Graziella Campagna nasce a Saponara, un piccolo paese sulle pendici dei Monti Peloritani, in provincia di Messina, il 3 luglio del 1968.
La sua è una famiglia numerosa, sono sette tra fratelli e sorelle, una famiglia umile ma onesta in cui regna la serenità.
Graziella è una ragazzina che ama la vita e ha molte passioni; le piace ricamare, stare in compagnia e adora i bambini. Diventa zia quando è ancora adolescente, ha una bella nipotina con cui è amorevole e premurosa. Adora trascorrere del tempo con lei e il suo più grande sogno è costruirsi una famiglia tutta sua, sposarsi e diventare mamma.
Ancora molto giovane abbandona gli studi per poter aiutare economicamente la sua famiglia. Trova quasi subito lavoro come aiuto lavandaia in una città vicina, Villafranca Tirrena. È un impiego in nero che le consente di guadagnare solo 150 mila lire al mese, ma quella cifra, seppur bassa, le è utile per contribuire alle spese di casa e aiutare i suoi genitori. Così accetta.
Le giornate trascorrono scandite dalle ordinarie abitudini fatte di lavoro e famiglia; Graziella si è ambientata in quella lavanderia, ha imparato subito a sbrigare le mansioni che le vengono affidate, è brava e si fa voler bene da tutte le sue colleghe. Quando finisce le sue ore di lavoro torna a casa, dividendosi tra le sue passioni e aiutare sua mamma nelle faccende domestiche.
La scomparsa
Ma questa normalità sarà stravolta in quello che sembra essere un giorno qualunque.
Un giorno infatti, l’ingegner Tony Cannata, che è solito recarsi in quella lavanderia, le porta una camicia da lavare. Graziella la prende in consegna e si accinge a procedere con il lavaggio, ma prima, come d’abitudine, controlla le tasche per assicurarsi che non ci sia rimasto niente. E mentre svolge quest'attività, quella mattina trova un’agenda nella tasca.
Graziella ritrova nell’agenda una carta d’identità che rivela il vero nome dell'uomo: è Gerlando Alberti junior, nipote latitante del boss della mafia siciliana Gerlando Alberti (assicurato alla giustizia anni prima dal generale Carlo Alberto dalla Chiesa). Scopre che il suo collega e cugino, Gianni Lombardo, non è neanche lui chi dice di essere, ma è invece Giovanni Sutera, anche lui uomo ricercato perché accusato di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti.
L’aver scoperto quest'informazione le costerà la vita, soprattutto perché uno dei fratelli di Graziella, Piero, fa il Carabiniere in servizio alla compagnia di Gioia Tauro e questo fa paura ai due latitanti. Un'altra commessa della tintoria, Agata Cannistrà, strappa immediatamente l’agenda dalle mani di Graziella che gliela sta ingenuamente mostrando, facendone così perdere le tracce.
Il 12 dicembre del 1985
Il 12 dicembre, dopo aver finito di lavorare, Graziella va, come di consueto, ad aspettare l'autobus che la porterà a casa. Sono circa le 19:45, è contenta di aver finito il suo turno di lavoro così potrà dedicarsi a terminare di sistemare gli addobbi di Natale. In giro infatti c’è già aria di festa e Graziella è felice. Con i pochi risparmi che ha accumulato comprerà un bel regalo per la sua amata nipotina e già immagina che giocherà a lungo con lei in tutte le giornate di festa che stanno per arrivare. Non sa e non può immaginare che invece quel Natale non lo festeggerà mai.
Quella sera la corriera arriverà a Saponara senza di lei. La mamma, che la aspetta come ogni sera, non vedendola arrivare al consueto orario si preoccupa subito; Graziella non è una ragazza ritardataria e se avesse deciso di fare altre cose prima di rientrare a casa avrebbe sicuramente avvisato.
La famiglia prova a fare un giro in paese ma nessuno riesce a trovarla e, soprattutto, nessuno l’ha vista.
Cresce l’ansia per i genitori che così si recano in Caserma per denunciare la scomparsa, ma il Maresciallo pensa ad una fuitina amorosa e dice loro di non preoccuparsi.
Eppure quell'ipotesi fatta dal Maresciallo proprio non regge, sia perché Graziella, così legata com’è alla sua famiglia non sarebbe capace di questi gesti, sia perché l'unico ragazzo con cui si sta vedendo e con cui fa progetti futuri, in quel momento è a casa con la sua famiglia e non ha visto Graziella per tutta la giornata. Nonostante ciò, quel Maresciallo che dovrebbe occuparsi dell’indagine è così convinto che si tratti di una fuitina che addirittura si prende un giorno di vacanza, facendo così ritardare ulteriormente l’inizio delle ricerche.
