Il ricordo di Raffaele Miceli, 75 anni dopo il suo omicidio
di Italo Giannola
La sera del 22 Maggio 1945, sulla piazza principale di Centuripe, a meno di due anni dalla devastazione provocata dai combattimenti tra truppe tedesche e angloamericane (battaglie di Centuripe e del Simeto che avevano provocato ingentissimi danni alle abitazioni e numerosissime vittime tra i civili) un’orchestrina di dilettanti stava tenendo un concerto primaverile per i compaesani nella speranza di ritornare presto alla normalità della vita quotidiana.
Quella sera anche l’ing. Raffaele Miceli, 42 anni, direttore responsabile della miniera Marmora Gualtieri, una delle più importanti e avanzate del bacino zolfifero nisseno, prese parte al concerto. All’improvviso un uomo che nessuno vide da dove venisse piombò tra la gente e fece fuoco sulla sua vittima, fra il raccapriccio generale. Le cure non valsero a salvare l’ing. Miceli che morì di lì a poco.
Dieci giorni prima, l’ing. Miceli si era recato alla stazione dei carabinieri e aveva raccontato di avere ricevuto una richiesta ricattatoria del “pizzo”.
Mi si domandano, nientemeno, cinquecentomila lire. Non le posseggo. Io non sono il proprietario della miniera: sono semplicemente il direttore. Mezzo milione è una enormità. Ma non darei mai e poi mai ai banditi una somma simile, neanche se la possedessi
Con questa frase Raffaele Miceli aveva pronunciato la sua condanna a morte: non aveva rinunciato alla sua libertà e aveva messo in crisi il potere dei criminali che non tollerano questo tipo di affronto.
Raffaele Miceli non ebbe mai giustizia. Il killer, identificato, morì durante un conflitto a fuoco con i Carabinieri e come conseguenza non venne mai celebrato un processo. Solo di recente il suo nome è stato inserito tra quelli delle altre mille vittime innocenti nell'elenco curato dall'associazione Libera. Il nostro impegno per restituire dignità a un uomo onesto.