In ricordo del Procuratore Selis. La montagna di Giovanni
Nella lettura delle carte dell’operazione Geenna, che come una tempesta, ha investito e scosso la Valle d'Aosta, abbiamo trovato per la prima volta, dopo 37 anni, un riscontro circa la presunta paternità da parte della 'ndrangheta del primo attentato con un' autobomba della storia italiana, contro un Magistrato.
Così abbiamo iniziato a leggere articoli dell'epoca, a incontrare giornalisti che se ne erano occupati e infine, insieme a Libera Piemonte, abbiamo incontrato Sara e il figlio Luigi, la moglie e il figlio del magistrato che subì l'attentato: Giovanni Selis. La totale dimenticanza della loro vicenda e la portata delle indagini del pretore Giovanni Selis ci hanno commosso e spinto ad agire affinché la Valle d'Aosta ricordasse la determinazione, il coraggio e la passione con cui egli operò.
Così il 13 dicembre 2019 il Comune di Aosta ha posto una targa in memoria dell'attentato, alla presenza della moglie e del figlio e di Paola Caccia, figlia del magistrato Bruno, perché le inchieste del pretore, circa il casinò e la corruzione in campo edile, sono collegate a quelle di Bruno Caccia.
Inoltre, il presidio Antonio Landieri-Marcella di Levrano si è impegnato a raccontare la sua vicenda in uno spettacolo teatrale dal titolo: "L'isola felice?".
Infine, le circostanze tragiche in cui è avvenuta la sua morte ci hanno spinto a considerarlo una vittima innocente della mafia perché fu proprio l'amore di Giovanni Selis per la Verità e la Giustizia, la solitudine a cui venne condannato, a consumare il suo desiderio di vita.
Per la prima volta, in occasione del 21 marzo 2020, il nome di Giovanni Selis è stato ricordato tra le oltre 1000 vittime innocenti delle mafie. Il suo nome è stato inserito nell'elenco delle vittime innocenti curato da Libera.
Una storia, una vita quella di Giovanni portata fuori dall'oblìo e che diventa memoria viva.
Questo testo è stato scritto dai volontari del coordinamento di Libera Val d'Aosta.
LA MONTAGNA DI GIOVANNI
Ora riposa alla mia luce: estate e inverno svetta la mia piramide bianca in fondo alla Valle.
No, non sono la famosa piramide del Cervino, sono meno famosa, ma chiudo mirabilmente un’altra valle della Valle d’Aosta: sono la Granta Parey che si innalza per 3387 metri infondo alla valle di Rhemes.
Hai voluto la luce della mia neve per riposarti perché ti piaceva sciare proprio qui in questa valle che io custodisco, e facevi anche le gare con i tuoi colleghi del Tribunale e le camminate con i guardia parco: sei sempre stato attento a che nessuno, per motivi di profitto, rovinasse il paesaggio incontaminato del Parco del Gran Paradiso di cui faccio parte: grazie.
Ricordo che avevi un bel passo: non eri valdostano, ma la tua passione per la montagna, per quest’aria pulita e frizzante che taglia la faccia, era nota a tutti quelli che ti conoscevano.
Talvolta camminavi e poi ti sedevi a riflettere e a pensare alle indagini che stavi conducendo: un ordito molto complesso si dipanava man mano sotto i tuoi occhi e avevi capito quanta corruzione e quanti traffici loschi si nascondevano anche in questa “isola felice”. Il giudice Bruno Caccia, tuo predecessore, ti aveva avvisato e tu continuavi ostinato nella tua ricerca per trovare i “pesci grossi” ai piedi delle Alpi.
Ricordo molto bene le vacanze di Natale del 1982 perché sei venuto poco a trovarmi. Eri sconvolto: ti avevano messo una bomba nella tua fiat 500, ma incredibilmente tu eri vivo. Ti avevavo spiegato che la carica nella tua auto era molto superiore a quella richiesta per un’esplosione e così l’auto si era squarciata e tu sei rimasto nella parte dell’abitacolo intatto, mentre il motore e la parte posteriore erano finiti sul terrazzo del primo piano della casa, di fronte al parcheggio. Pochi giorni dopo avevano anche cercato di farti scendere in strada con una scusa, aspettandoti, per concludere quello che con la dinamite non erano riusciti a fare.
Proprio quando la neve inizia a ritirarsi e gli animali scendono più a valle per cercare il cibo, sei venuto a salutarmi: saresti andato a Roma. Non solo nessuno sembrava colpevole, ma alcuni non ti avevano creduto e capito, addirittura eri stato indagato per aver pronunciato un nome di troppo, un nome sbagliato.
Eri amareggiato, ma felice di appoggiare i piedi sui miei sentieri che iniziavano a colorarsi di fiori. Hai fatto una bella passeggiata fino al crinale che porta in Valsavarenche: al Col de l’Entrelor.
Ti ho rivisto due anni dopo: eri stato scagionato da tutte le accuse ed eri felice di venirmi a salutare, avevi perso un po’ di allenamento e i tuoi occhi erano ancora più scuri. Sei salito fino al lago di Changier, godendoti le meravigliose sfumature dell’autunno montano. Era prudente essere tornati? La tua famiglia non era contenta, specie dopo quella telefonata anonima che diceva che questa volta nessuno avrebbe sbagliato. Ma allora perché tornare qui? Il tuo cuore amava la Verità e proprio come un alpinista che non lascia intentata una vetta che non riesce a scalare, si allena per tornare a raggiungere la meta l’anno successivo, così pure tu volevi terminare ciò che avevi cominciato.
L’ombra però avvolgeva i tuoi occhi e venivi sempre meno a trovarmi: eri stanco, eri solo e scoraggiato.
Ti ho ritrovato lì: una pietra con un nome e una data, ma rivolta verso di me, rivolta alla Granta Parey che il tuo spirito ha tenacemente scalato con caparbietà, fatica e determinazione. Era il 9 maggio 1987. Grazie Giovanni, io ti ricordo così.