Mario Scuderi nasce a Roma il 20 settembre del 1943. Studia presso i Salesiani e fa vita nel suo quartiere, il Tuscolano. Quando i suoi genitori si trasferiscono a Palermo ha circa 13 anni. Ama andare al mare a Mondello dove trascorre le vacanze con gli zii e i cugini.
Finiti gli studi, rifiutando di collaborare nella farmacia di famiglia, decide di fare l’agente di commercio. Intanto, tramite amici, ha conosciuto una giovane insegnante che abita non distante da casa sua. Dopo qualche anno di fidanzamento, Ina e Mario si sposano ed è il 1978 quando aspettano il primo figlio.
Il lavoro porta Mario a viaggiare tanto ed anche in prossimità delle vacanze di Natale è costretto a partire per portare il rendiconto delle vendite alla sua azienda a Milano.
È il 1978. Il mondo è diviso in due: da una parte l’Unione Sovietica, dall’altra gli Stati Uniti. L’Italia appartiene al Patto Atlantico e rientra nella sfera di influenza americana, sebbene abbia uno dei partiti comunisti più forti di tutto l’Occidente. Il nostro Paese attraversa i cosiddetti “anni di piombo”, con attentati, bombe e sequestri ad opera di estremisti neri e rossi. A maggio ci sono stati i due omicidi più eclatanti, quello del presidente della DC Aldo Moro a Roma e quello di Peppino Impastato a Cinisi.
Intanto, l’aeroporto di Palermo, stretto fra il mare e la montagna, su cui proprio Impastato aveva fatto gravi denunce, è una base USAF, possono cioè atterrare aerei militari statunitensi in mezzo al traffico civile.
23 dicembre 1978
La sera del 22 dicembre 1978 Mario è all’aeroporto di Fiumicino, sale a bordo del volo 4128 dell’Alitalia diretto a Palermo per tornare da sua moglie. A bordo ci sono altre 128 persone. Al comando c’è il torinese Sergio Cerrina, campione di volo - solo nell’ultimo anno è atterrato in quell’aeroporto 12 volte - ed è in possesso del brevetto speciale necessario per Punta Raisi nelle ore notturne. Il volo si svolge regolarmente e dopo 50 minuti di viaggio l’aereo si mette in posizione di avvicinamento. Mancano meno di quattro miglia quando inspiegabilmente sparisce dai radar. La torre di controllo non lo trova, sono dei pescherecci ad avvisare le autorità: un aereo spezzato galleggia in mezzo al kerosene a tre miglia dalla costa di fronte l’aeroporto. Ci sono tantissime persone che chiedono aiuto. I soccorsi ufficiali però non arrivano e i pescatori fanno salire a bordo più persone possibile, in tutto ventuno. Ventuno saranno gli unici a salvarsi ma Mario, 35 anni, non è fra questi.
Mio padre mi manca, si. Si può avere nostalgia per chi non si è mai conosciuto? Si, si può avere persino malinconia, anche se si tratta di un affetto mai provato.
L’unico battello funzionante in dotazione alla Capitaneria di Porto di Terrasini, deputata ai soccorsi aeroportuali, il Boston Whaler cp 5027, ha un motore fermo in revisione da due settimane e quando esce dal porto per prestare aiuto, il solo di cui dispone si guasta impedendo definitivamente all’imbarcazione di raggiungere il luogo della strage.
A coordinare le operazioni di soccorso è il giudice Signorino, come accaduto la notte del 5 maggio 1972, quando un Dc8 Alitalia si schianta su Montagnalonga (sopra l’aeroporto di Palermo) senza lasciare superstiti. La notte del 23 dicembre '78 Signorino da l’incomprensibile ordine ai pescherecci di sbarcare le persone salvate al porto di Palermo anziché al più vicino di Terrasini, allungando di 50 minuti il ritorno delle imbarcazioni sul posto.
