#costruiamomemorie Luis Alberto Cardona Mejía. Vivan como si fueran a morir mañana
Dal Brasile torniamo in Colombia. Siamo negli anni nel pieno del conflitto armato. Luis Alberto Cardona Mejía nacque il 13 aprile 1952 e fu assassinato il 4 aprile 1989, una settimana dopo avrebbe compiuto 37 anni. L’attentato fu perpetrato mentre viaggiava su un microbus del trasporto locale, con 7 colpi di pistola alla faccia esplosi da 2 sicari dei cartelli del narcotraffico, con la complicità di attori istituzionali e politici corrotti. Fu professore universitario all’Università de Risaralda nel Comune di Santa Rosa de Cabal, dove creò la cattedra di Diritti Umani.
Vivete come se doveste morire domani, studiate come se doveste vivere cent’anni.
È stato l’unico colombiano a ricevere la medaglia “Nelson Mandela” da parte del Congresso Sudafricano della Liberazione Razziale per il suo lavoro di difensore dei Diritti umani, la sua lotta contro il razzismo e l’eliminazione dell’apartheid. Luis era anche un militante del PCC (Partito Comunista Colombiano) e insieme alla sorella Maria Cardona, aveva fondato la Commissione permanente per i diritti umani.
La sua morte rientra nel quadro degli omicidi mirati che dagli anni Ottanta a oggi continuano a essere commessi in modo sistematico e strutturato contro attivisti per i diritti umani, militanti sociali, sindacalisti ed ecologisti e leader delle comunità indigene. In particolare, in quegli anni è stato commesso un attacco sistematico e generalizzato contro esponenti, militanti e simpatizzanti del partito Unión Patriótica, espressione democratica degli ideali rivendicati dalle FARC.
Secondo quanto ha raccontato in più occasioni la sorella di Luis, Maria, le ragioni dell’assassinio sono da ricercare nell’impegno sociale che entrambi hanno profuso contro lo sfruttamento dei lavoratori del caffè, dei quali denunciavano le condizioni di sfruttamento da parte dei proprietari terrieri e degli imprenditori. Ma c’è un passaggio ulteriore e risiede proprio negli scritti di Luis Alberto, il quale durante la sua carriera di professore universitario aveva pubblicato uno studio all’interno del quale ha ricostruito i rapporti tra i narcos e il mondo dell’imprenditoria, arrivando a sostenere che molti narcotrafficanti avessero avuto origine dai latifondisti.
Per la sua morte non c’è stato un processo penale, non c’è stata verità né giustizia. Del suo caso è stata investita la Commissione Interamericana per i diritti umani (CIDH), che è l’organo incaricato anche di ricevere e valutare le denunce fatte da soggetti privati su particolari violazioni dei diritti umani commesse da uno degli Stati parte della Convenzione americana dei diritti umani. È stata interpellata dalla “Fundación Reiniciar” che ha sollevato il caso di Luis insieme ad altri casi legati ad attivisti dell’Union Patriotica e del Partito comunista colombiano perseguitati. La Commissione, dopo aver redatto la propria Informativa, ha presentato il caso alla Corte Interamericana, che è uno dei tribunali regionali per la protezione dei diritti umani insieme alla Corte europea e a quella africana ed è stata creata dalla Convenzione americana nel 1959.
A oggi la famiglia ha soltanto dei sospetti su un gruppo conosciuto col nome “I magnifici” che dedicarono il loro tempo a perseguitare e uccidere membri della UP, i quali sarebbero stati gli autori materiali dell’uccisione di Luis.
Il Comitato permanente per la difesa dei diritti umani (CPDH) insieme al Movimento delle vittime dei crimini di Stato (MOVICE) e ad alcuni familiari di Luis, hanno intrapreso un percorso volto a recuperare la memoria storica di quanto accaduto e a restituire dignità alle vittime dei crimini statali. All’interno di questo lavoro e grazie al loro costante sforzo, è nato il progetto "Abre las puertas de la memoria”, in edizione cartacea e digitale. Inoltre la Fondazione Reiniciar ha realizzato delle installazioni raffiguranti le vittime all’interno di alcuni parchi dei Comuni d’origine delle vittime stesse e l’opera commemorativa di Luis si trova nel parco principale del Comune di Chinchiná, all’interno del Dipartimento di Caldas.
Per approfondimenti:
Incontro con Maria Cardona Mejia, familiare di vittima di mafia colombiana
https://www.peacelink.it/latina/a/46316.html
Portale “Abre las puertas de a la memoria”
http://abrelamemoria.com/defensores/AlbertoCardona.html
#costruiamomemorie
Da questi Ponti internazionali di memoria nasce l’idea di avviare una nuova narrazione periodica attraverso la quale, vogliamo avvicinare il lettore alle storie, i volti e le speranze delle vittime straniere, per far conoscere più a fondo i diversi contesti umani, sociali e politici in cui vengono perpetrate le violenze criminali, ma soprattutto si continua a lottare con coraggio e determinazione per verità e giustizia.