10 giugno 1922
Monte San Giuliano (TP)

Sebastiano Bonfiglio

Sebastiano ha superato i limiti imposti dall'umile condizione di nascita. Ha studiato da autodidatta perché aveva compreso l'importanza dello studio, di non restare analfabeta per lottare contro ogni forma di ingiustizia e di sopraffazione, con l'unico intento di realizzare una società più equa, più civile.

Sebastiano Bonfiglio nasce da un’umile famiglia di lavoratori il 23 settembre 1879 in località San Marco, una borgata rurale alle pendici del Monte Erice nel Comune di Monte San Giuliano (che nel 1934 diventerà il Comune di Erice). Ha gli occhi scuri, lo sguardo profondo ed è un ragazzo attento e curioso. Suo padre, sin dalla tenera età lo indirizza al lavoro artigiano, così, a soli 14 anni, Sebastiano inizia a lavorare presso la bottega di un artigiano e, sempre nello stesso anno, nel 1893, partecipa con il padre alle rivolte organizzate dal movimento dei Fasci Siciliani per rivendicare maggiori diritti per i contadini che lavorano sulle terre dei grandi latifondisti. Ha un animo gentile e generoso e uno spirito rivoluzionario. Questa esperienza lo segna molto. Si appassiona a queste tematiche, si informa, vuole conoscere e capire, sente crescere dentro di sé la voglia di stare dalla parte dei contadini, di affiancarli nelle loro lotte, di dare il suo contributo per liberarli da quella sopraffazione. Da quel momento partecipa attivamente alla politica e si distingue per la sua solerte attività per le rivendicazioni dei contadini e degli artigiani. 

La fondazione della società agricolo – operaia di mutuo soccorso

Nel 1899, all’età di soli 20 anni, fonda, con l’artigiano che lo aveva preso a lavorare in bottega, la società agricolo-operaia di mutuo soccorso.
Sebastiano sa bene che la conoscenza è fondamentale per poter essere incisivi nelle lotte, per poter dare le giuste risposte ai contadini e operai, così, nei primi anni del ‘900 si mette d’impegno, studia da autodidatta e conseguirà prima il diploma di insegnante elementare e, successivamente, quello di ingegnere agronomo, titoli che gli consentono di assumere nel movimento socialista posizioni rappresentative di prestigio.
Fonda e poi dirige la prima sezione locale del partito socialista. Sebastiano è anche autore di innumerevoli articoli pubblicati sulla “Voce dei Socialisti”, rivista di cui ricopre il ruolo di direttore per un po' di tempo, e su giornali di partito come “La Riscossa”, “l'Avanti” e “Dittatura proletaria”. In tutti questi numerosi articoli si oppone fermamente alla politica e al potere che viene esercitato dal Comune; un Comune attento unicamente agli interessi delle poche famiglie facoltose della zona, che lascia le borgate e le frazioni di tutto il territorio abbandonate a sé stesse, senza un intervento che possa risolvere gli svariati e annosi problemi della disoccupazione e del lavoro.
Fra il 1904 e il 1906 si reca prima a Milano e poi negli Stati Uniti d’America: durante questi soggiorni lavora come operaio in industrie importanti e prende contatto con le associazioni e i partiti che si pongono come obiettivo primario la tutela dei diritti dei lavoratori, per poter ampliare le sue conoscenze ed essere in grado di portare avanti le sue lotte nella tanto amata terra natale con più efficacia. Di ritorno dall’America, nel 1913, prende subito parte all’organizzazione di un grande sciopero contadino e per questo sarà arrestato. Il periodo di detenzione per fortuna è breve e, non appena terminato, Sebastiano torna immediatamente a dedicarsi all’attività politica, schierandosi pubblicamente contro l’ipotesi di un conflitto bellico. 
L’avvento della guerra è però vicino e viene così richiamato alle armi. Viene inviato in Cirenaica, una regione della Libia orientale, e qui Sebastiano non si smentisce, da persona attenta ai bisogni della popolazione e da buon maestro elementare qual è, fonda una scuola per i bambini arabi.

