9 gennaio 1991
Taranto (TA)

Valentina Guarino

Si può solo immaginare chi sarebbe potuta diventare Valentina. Aveva solo sei mesi la sera in cui è stata uccisa, mentre era in auto con la sua mamma e il suo papà, l'obiettivo dei killer. Non le hanno permesso di vivere, di sognare e di fare errori.

Taranto si affaccia sul mare Jonio, una città con una lunga storia millenaria, città di arte e di cultura, conosciuta come la città dei due mari.
Nel 1965 a Taranto fu inaugurata una delle più grandi industrie siderurgiche d'Europa, l'Italsider. La nascita e lo sviluppo della nuova industria trasformarono la città e la sua economia, attirando grandi investimenti. E insieme all'economia, si trasformò il tessuto sociale e i flussi di denaro iniziarono ad attirare gli interessi della criminalità.
Nel settembre del 1988 fu ucciso in un agguato don Ciccio, Francesco Basile, il capo indiscusso che era riuscito a mantenere una pax mafiosa in tutti quegli anni.
Il suo omicidio diede il via a una lunga scia di sangue durata anni, in cui si sono contrapposti due clan: quello dei fratelli Modeo, Gianfranco, Riccardo e Claudio, e l'altro clan, che faceva capo ad Antonio, il messicano, fratellastro dei Modeo. Quest'ultimo aveva costruito forti legami con la 'ndrangheta che agli inizi degli anni Novanta iniziarono a incrinarsi. Antonio aveva preso il posto di don Ciccio e mantenuto le alleanze con i calabresi e con la camorra di Cutolo. Era sicuro di sé e non si aspettava di essere ucciso nel "suo" territorio, nell'agosto del 1990. Ma la sua morte non segnò la fine della guerra di mafia.

Valentina Guarino nasce proprio nell'estate del 1990. L'estate in cui l'Italia aveva ospitato i Campionati mondiali di calcio, i mondiali di Maradona, di Schillaci e della Germania Ovest campione del mondo.
E nasce proprio a Taranto, nel rione Tamburi, il feudo dei Modeo. Lì dove tanti operai dell'Italsider erano andati a vivere per la vicinanza alla fabbrica. Il quartiere che si affaccia sul mare, di cui ormai non si sente più il profumo. Sostituito dai fumi che fuoriescono dall'altoforno dell'acciaieria.
Centinaia i morti tra le strade della città, in ballo c’è il controllo del traffico di droga e il mercato delle estorsioni. Ma anche gli interessi intorno all’acciaieria fanno appetito a molti. La Commissione antimafia ha lanciato l’allarme: molte delle imprese dell’indotto sono a rischio; il 2 ottobre del 1989 Giovanbattista Tedesco, capo dei vigilantes dell’acciaieria, è stato ucciso.

Ma Valentina non sa e non può ancora capire. E' appena nata. E per ora le basta ascoltare la voce della mamma e del papà per stare bene. A sei mesi festeggia il suo primo Natale, sta imparando a sorridere e a emettere suoni. Riconosce il volto della sua mamma e del suo papà. Non lo sa che suo padre, Cosimo, è un affiliato del clan dei fratelli Modeo. Ma non uno qualunque, era il cognato di Gianfranco Modeo. Suo zio è il boss che dal carcere sta combattendo questa assurda guerra. Lei non può capirlo.
La sua vita è scandita dalle pappe e dai sonnellini. E osserva, osserva tanto come tutti i bambini che iniziano a scoprire di esserci, di esistere.
Le basta stare tra le braccia della sua mamma, Maddalena, per sentirsi al sicuro.

La sera del 9 gennaio del 1991

E doveva essere così anche la sera del 9 gennaio del 1991. Valentina era seduta in braccio alla sua mamma, forse si era addormentata, mentre il papà Cosimo guidava la Lancia Prisma che stava percorrendo le strade buie del quartiere Tamburi.
Qualcuno aveva deciso che quella sera Cosimo sarebbe diventato il prossimo bersaglio, toccava a lui morire. All’improvviso i fanali di un auto compaiono da una stradina, l’auto si affianca a quella della famiglia Guarino e il buio viene squarciato dai colpi di pistola. I vetri del finestrino del guidatore si frantumano, Cosimo è stato colpito. Ma quegli spari non hanno risparmiato neanche Valentina. E’ stata colpita al viso.
A nulla servirà la corsa verso l’ospedale. Valentina muore quella sera insieme al suo papà, vero obiettivo dei killer.

Vicenda giudiziaria

Nessuno ha visto niente, nessuno ha sentito nonostante fossero da poco passate le 19.30. La paura è troppo grande. I killer a bordo di una Fiat Uno grigia fuggiranno indisturbati, lasciando Maddalena da sola, tra le braccia sua figlia Valentina.
La polizia fu avvertita diversi minuti dopo la strage e l’unico indizio a disposizione degli inquirenti furono i tre bossoli ritrovati. L’unica certezza è che Valentina è l’ennesima vittima di questa mattanza.

Memoria viva

Il nome di Valentina è ricordato, insieme alle oltre 1000 vittime innocenti delle mafie che ogni anno in occasione del 21 marzo, la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, riecheggiano in tanti luoghi. Per noi Valentina ha un vero e proprio diritto al ricordo, un diritto che restituisce “dignità” a ogni nome che ricordiamo, che rappresenta la promessa a Valentina che non dimenticheremo la sua storia, i suoi progetti di vita, portando con noi i suoi sogni e rendendoli vitale pungolo del nostro impegno quotidiano.