Antonio Landieri e l'altra Scampia
Nei primi anni del 2000, nel quartiere napoletano di Scampia era in atto la faida tra il clan dei Di Lauro e quello degli "scissionisti". Il 6 novembre del 2004, un commando di "scissionisti" scambiò Antonio e i suoi amici per un gruppo di spacciatori rivali. A causa della sua difficoltà motoria, Antonio non riuscì a scappare. Morì colpito da due proiettili alla schiena.
Abbiamo raccolto la video testimonianza di Raffaella Landieri, mamma di Antonio, che ci racconta non solo della morte di Antonio, ma soprattutto della sua vita e del cambiamento che ne è generato. Di seguito, pubblichiamo la video testimonianza con la trascrizione integrale.
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Io sono la mamma di Antonio Landieri. Era un ragazzo di 25 anni che fu ucciso a Scampia il 6 novembre 2004. Antonio era un ragazzo solare. Mi abbracciava forte forte e mi diceva:
- “Mamma, dimmi che mi vuoi bene”
- “Antonio, ma lo sai che ti voglio bene”
- “Ma me lo devi dire, mamma”
E mi abbracciava così forte che mi faceva mancare il respiro.
(…) Antonio era invalido e prendeva la pensione d'invalidità e se i suoi amici stavano in difficoltà lui li aiutava. Era benvoluto da tutti. Anche le pietre gli volevano bene. Quando usciva tutti lo abbracciavano e a noi quel sorriso ci manca, perché Antonio era la nostra forza e il nostro pilastro.
(Il 6 novembre 2004) Sono corsa da mio figlio. Ho visto Giuseppe per terra che abbracciava Antonio e diceva “aiutatemi, aiutatemi!”. Gli dico: “Dallo a me”. Ho preso Antonio tra le braccia. Gli ho detto “Antò, che ti hanno fatto?”. Antonio ha alzato gli occhi all’insù e non mi ha risposto. (…) Antonio non ha potuto correre, perché Antonio aveva avuto una paralisi. Il fratello era andato a prendere la macchina, quando sentì degli spari. Ha corso, tutti gli amici sono scappati. Chi ha preso un colpo nella spalla, chi al ginocchio, chi sotto i piedi.
Poichè abitiamo a Scampia è stato detto di tutti i colori. Perché siamo di Scampia hanno detto che Antonio se lo meritava perché era un ragazzo che andava in Colombia a comprare la droga. Da quel giorno del 2004 siamo stati abbandonati, anche dallo Stato. Nessuno ci ha pensato. Nessuno ha detto “come è possibile che un ragazzo disabile può andare in Colombia a comprare della droga?”. Sono stati proibiti anche i funerali di Antonio. Sono stati cinque anni bruttissimi.
Poi, cinque anni dopo, abbiamo conosciuto il Coordinamento dei familiari e don Ciotti e da lì abbiamo fatto la prima Marcia per Antonio nel 2009. Per noi è stato un conforto: aver trovato altri familiari che hanno passato quello che abbiamo passato noi, è stato un conforto per tutti quanti. Da quando è morto Antonio, si è ribellata Scampia. Si è rivoluzionata perché ci sono tante associazioni che adesso vanno avanti. (…) Mio marito sta facendo “l’aiuola dell'accoglienza”, cosi l’ha chiamata. Ci sono volute tante vittime innocenti, perché oltre ad Antonio, poi c’è stato Dario Scherillo, Gelsomina Verde e Attilio Romanò. In quella faida ci sono quattro vittime innocenti, morte tutte nel 2004. Erano tutti ragazzi di 25 anni.
Io vado nelle scuole a raccontare la storia di Antonio, di Attilio, Gelsomina Verde, Scherillo, di tutte le persone che non ci sono più, per dare voce a loro che non ce l'hanno più. Stando qua a Scampia, rivoluzionando la nostra vita, la stiamo riconquistando, centimetro dopo centimetro. (Stiamo) aiutando gli altri ragazzi raccontando la nostra storia nelle scuole, perché quello che è successo a noi non deve succedere più.