Al loro arrivo, a questo punto, ci sono solo 14 cadaveri e nessun sopravvissuto delle decine di persone che erano rimaste a galleggiare aggrappate ai rottami, come da raccontano i testimoni. Mario, che è un esperto nuotatore, non c’è.
Signorino, protagonista anche delle indagini sulla morte di Peppino Impastato, sostenendo la tesi che il giovane attivista di Cinisi sia stato vittima di un attentato terroristico da lui stesso organizzato, si suiciderà nel 1993 dopo le accuse formulate da diversi pentiti di essere al soldo della mafia e di averne aggiustato i processi a favore.
Il relitto dell’aereo non viene localizzato per i cinque giorni successivi, nonostante i pescatori avessero ancorato sul posto una boa di segnalazione. Le operazioni di recupero, svolte dalla Marina Militare, portano a ripescare gran parte del velivolo il 15 gennaio 1979, ma solo alcuni dei 45 cadaveri – ripresi dai fotografi subacquei - che si trovavano all’interno vengono recuperati. Il 25 gennaio 1979, a distanza di meno di un mese dai fatti, il sostituto procuratore Vittorio Aliquò chiude ufficialmente le ricerche, suscitando le polemiche dei famigliari delle vittime, e dichiara ufficialmente disperse 17 persone. Fra queste c’è anche Mario Scuderi.
Vicenda giudiziaria
Per la strage di Punta Raisi del 23 dicembre ’78 vengono iscritti nel registro degli indagati: i piloti Sergio Cerrina e Nicola Bonifacio “per disastro aviatorio, omicidio e lesioni personali colposi plurimi”; Ugo Soro, “per avere, per colpa, consistente nell’avere omesso di pretendere e assicurare un efficiente servizio di soccorso a mare in prossimità dell’aeroporto di Punta Raisi da lui diretto, contribuito a cagionare la morte per annegamento di numerosi passeggeri (…) del volo AZ 4128”; Pietro Bonfiglio e Giovanni Carignano, precedenti direttori dell’aeroporto, “per avere omesso di pretendere ed assicurare un efficiente soccorso in mare”; Paolo Moci, “per avere, nella qualità di direttore generale dell’Aviazione Civile, omesso di pretendere che l’aeroporto di Punta Raisi fosse dotato di un efficiente servizio di soccorso in mare”; Davide Collini, precedente direttore generale dell’Aviazione Civile; Vincenzo Scotto e Egidio Chianese, per omissione di soccorso poiché si trovavano su un’imbarcazione vicina al luogo del disastro aereo ma non sono intervenuti.
La sentenza del 26 febbraio 1987 assolve tutti per non aver commesso il fatto loro contestato e condanna solo i due piloti, entrambi morti la notte della tragedia.
Secondo le carte processuali, quindi, si è trattato di un incidente causato da un errore umano a seguito di “una normale discesa planante”, che però si è conclusa non sulla pista ma “con arrivo in acqua, prima, della punta dell’ala destra, poi dei carrelli e dei piani di coda, e, subito dopo dell’ala sinistra, con immediato pattinamento del fondo della fusoliera sulla superficie marina, quasi di trattasse di un atterraggio. L’aeromobile, nell’urto con la superficie marina, riportò una serie di gravi danni”.
Memoria viva
La memoria della strage di Punta Raisi oggi è ancora viva soprattutto grazie all’impegno dei familiari delle vittime, come Cristina, figlia di Mario, che non ha mai smesso di chiedere verità e giustizia.
Ho imparato col tempo a nutrire e coltivare, seppur con difficoltà, la speranza; è successo dal primo incontro con don Luigi Ciotti, che con la sua vicinanza ha tolto quell’oblio e quel pudore personale che mi impedivano di parlare.
Nel 2019, a Torino, presso Binaria, il Centro commensale del Gruppo Abele, è stata realizzata una mostra fotografica sulla strage.
