La vita rubata di Valentina Guarino
di Tea Sisto
Oggi, 9 gennaio, Valentina avrebbe compiuto 27 anni. Forse vivrebbe ancora a Taranto, la sua città, o forse no. Forse avrebbe già festeggiato la sua laurea o forse no. Forse sarebbe fidanzata o persino sposata con figli suoi, o forse no. Forse avrebbe trovato il lavoro giusto per lei, o forse, come per tantissimi giovani, non ancora. Ma nulla di tutto questo si può raccontare di Valentina Guarino, perché non è mai diventata una ragazza, perché i killer le hanno negato tutto, l’infanzia, l’adolescenza, la giovinezza, la vita. E lo hanno fatto molto prima che festeggiasse il suo primo compleanno. Possiamo immaginare i suoi pianti di neonata, i suoi sorrisi, la meraviglia nei suoi occhi davanti alla vita. Poi, quel 9 gennaio del 1991, il buio. Valentina aveva solo 6 mesi quando fu uccisa. Erano le 20 circa. La piccola era tra le braccia della mamma sul sedile anteriore della Lancia Prisma guidata da padre, Cosimo Guarino, di 37 anni. Era lui il bersaglio dei killer arruolati nella sanguinosa guerra di mafia che aveva già lasciato per terra solo l’anno prima 31 morti. Era nel mirino in quanto cognato del boss Gianfranco Modeo. Cosimo Guarino stava attraversando via Lisippo, nel quartiere popolare Tamburi, a ridosso dell’Ilva. Un’altra auto ha affiancato la Prisma. I killer hanno sparato a raffica uccidendo sia Cosimo Guarino che la figlioletta di sei mesi. Illesa la madre. Valentina fu colpita al viso. Inutile la corsa nell’ospedale Santissima Annunziata dove quel corpicino arrivò senza vita e quel visino sfigurato. Nessun testimone, nessuno disse di aver visto.
A Valentina Guarino fu dedicata, nel 1997, la targa commemorativa per i bambini vittime di mafia, esposta nelle scuole medie ed elementari di Rivoli, in provincia di Torino.