Al posto giusto!
di Daniela Marcone
Noi non conosciamo la famiglia di Matteo Di Candia, eppure per noi il giorno in cui è stato ucciso è ogni anno l'occasione per ricordare, a noi stessi e a chi vuole ascoltarci, che nessuna vittima innocente delle mafie si trovava al posto sbagliato e nel luogo sbagliato quando la sua vita è cessata a causa di un atto di violenza estrema.
Matteo, il 21 settembre del 1999, stava festeggiando il suo onomastico presso il bar Elia di Foggia. In tranquillità, con qualche amico, forse stavano parlando della partita o di qualche piccolo problema di salute. Matteo aveva 62 anni ed era in pensione. Una sventagliata di colpi, da parte di qualcuno che doveva uccidere un altro avventore, appartenente con tutta probabilità alla batteria (clan) avversa, lo uccide.
I giornali dell'epoca titolarono "Matteo Di Candia, pensionato, ucciso per essersi trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato". Erano altri tempi, per me i tempi più terribili e bui del mio personale dolore. Leggere quella frase mi impensierì. Certo, era un modo di dire piuttosto diffuso ma mi trasmetteva un malessere profondo, che non avevo gli strumenti di comprendere. In questi 20 anni abbiamo avuto il tempo di riflettere e ritenere che quella frase addossa alla vittima una colpa, inconsapevole ma evidente: quella di non essere altrove e in un altro tempo. Eppure Matteo era nel tempo della sua vita, nel tempo di un piccolo festeggiamento tra amici, in un luogo che gli era familiare. Al posto sbagliato è sempre e comunque chi uccide senza pietà, colpendo la famiglia della vittima e un'intera comunità. Ecco perché abbiamo accolto con emozione la scelta dei compagni di percorso dell'Auser Foggia, ossia di voler intitolare una sala della loro sede a Matteo Di Candia. Motivando la scelta così: “Quello di essere al posto sbagliato nel momento sbagliato è un cliché che accompagna ancora troppo spesso i nomi di molte vittime innocenti della mafia, uccidendole due volte, quasi a trasformare in una colpa il vivere la vita, semplicemente. Restituire dignità a chi era invece nel posto giusto al momento giusto significa oggi immaginare che a quel tavolo possa esserci ognuno di noi immerso nella propria quotidianità, dalla quale è possibile estromettere la criminalità organizzata se solo, insieme, decidiamo tutti di stare dalla parte giusta”.
Domani sarebbe bello essere in tanti.