A quel punto, il fratello Piero, raggiunge i suoi genitori a Saponara per fare luce, seppur autonomamente, sulla sparizione della sua sorellina. Così, a due giorni di distanza dalla sparizione, riesce a scoprire che un medico aveva visto un cadavere di una ragazza in un luogo isolato a Forte Campone, paese vicino a Villafranca Tirrena. Piero allora allerta la Polizia e insieme si recano immediatamente sul luogo indicato, facendo la più terribile delle scoperte: quel corpo senza vita rannicchiato contro un muro, con un braccio alzato in segno di difesa e cinque colpi di arma da fuoco sparati da meno di 2 metri su viso, spalla, petto, mano e braccio, è proprio quello della sua amata sorellina.
Dopo questo tragico ritrovamento, partono le indagini, sebbene con imperdonabile ritardo. Dei testimoni affermano di aver visto quella sera, sotto la pioggia battente, salire molto tranquillamente Graziella su un'auto sconosciuta, come se conoscesse e si fidasse di chi era alla guida.
Graziella viene così uccisa, a colpi di lupara, a soli 17 anni.
La sua unica colpa è quella di essere stata testimone involontaria della scoperta della falsa identità di due latitanti. Anche se, come dice il fratello Piero, “Graziella mai e poi mai avrebbe ricondotto il nome al mafioso”.
Vicenda giudiziaria
Le indagini e il processo vanno avanti a rilento.
Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera, il suo guardaspalle anche noto come Giovanni Lombardo, saranno rinviati a giudizio il 1º marzo del 1988.
Eppure, il movente ipotizzato dalla Procura, secondo cui Alberti abbia voluto uccidere Graziella perché a conoscenza del suo vero nome viene giudicato debole dal giudice che li assolverà.
Solo sei anni dopo, nel 1996, grazie alla trasmissione televisiva “Chi l'ha visto?” il caso verrà riaperto.
L'11 dicembre 2004, a quasi vent'anni dall'uccisione di Graziella, la Corte D’Assise di Messina emetterà sentenza di condanna all’ergastolo per Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera, ritenuti gli esecutori materiali del delitto, con l'aggravante di aver agito con premeditazione e durante la loro latitanza. Ma saranno anche giudicate colpevoli per favoreggiamento e per aver deviato le indagini, oltre che per aver omesso quanto di loro conoscenza sul rapimento e sull'omicidio, Agata Cannistrà, la collega che strappò dalle mani di Graziella l'agenda, e Franca Federico, la titolare della lavanderia. Entrambe saranno condannate alla pena di due anni di reclusione.
Eppure, per l’inspiegabile mancato deposito entro i termini delle motivazioni della sentenza, Gerlando Alberti sarà scarcerato e tornerà in libertà.
Ma il 18 marzo 2008, i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Messina, confermeranno per Alberti e per Sutera la condanna all'ergastolo e il 18 marzo 2009, la Suprema Corte di Cassazione respingerà il ricorso formulato dai due imputati e riconfermerà la pena dell'ergastolo.
Per accertare la verità i familiari hanno assistito ad un processo lungo 22 anni, più di quanti Graziella ne avesse vissuto.
Nonostante la morte di Graziella la famiglia ha deciso, unita, di camminare al fianco della giustizia, senza rispondere con la violenza a chi aveva utilizzato violenza.
Memoria viva
Il 17 dicembre del 1996 l'Associazione "Rita Atria" di Milazzo e il Comitato per la pace e il disarmo unilaterale di Messina, presentarono un dossier sull'omicidio. Pochi mesi più tardi quel dossier diventerà un libro: "Graziella Campagna a 17 anni vittima di mafia, storie di trafficanti, imprenditori e giudici nella provincia dove la mafia non esiste" (Armando Editore). Le due associazioni, insieme alle scuole di tutto il comprensorio si schierano accanto alla famiglia nella richiesta di verità e giustizia.
Per tenere viva la memoria di Graziella, nel 2008, verrà girato il film “La vita rubata”, ispirato alla sua storia.
I presidi territoriali di Libera di Sant’Elisabetta (AG) e quello universitario di Udine, sono intitolati alla sua memoria.
Inoltre, la cascina di Moncalvo, in provincia di Asti, confiscata alla mafia, e destinata all’accoglienza di donne vittime di violenza o che versano in situazione di marginalità è stata intitolata alla memoria di Graziella.
Mia sorella era una ragazza felice e senza grilli per la testa. Da quel giorno la mia famiglia non ha avuto più pace, nessuna felicità, le feste non esistono più e anche quando facciamo un sorriso è falso. A volte ci nascondiamo per i figli, per non fargli comprendere nulla ma non è così.