Parole di memoria

Un ricordo "al plurale". Giovanni Damiano ricorda suo padre

Un ricordo "al plurale". Giovanni Damiano ricorda suo padre

di Giovanni Damiano, figlio di Amedeo

Mio padre Amedeo non è un ricordo “al singolare”, bensì è un ricordo “al plurale”. 
Quando penso a lui sopraggiunge infatti nella mia mente un susseguirsi di fotogrammi, in un disordine che ormai conosco bene. 
E lui, mio padre - che per me bambino era il mio eroe, il mio gigante buono - ha contorni molto nitidi, ben delineati nella mia mente. 
Papà che ci aspetta davanti alle scuole con la cinquecento gialla, ma anche papà che torna dal lavoro vestito elegante; oppure papà in vacanza al mare che ci traghetta sul canottino verde; e ancora papà, con la mamma e noi piccoli, ai pranzi chiassosi delle feste. 
Certe volte poi il ricordo di lui è fatto di dettagli: le sue mani grandi, o il suo sorriso di uomo buono. A volte basta davvero poco: un odore o un profumo famigliare per farlo comparire dal nulla.  
Ma a volte arrivano immagini ben diverse: quelle di papà in un letto d’ospedale a Saluzzo, spaventato, umiliato, ferito a morte. O papà chiuso in una cassa portata a spalle verso la chiesa, in una città silenziosa e attonita. 
A volte penso che di fronte a vicende tristi come questa, nella gestione di questi ricordi, si sia chiamati a scegliere tra due percorsi diversi. Il primo è quello di buttare via tutto, di cancellare, di radere completamente al suolo la memoria di chi non c’è più. 
Oppure si può tenere stretto quest’ insieme di immagini, convivendoci, facendole diventare in qualche modo amiche. 
Io ho scelto la seconda strada e questo mi ha procurato gioia e dolore allo stesso tempo. 
Un dolore intimo e profondissimo. Ma anche una gioia uguale e contraria, altrettanto intima e profondissima. 
Dietro questi nomi, dietro i nomi di Bruno, di Carlo Alberto e da oggi anche di Amedeo come di tanti altri, ci sono infatti storie di dolore, di annientamento e di lutto, ma ci sono anche storie di vita, fatte di abbracci, di tenerezze, di mare, di musiche e di pranzi chiassosi. 
Questa parte del ricordo di mio padre è per me – e forse un po’ per tutti noi oggi – il tesoro più prezioso, che stringo a me ogni notte.