenza dello stesso Parlamento, nel dicembre 2019, ha promosso la creazione di un Premio europeo per il Giornalismo intitolata alla blogger maltese. Il Premio è stato poi formalmente istituito il 16 ottobre 2020, in occasione del terzo anniversario dell’omicidio.

Diversi giornalisti e testate giornalistiche a livello internazionale hanno deciso di unirsi in un progetto comune, il Daphne Project, con lo scopo di portare avanti le inchieste della collega uccisa. Tra le testate che hanno aderito al progetto, il New York Times, il The Guardian, la Reuters, lo Süddeutsche Zeitung, il Die ZeitLe Monde e, in Italia, la Repubblica.