L'elezione a sindaco

Non appena finita la guerra rientra in Sicilia, dove riprende la sua fervente attività politica e il partito socialista decide di candidarlo a sindaco del suo paese d’origine. E così, il 3 ottobre 1920 Sebastiano viene eletto sindaco del Comune di Monte San Giuliano. È molto onorato di aver ottenuto la fiducia dai suoi concittadini, sente il peso della responsabilità che riveste e, perciò, svolge il ruolo da sindaco con rigore e impegno. Promuove azioni a tutela della popolazione contadina e degli artigiani, denuncia apertamente ogni atto di violenza compiuto dai mafiosi al soldo dei grandi latifondisti locali e si oppone con fermezza ai tentativi di coloro che in passato avevano amministrato il territorio e che ancora sedevano in Consiglio per far prevalere gli interessi particolari di poche influenti famiglie sull’interesse generale della popolazione. È determinato nel voler combattere ogni forma di ingiustizia e di sopraffazione, per realizzare una società più equa e dignitosa per tutti.

Il 10 giugno del 1922

Ma tutto questo impegno per la tutela dei più deboli, per liberarli dal potere e dalla sopraffazione dei latifondisti e dei mafiosi, la sua lotta per la giustizia sociale, non va giù alla mafia che il 10 giugno del 1922 mette in atto la sua vendetta. Sebastiano quel giorno sta rientrando da una riunione di giunta svoltasi a Monte S. Giuliano, in località Gianguzzo. Cammina tranquillamente, sta pensando alle prossime attività da svolgere e non può immaginare che, appostato dietro i rovi di una curva sulla strada che sta percorrendo per tornare a casa, si nasconde un killer pronto a fare fuoco. E così, quando Sebastiano percorre quella curva, quella mano spara due colpi di fucile che lo feriscono a morte. Per Sebastiano non ci sarà nulla da fare, morirà lì, all’età di 42 anni, con ancora tante idee e progetti da realizzare per generare bellezza nella sua terra.

Vicenda giudiziaria

Non è stato possibile individuare di chi fosse quella mano armata che quella sera ha sparato a Sebastiano uccidendolo, ma è stato possibile ricondurla con certezza a quei mafiosi che, già in passato, si erano macchiati di gravi violenze nell’agro ericino. È stato inoltre possibile affermare che, con molta probabilità, l’omicidio sia stato ideato con l’avvallo di esponenti di quei gruppi di potere locale che l’azione di Sebastiano stava evidentemente contrastando.

Lettera di Anita Bonfiglio, pronipote di Sebastiano

Memoria viva

Sulla storia di Sebastiano è stato scritto un libro, a cura di Salvatore Costanza e con il contributo del Comune di Valderice, per raccontare la sua storia e tenere viva la sua memoria.
Il nome di Sebastiano è ricordato insieme alle oltre 1000 vittime innocenti delle mafie che ogni anno in occasione del 21 marzo, la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, riecheggiano in tanti luoghi. Per noi Sebastiano ha un vero e proprio diritto al ricordo, un diritto che restituisce “dignità” a ogni nome che ricordiamo, che rappresenta la promessa a Sebastiano che non dimenticheremo la sua storia, i suoi progetti di vita, portando con noi i suoi sogni e rendendoli vitale pungolo del nostro impegno quotidiano.

La mafia uccide chiunque non faccia ciò che lei vuole. Adesso ho capito. Ho capito perché la mafia uccide anche sindaci, amministratori e pubblici funzionari: perché un bravo sindaco, un bravo amministratore conosce la differenza fra interesse generale e interessi particolari; perché un bravo sindaco, un bravo funzionario agisce, avendo come unico obiettivo il bene collettivo. La mafia è il contrario di tutto ciò: la mafia è prevaricazione, è violenza, è interesse di pochi a scapito del bene di molti.
Anita - pronipote di Sebastiano