Parole di memoria

21 marzo 2024. Nomi e storie da non dimenticare

21 marzo 2024. Nomi e storie da non dimenticare

Dal 1861 a oggi sono 1081 i nomi dell'elenco delle vittime innocenti delle mafie, che Libera cura da 29 anni. 1081 storie che ripercorrono tutta la storia d'Italia, dall'Unità fino all'anno scorso, dimostrando così che, almeno in alcuni territori, le mafie continuano a sparare.

I nomi inseriti quest’anno in elenco sono dodici. Dodici storie di cui siamo venuti a conoscenza grazie alle segnalazioni di tanti cittadini e cittadine, che scavando nella memoria dei propri territori, hanno contribuito a farle riemergere dall’oblio. Dodici storie che vogliamo raccontare brevemente, perché non si tratta solo di vicende familiari, ma di storie che ci parlano dei nostri territori, di violenze mafiose che hanno colpito non solo le vittime e le loro famiglie, ma l'intera comunità. 

Salvatore Di Stefano. Le tracce di questa storia si trovano nel Rapporto Sangiorgi, scritto dal Questore di Palermo tra il 1898 e il 1900. Di Stefano era un vaccaro di 18 anni. Fu ucciso il 21 luglio 1898, a Torretta (PA), perché testimone oculare di un omicidio di mafia.

Liborio Ansalone. Comandante dei vigili urbani di Corleone, nel 1926 partecipò alla retata del prefetto Mori, indicando al delegato le abitazioni dei mafiosi di Corleone. Una volta finita la guerra, nel 1945, Liborio Ansalone fu freddato al rientro nella propria abitazione da un sicario di Michele Navarra, celebre capomafia corleonese, memore dell’episodio del 1926.

Mario Scuderi. È una delle 108 persone che persero la vita nella strage di Punta Raisi del 23 dicembre 1978. Era sul volo di linea Alitalia 4128, partito da Roma Fiumicino e precipitato nel Mar Tirreno, qualche km a nord dell'aeroporto di Punta Raisi. Mario tornava dalla sua famiglia per il Natale, dalla sua compagna di vita, che in grembo portava la loro figlia, Cristina.

Gioacchino Rubino. Faceva il tassista. Fu ucciso il 9 aprile del 1979 a San Giuseppe Jato (PA), perché ritenuto in possesso di informazioni, proprio a causa del suo lavoro.

Giuseppe Napolitano. Aveva 52 anni quando venne trucidato, il 22 febbraio del 1991, a Messina, davanti al suo negozio di giocattoli che in precedenza era stato incendiato dal racket ben cinque volte. Ma lui aveva sempre detto no al pagamento della “protezione” e aveva rimesso in piedi la sua bottega di giocattoli.

Giuseppe Leone. Agricoltore e orchestrale di 63 anni. Fu ucciso nel 1991 a Surbo (LE) perché testimone di un delitto di mafia.

Giuseppe Torre. Appena 18enne, è stata torturato e bruciato nel febbraio del 1992, a Misterbianco (CT). I sicari del gruppo del Malpassotu (alias Giuseppe Pulvirenti, ormai scomparso) attirano il giovane fingendosi esponenti delle forze dell’ordine e poi lo sequestrano. Vogliono informazioni sul covo di Gaetano Nicotra, all’epoca latitante. Il rivale mafioso aveva una relazione con la madre di Torre, che però da tempo viveva con i nonni. Infatti, nemmeno le torture più strazianti portarono delle risposte. Giuseppe fu ammazzato nel modo più terribile. Bruciato in mezzo ai copertoni nella sciara etnea. Alcuni raccontano di aver visto i piedi muoversi. Forse quando è stato appiccato il fuoco era ancora vivo.

Rosario Adamo. Conosciuto da tutti come “Saro”, era il proprietario dell’omonima gioielleria sita in Rosolini (SR). Padre di tre figli, fu ucciso il 7 novembre 1994 da quattro giovani appartenenti ad un clan mafioso, durante un tentativo di rapina. La sua unica colpa fu quella di cercare di difendere ciò che di più prezioso aveva costruito in quegli anni: il suo lavoro e la sua famiglia. In particolare, cercò di proteggere la moglie che era stata aggredita, nel tentativo di rapina.

Giulio Giaccio. Due affiliati al clan Polverino sono stati arrestati 22 anni dopo per l’omicidio di Giulio Giaccio, ragazzo di Pianura (NA) di 26 anni, rapito ed ucciso barbaramente da camorristi per un mero errore di persona.Il giovane era stato scambiato per un altro uomo, che aveva una relazione con la sorella dei due killer.

Giuseppe Femia. Fu ucciso il 9 febbraio 2004 a Cittanova (RC), perché suocero di Girolamo Bruzzese, collaboratore di giustizia.

Berta Caceres. Attivista per i diritti umani ed ambientali della sua terra, è stata uccisa a Tegucigalpa, in Honduras, il 3 marzo 2016. Berta Cáceres faceva parte di una lista di obiettivi da eliminare nelle mani dell’esercito honduregno. La stessa Berta Cáceres, in passato, aveva segnalato più volte di essere stata oggetto di minacce di morte e di far parte di una lista nera nelle mani dello Stato a causa della sua opposizione alla costruzione della diga di Agua Zarca, ma questo non ha impedito alla Fuerza Nacional de Seguridad Interinstitucional Fusina di ucciderla. 

Francesco Pio Maimone. 18 anni, è stato ucciso da un colpo di pistola vagante il 20 marzo 2023 agli chalet di Mergellina, sul Lungomare di Napoli. Il gip del Tribunale di Napoli, su richiesta della Dda partenopea, ha disposto il carcere per quattro ragazzi, mentre per tre ragazze sono stati disposti gli arresti domiciliari. Sono accusati, a vario titolo, di detenzione di armi comuni da sparo e favoreggiamento, reati aggravati anche dalle modalità mafiose.