Giovanbattista Tedesco nasce il 13 dicembre del 1949 a Montecalvo Irpino, piccolo paese della provincia di Avellino, dove trascorre tutta la sua infanzia e giovinezza. È un ragazzo buono e socievole, molto legato alla sua famiglia che gli trasmette i valori dell’onestà e del rispetto. Giovanbattista si sa far voler bene da tutti; i suoi pomeriggi trascorrono tra lo studio e gli amici, tra i vicoli di quel paesino sereno dove tutti si conoscono.
È all’età di 19 anni che decide di arruolarsi nell’Arma dei Carabinieri, portando sin da subito con onore e dedizione quella divisa che tanto ama e rispetta. Viene mandato in servizio lontano da casa, a Taranto, dove per caso conosce Mariateresa, una giovane insegnante di cui si innamorerà. Il loro amore è così travolgente che Giovanbattista le chiede presto di sposarlo per coronare il loro sogno d’amore.
Gli anni a Taranto
Siamo nel 1974 e in quegli anni a Taranto si sta sviluppando sempre più lo stabilimento siderurgico Italsider (oggi Ilva) che necessita pertanto di un servizio di vigilanza interna. Per questo motivo Giovanbattista, insieme ad altri colleghi, decide di lasciare l’Arma ed entrare nel gruppo “Iri” che avrebbe fornito un servizio di vigilanza nello stabilimento.
Si susseguono così anni di intenso e onesto lavoro per Giovanbattista, per assicurare alla sua famiglia, che nel frattempo si è allargata con l’arrivo del piccolo Alessandro, una vita serena. È un papà affettuoso, premuroso e attento, che si divide tra la sua amata famiglia e il suo lavoro, svolto con estrema dedizione tanto che, ben presto, verrà gratificato con la nomina a capo della vigilanza dell’intera acciaieria.
Con la crescita della produzione nell’impianto siderurgico però non crescono solo gli affari, ma cresce sempre più l’attenzione dall’organizzazione mafiosa locale, la Sacra Corona Unita, che cerca di allargare il proprio dominio sul territorio e il proprio giro economico, imponendosi nello stabilimento per controllare i traffici delle merci e sfruttarlo a proprio favore. Ma questo giro di traffici illeciti non sfugge a Giovambattista che anzi, si rifiuta di chiudere un occhio di fronte a tali illegalità; non vuole sottostare alle imposizioni del gruppo mafioso che pian piano aumenta il proprio potere nell’acciaieria, facendo ormai da padrone.
Questa sua invulnerabilità alla logica mafiosa lo porta a non farsi corrompere, a rifiutare qualsiasi compromesso, nonostante quello stipendio da capo vigilante è l’unica fonte di reddito per la sua famiglia che tra l’altro, dopo tanti sacrifici, ha da poco contratto un mutuo per l’acquisto della casa e di un’autovettura che gli consentirà di giungere più agevolmente sul luogo di lavoro.
Giovanbattista si oppone con rigore e decisione all’infiltrazione della mafia locale e per questo verrà ucciso.
La notte tra il 2 e il 3 ottobre del 1989 alle 23:37 la vita di quest’uomo onesto, padre amorevole, lavoratore attento e diligente, viene stroncata, a colpi di fucile, sotto casa sua, da due killer della Sacra Corona Unita. Ben 10 i colpi che lo trafiggono e che non gli danno il tempo di reagire, di provare a scappare, che lo colgono di sorpresa nel buio di quella che sembrava una comune sera di inizio ottobre.
Sono trascorsi 30 anni, è indescrivibile il dolore che si possa provare. L'amore però vince su tutto. Per 18 anni sono stata in silenzio, chiusa nel mio dolore. Poi, nel 2007 ho conosciuto Libera e ho tramutato il dolore in impegno. Ho capito che non dovevo chiudermi ma dovevo parlare con i ragazzi, loro sono la nostra speranza e il nostro futuro.
Memoria viva
Alla memoria di Giovanbattista è intitolato il presidio di Libera di Palagiano, paese situato nella provincia di Taranto.
Vicenda giudiziaria
Giovanbattista Tedesco è stato riconosciuto vittima di mafia con decreto del Ministero dell'Interno il 1º aprile 2009. Ancora oggi non è stata fatta giustizia sull'omicidio del capo della vigilanza dell'ex Italsider. Secondo la relazione della Commissione Antimafia, Giovanbattista Tedesco venne eliminato perché contrastava, con rigore e decisione, le imposizioni della Sacra Corona Unita che tentava di affermare il suo potere all’interno delle acciaierie di Taranto.
All’Italsider si rubava in quattro modi: con le sottofatturazioni delle tonnellate di acciaio che uscivano dallo stabilimento; con i materiali di scarto – e non – che venivano portati alle discariche dove erano pronti i camion dei mafiosi a ritirarli; con le denunce per furti, circa 2 miliardi al mese, alle compagnie assicuratrici, beneficiando del relativo risarcimento; con il Bilancio aziendale costantemente in perdita e il relativo intervento dei finanziamenti statali per il ripiano.