Parole di memoria

Lettera a mio padre, Nicola Ruffo

Lettera a mio padre, Nicola Ruffo

di Pasqualina Ruffo

Caro papà,

è la prima volta in assoluto che ti scrivo. Tu lo sai che ogni giorno ti penso, ma scriverti non l’ho mai fatto.

Lo faccio perché Libera mi ha chiesto di scrivere qualcosa su di te in occasione del tuo 45° anniversario, ed io ho pensato di fare un qualcosa che non avevo mai fatto prima per te, “scriverti una lettera” .

Caro papà, sono passati 45 anni ma mi sembra ieri. Il dolore è fermo lì da quel giorno, anzi, per essere sincera, il dolore aumenta ogni giorno sempre di più perché, sai, i primi tempi tutti ti sono accanto poi con il tempo molti dimenticano, ma fortunatamente per chi ti ha conosciuto, per chi ti ama, il tempo sembra non sia trascorso per nulla.

Tu sai quanta fatica, quante umiliazioni, quante rinunce e quante paure abbiamo conosciuto dopo la tua dipartita. Abbiamo anche conosciuto la fame, (cosa che tu volevi non accadesse mai perché era accaduto a te), ma grazie alla forza di volontà ed alla tenacia siamo riuscite a vincere su quasi tutto ma abbiamo perso su altrettanti fronti perché la ferita che hai lasciato, sai, ... è ancora aperta e sanguina.

Personalmente mi sei mancato, e tu lo sai, nel giorno del mio matrimonio, quel braccio e quella frase “come sei bella” mi sono mancati.

Mi sei mancato quando è nata tua nipote (come tu volevi, la tua terza bambina) che porta il tuo nome e che ha lo stesso tuo cuore.

Sai, il mio desiderio più grande era quello di non farti entrare nell’oblio di quegli uomini che hanno dato tanto e che il tempo li avrebbe fatto dimenticare. All’inizio, sai, non ci pensavo ma poi ho capito che dovevo essere testarda e dovevo lottare per te e, scusami se mi ripeto, anche per quelli come te. E così un bel giorno è arrivata la “strada” e poi la “scuola” ed ora il Presidio intestati a tuo nome.

Come tu ben sai, la strada era un mio grande desiderio, la scuola era un tuo desiderio ma il presidio caro papà è un riconoscimento a te ed a quelli come te. E’ un riconoscimento a tutti quegli uomini e donne che non erano famosi ma che facevano solo il loro dovere che non chiedevano nulla se non una vita tranquilla con i soliti affanni insieme ai loro cari e che invece la vita gli aveva riservato una “fine” diversa.

Tu sai papà la domanda che mi faccio ogni 6 febbraio ma “loro” ti pensano? Possono mai immaginare lo strazio che con il loro gesto hanno causato a noi? Hanno mai avuto rimorsi? Si sono mai pentiti? Domande senza risposte.

Carissimo papà non mi chiedere se sono felice perché la risposta è NO (so’ che questo ti dispiace ma è la verità). Rimpiango quei bellissimi momenti trascorsi con te, le nostre lunghe camminate a piedi che erano solo il pretesto per parlarci. Mi dicevi sempre che avevo poco tempo per apprendere e che quindi ogni istante ti serviva per darmi “lezioni di vita”, oltre che di studio. (come se intuivi che quella vita che da li a poco avresti lasciato tuo malgrado). Ricordi?

Non mi piaceva né il latino e tantomeno la storia per me erano materie inutili, e tu mi dicevi: “Sai Pasqualina la storia è importante è la base per il vivere civile”. Ed ora caro papà anche tu sei un pezzettino di quella storia che tanto amavi. Ora sei tu “la storia”. I primi tempi che non eri più con me lo sai che mi guardavo alle spalle per vedere se mi seguivi (come del resto facevi sempre), ora invece ho capito che non mi stai dietro ma accanto ed hai sempre una mano sulla mia spalla.

Quando parlo di te ritorno una bambina di 11 anni e mi sento da te ancora coccolata, riesci non so come, a far si che i miei desideri diventino realtà. Un giorno mi dicesti che non mi avresti mai abbandonato e che da lassù un padre segue sempre i suoi figli ed è per questo che ti ringrazio e ti amo per essere riuscito a mantenere la tua promessa.

Sai quando i miei figli erano piccoli e mi chiedevano ti te io gli rispondevo che eri in cielo a guidare un treno bianco con tanti bimbi dentro e che ogni tanto ti fermavi e davi a loro “lezione”, proprio come facevi quando eri sulla terra.

Quante cose che ti sto dicendo che già sai come sai che gli angeli non sempre hanno le ali, infatti ho conosciuto tanta gente che ti apprezza e che per te, pur non conoscendoti, ha fatto tanto i tuoi ... “nipoti acquisiti”. Il più grande è sicuramente Michele, i Presidi ed i professori della tua scuola ed ultimi, ma non ultimi, i ragazzi del Presidio di Valenzano.

L’anno scorso il 21 marzo non ce la facevo a camminare e dissi a Nicoletta di prendere lo striscione e di non mollarlo fino alla fine del percorso perché io purtroppo mi sarei dovuta fermare.

Quest’anno, caro papà a Brindisi non avrò più questo problema se mi sentirò male mi potrò fermare e non mi preoccuperò perché tanto ci saranno i tuoi “nipoti” che cammineranno con te e per te.

Come dico sempre una pallottola non può uccidere un uomo, tu sei vivo ed ogni giorno rinasci non solo nel mio cuore ma nel cuore di tanti che ti amano per quello che sei.

Tu lo sai che per te ci siamo allontanate dalla Chiesa ma se mi fermo a pensare tu sei riuscito a mettere in pratica un dei 10 comandamenti “Ama il prossimo tuo come te stesso”.

Spero di averti scritto una bella lettera senza andare da un argomento ad un altro senza logica (ti ricordi come mi rimproveravi?) e di aver usato i verbi in maniera opportuna.

Ed ora ti saluto nella maniera in cui ti facevo arrabbiare...  e non poco..

CIAO PAPI

La tua amata figlia Pasqualina