#costruiamomemorie Amparo del Carmen Tordecilla. Una storia colombiana
Negli ultimi anni molto si è detto sulla Colombia e sul processo di pace tra il gruppo armato rivoluzionario delle FARC e il Governo di Manuel Santos. Per capire l’impatto del conflitto sulla popolazione civile basti pensare che la Colombia ha un altissimo numero di persone desaparecidas, 120.000 sono gli ultima dati ufficiali.
Non molti sanno che questo tentativo di pace non è senza precedenti. Occorre fare un passo indietro e tornare alla fine degli anni ’80. La Colombia era già uno scenario di guerra interna da oltre vent’anni, quando il Presidente César Gaviria proseguendo il processo di pace iniziato dal Governo Barco nel 1988, portò avanti i negoziati con l’EPL -Ejército Popular de Liberación, l’M-19 - Movimiento 19 de Abril, il CRS - Corriente Renovacion Socialista - una frangia del ELN), il PRT - Partido Revolucionario de los Trabajadores-, e il MAQL - Movimiento ArmadoQuintín Lame.
Tali negoziati peraltro giocarono un ruolo importante anche nella creazione dell’Assemblea Nazionale Costituente del 1991.
Come è naturale che accada, non tutti erano favorevoli agli accordi di pace o alle modalità di gestione dei rapporti tra i gruppi di guerriglieri e il Governo Gaviria, così le violenze e le vittime continuarono anche durante i negoziati.
Amparo del Carmen Tordecilla Trujillo era una giovane insegnante di 28 anni. Era militante del Partito Comunista Colombiano – Marxista Leninista, moglie dell’allora Comandante dell’EPL Bernardo Gutierrez Zuluaga Botero e madre dei suoi primi due figli: Juan Camilo e Ana Maria. Amparo del Carmen era impegnata per conto dell’EPL nel contatto con il Governo per agevolare i negoziati di pace. Fu rapita intorno alle 10.00 di mattina del 25 aprile 1989 a Bogotà, all’angolo tra la Calle 47 e la Carretera 8 per mano di tre uomini vestiti in abiti civili che la costrinsero a salire su un taxi rosso, marca 'Chevrolet' con numero di targa SF 3257.
In quel momento María Teresa Cifuentes Traslaviña, docente dell’Università Piloto y Autónoma di Bogotá si trovava in una cartoleria e fu testimone del rapimento. Raccolse una scarpa che era caduta alla vittima del sequestro mentre la trascinavano sul taxi, così informò subito l’Associazione dei familiari dei detenuti-desparecidos (ASFADDES). La scarpa fu successivamente riconosciuta come di proprietà della mamma dal figlio di Amparo, Juan Camilo.
I gruppi locali a sostegno dei diritti umani denunciarono subito la sua sparizione forzata alla Procura Generale e alle autorità competenti e in poco tempo la Procura avviò le indagini.
Il 5 maggio 1989 il capo della Brigata XX - Batallón de Inteligencia y Contrainteligencia Charry Solano (BINCI) - ammise davanti all’Ufficio della Procura Generale che il taxi utilizzato per il sequestro di Amparo del Carmen era utilizzato da quella Brigata e che effettivamente era stato impiegato quel giorno. L’11 maggio del 1989 la Commissione Interamericana per i diritti umani ricevette la denuncia per la sparizione forzata di Amparo del Carmen da parte del dottor Eduardo Umaña Mendoza – successivamente seguita dalla Corporación Colectivo de Abogados "José Alvear Restrepo" e da FEDEFAM, nella quale emerge che il movente del sequestro fu il legame affettivo e sentimentale con il leader dell’EPL col fine di ostacolare i dialoghi tra il gruppo guerrigliero e il governo.
L’8 giugno dello stesso anno il padre di Amparo del Carmen, Fausto Tordecilla Polo, presentò un’istanza di habeas corpus davanti al Juzgado 36 Penal Municipal di Bogotá.
Dopo lunghe indagini e depistaggi la Procura Generale confermò che l’autovettura era di proprietà del Ministero della Difesa e che era in uso ai servizi di spionaggio e controspionaggio dell’esercito (BINCI).
Il 24 febbraio del 20001 la Commissione interamericana ha ribadito alcune delle raccomandazioni già formulate in precedenza allo Stato colombiano, in particolare in riferimento alla sparizione forzata di Amparo del Carmen, quella di completare un’indagine imparziale ed effettiva davanti alla giurisdizione ordinaria al fine di giudicare e condannare i responsabili; chiarire le circostanze della sparizione della vittima, i suoi resti e restituirli ai familiari; adottare tutti i mezzi necessari affinché i familiari ricevano un risarcimento per le violazioni subite.
Per la sua sparizione forzata e detenzione arbitraria sono stati condannati quattro membri dell’esercito: il capitano Mario Raul Rodríguez Reinoso; il sergente Guillermo Marín Rojas; il capo Wilson Doneys Berón e l’agente di sicurezza Héctor Hidalgo Cabrera Peña che sono stati destituiti, con una sentenza passata in giudicato il 27 luglio 2009.
La storia di Amparo del Carmen è una delle poche che ha avuto verità e giustizia formalmente, ma come ci racconta suo figlio Juan Camilo “Di mia madre ho pochi ricordi e poche parole. Lei fa parte di quelle decine di migliaia di desaparecidos del conflitto colombiano. I responsabili materiali del sequestro di mia madre sono stati condannati dopo lunghi anni di processi farsa, insabbiamenti, minacce e pressioni sulla mia famiglia. Ma i mandanti politici e i vertici dell’esercito che hanno, se non si vuole dire promosso, dico quantomeno permesso questo crimine, non sono stati toccati. Non è una coincidenza che il sequestro di mia madre sia avvenuto nel periodo in cui mio padre, insieme ad altri vertici del EPL e altre organizzazioni guerrigliere stavano entrando nella fase finale dei colloqui con il governo per lasciare la lotta armata e proseguire la lotta politica per vie democratiche. Tutt’ora non ci hanno restituito il suo corpo, nè detto cosa ne hanno fatto.”
Per approfondimenti:
Español:
13 casos para no olvidar la desaparición forzada
C O L O M B I A Nuevos testimonios sobre la responsabilidad del ejército en las desapariciones
https://www.amnesty.org/download/Documents/196000/amr230231991es.pdf
https://www.cidh.oas.org/annualrep/99span/De%20Fondo/Colombia10.337.htm
IT: Colombia. Siamo tutti parte della stessa storia
http://www.memoriaeimpegno.it/siamo-tutti-parte-della-stessa-storia/