Nel 2021, i familiari delle vittime si sono riuniti assieme a Libera per piantare un albero di canfora al parco Uditore di Palermo dedicato alla strage, e per chiedere che venga fatta piena verità su quanto successo.
Il nome di Mario Scuderi viene letto pubblicamente ogni anno in occasione della Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, per non dimenticare la sua storia e quella delle altre 107 vittime della strage di Punta Raisi:
Giorgio Fasler, Ella Luginbuehl, Harry Jemis Mc Intosh, Roger Devienne, Aicha Firma, Michelangelo Ciranna, Giovanna Calabrese, Rosario Amata, Adele Ingegneri, Francesca Coppola, Francesca I. Greca, Renata Giovannelli, Felice Cassata, Giuseppe Giacalone, Federico Giacalone, Giacomo Scaccia, Nunzia Farina, Emilia Caruso, Paolo Di Mauro, Maria Concetta Finocchiaro, Basilio Graziano, Giuseppe Alia, Giuseppe Passanisi, Sebastiano Lia, Elisabetta Pizzuti, Marianna Stuppia, Angelo Russo, Andrea Scaglione, Max Reneman, Vincenzo Di Pisa, Pietro Monti, Mario Ripani, Claudio Giacalone, Mariliana Di Pisa, Angelo Di Nolfo, Sophia De Liver, Carmela Modica, Mattea Convissuto, Claudia Dell’Utri, Anna Anastasie, Carmelo Zocco, Vito Angelo, Simone Federico, Vincenzo Ferrante, Piromallo Iannitti, Vincenzo D’Afflitto, Michele Salerno, Angelo Lumia, Gaetano Leto, Rosina Borla, Paolo Rossi, Giovanni Pennisi, Antonio Sante Bortolozzo, Alfonso Strazzera, Calogero Giannilivigni, Giorgio Spadaro, Vincenzo Triolo, Rocco Vivona, Salvatore Mafara, Salvatore Tarantino, Silvia Dell’Utri, Dino Zanovello, Attilio Dell’Utri, Leonardo Marturano, Ottorino Zanovello, Sergio Cerrina, Nicola Bonifacio, Giovanni Pampinello, Giovanni Carboni, Dorti Dietschreit, Francesca Accardo, Elisa Messina, Adelina Vella, Natasha Mostacchio, Valery Faivre, Placido Petralia, Johanna Schimenger, Giuseppa Giudice, Luigi Anello, Giuseppina Rigano, Giuseppe Petralia, Salvatore Compagnino, Domenica Aprile, Leonildo Bocchino, Graziella Zito, Francesco Bellafiore, Petro Gaetano Lombardo, Vito Mangiaracina, Annalisa Bufacchi, Giuseppe Fiore, Nicolò Adamo, Sebastiano Mazza, Giosuè Vilardi, Maria Giuseppa Giacalone, Calogero Perrone, Luigi Toscano, Salvatore Greco, Francesco Natoli, Antonino Di Pino, Gennaro Bartolotta, Giuseppe Dolci, Letizia Rizzo, Sebastiano Giardina, Guido Melendez, Michele Gabriele, Angelo Romano, Marianna Pellicani.
L’emergere di zone d’ombra attorno al disastro aereo del 23 dicembre 1978 a Punta Raisi, nel quale persero la vita 108 persone, non può che lasciare sgomenti. È l’ennesima tragedia che, archiviata in prima istanza come frutto di errore umano, lascia intravedere invece cause di altro genere. Come è accaduto altre, troppe volte, nel nostro Paese. L’augurio è allora che la magistratura possa andare fino in fondo nell’accertare ogni responsabilità. In primo luogo, per il bisogno di verità dei famigliari delle vittime. Ma anche per quello di tutti i cittadini onesti che credono in una democrazia trasparente, incompatibile con le zone d’ombra o quelle mezze verità che offendono la verità non meno delle manipolazioni e dei silenzi.