Demetrio Quattrone e Nicola Soverino, uccisi insieme perché amici nella vita
Nessuna storia è uguale a un’altra ma le storie delle vite delle persone uccise dalle mafie hanno tutte un finale simile. Può cambiare il tipo di arma utilizzata ma poco altro.
E’ accaduto anche per Demetrio Quattrone e Nicola Soverino, uccisi insieme perché amici nella vita. Demetrio, ingegnere, e Nicola, medico, la sera del 28 settembre del 1991 erano nella nuova auto di Demetrio, una BMW, forse stavano raccontandosi la giornata o, più semplicemente, erano completamente assorbiti dal piacere di ascoltare il “rombo” di un motore nuovo. Poi l’agguato, tanti colpi sparati a bruciapelo e queste due vite terminate senza pietà. L’agguato era destinato a Quattrone, ma in questi casi non si risparmia il testimone “scomodo”.
Dopo tanti anni, indagini e congetture, non sappiamo quali siano i colpevoli di questo duplice omicidio ma la verità storica ci consegna i no pronunciati da Demetrio Quattrone, il suo essere coerente e inflessibile, sempre dalla parte del lavoratore. Ci sono contesti in cui un modo di essere, una personalità senza sbavature, può essere un ostacolo da eliminare, soprattutto per chi ha affari poco chiari da portare alla meta. Indubbiamente la Reggio Calabria degli anni ’90 presentava questo contesto, così come sappiamo, ce lo raccontano gli articoli dei quotidiani dell’epoca, che era in corso una mattanza. Demetrio e Nicola sono la 143esima e la 144esima vittima dall’inizio dell’anno nel solo hinterland reggino.
Oggi, guardare a quel passato ci aiuta a comprendere il presente: la memoria del passato è base imprescindibile per progettare il futuro. E ciò che salveremo del passato sarà quello che percepiamo come vitale. Ecco perché è un’esigenza fondamentale del nostro agire quotidiano raccontare le storie di Demetrio Quattrone e Nicola Soverino, provare a ricostruire le vicende legate alla loro tragica morte ma anche riproporre il senso delle loro vite, le frasi che solevano ripetere ad amici e parenti, i loro progetti e sogni.
Per noi questo è il significato più vero di “fare” memoria, al di fuori delle celebrazioni e ancorati a una richiesta di giustizia e verità cui le famiglie colpite aspirano. Così come noi tutti, intesi come comunità della rete di Libera che, oggi come ieri, comunica all’esterno un bisogno di giustizia che muove dall’umana condivisione per trasformarsi in impegno coerente e consapevole delle realtà territoriali in cui ci muoviamo. Perché fare memoria ci ricorda l’importanza di non lasciare sole le famiglie colpite da questa violenza, perché il nostro dovere è garantire il diritto al ricordo e non lasciare avvolte nel silenzio le vite di questi uomini e di queste donne, affinché le loro storie non siano inquinate dai tentativi di offuscare la profondità di queste vite.
Demetrio Quattrone ci ha lasciato, tra i suoi vari scritti, una riflessione: “L’uomo non è né stupido né intelligente. O e libero o non lo è. All’infuori della libertà non si ha niente”
Queste parole ci raccontano Demetrio e le sue scelte, sono potenti e attuali. Portiamole con noi, mantenendo al sicuro il ricordo vivo di queste due vite e garantendo a noi stessi una consapevolezza che parte dal nostro senso di appartenenza alla stessa comunità di cui facevano parte Demetrio e Nicola che con la loro stessa esistenza hanno costruito, per la loro parte, la nostra stessa identità.