2 ottobre 2003
Bari (BA)

Gaetano Marchitelli

È un ragazzo semplice, sempre solare, con uno splendido sorriso stampato sul volto, rispettoso e con la testa sulle spalle. Affascinato dai cavi elettrici, con il sogno di poter studiare ingegneria elettronica.

Gaetano Marchitelli nasce a Bari il 19 giugno del 1988. Cresce nel quartiere Carbonara, quartiere della periferia di Bari, dove vive assieme ai suoi genitori.  All’età di 15 anni decide di cercare un piccolo lavoretto per non dover gravare sulla sua famiglia per mantenersi negli studi e permettersi le sue passioni. Gaetano è affascinato dall’ingegneria elettronica, sogna di poter studiare, imparare e poi lavorare in quel settore. Ama trascorrere interi pomeriggi ad armeggiare con i fili elettrici e intrecci di cavi. Ogni cavo per lui ha un collegamento e guardandoli si ritrova immerso nei suoi sogni, dove si vede già grande, all’università, con una laurea tra le mani. Papà Vito quasi non ci crede che proprio suo figlio, un ragazzo umile figlio di quel quartiere, possa conseguire una laurea. Ma anche lui si ritrova spesso a sognare quel momento perché sa quant’è grande la passione di Gaetano e quante volte lo trova con gli occhi raggianti a sistemare un motorino, un elettrodomestico, un qualsiasi oggetto che in casa non funziona più bene.
È un ragazzo normale Gaetano, un adolescente legato ai suoi genitori, che ama incontrarsi con i suoi compagni per far due passi o tirar due calci a un pallone. Un ragazzo che comprende già appieno l’importanza del lavoro, del sacrificio e che per questo ogni sera, dopo scuola, va a lavorare in una pizzeria, fiero di riuscire a guadagnarsi quella piccola paga che gli permette di non gravare troppo sulla sua famiglia. È un quindicenne come tanti, solare, pieno di vita, con tanta voglia di guardare al futuro e tante speranze da realizzare.

Una guerra senza regole

Ma questa serenità verrà improvvisamente stravolta la sera del 2 ottobre del 2003. Sembra un giorno come tanti altri, Gaetano sta lavorando in pizzeria, come tutte le sere, quando all’improvviso succede l’inimmaginabile: sono appena passate le 23 quando un commando, a bordo di un'auto, spara all'impazzata contro un gruppo di ragazzi fermi davanti alla pizzeria. Una pioggia di proiettili inizia a piombare dappertutto, in pochi attimi si scatena il caos: urla, grida, ognuno prova a mettersi al riparo come può, a scappare, ma qualcuno è rimasto a terra. È Gaetano, colpito alla schiena da uno di quei colpi destinati ad altri e che non gli lascia scampo; muore lì, sul colpo. Nell’agguato rimane ferito anche un altro ragazzo, amico di Gaetano, Mario Verdoscia, la cui vita, a causa del gravissimo trauma subito, non sarà mai più la stessa.
C'è sangue dappertutto, in strada, nella pizzeria, sui muri e la frase che si ripete sulla bocca di tutti gli accorsi sul luogo dell’accaduto è sempre la stessa: "Volevano uccidere Abbinante, quel povero ragazzo non c'entrava niente!”. Si sta infatti combattendo a Bari una guerra senza regole tra i clan per il controllo del territorio legato al traffico di droga, si spara a qualsiasi ora del giorno o della notte, incuranti dell’incolumità di chiunque si trovi nella traiettoria dei colpi, siano essi uomini, donne o bambini.
La vita di un ragazzo di appena 15 anni viene così tragicamente stroncata da una raffica di proiettili in una comune sera di ottobre. Gaetano è vittima innocente di un agguato della criminalità organizzata barese; la sua unica “colpa” quella di trovarsi in quella pizzeria in quel momento, come se fosse poi una colpa lavorare nel proprio quartiere.
L’uccisione di Gaetano provoca un dolore lancinante ai suoi genitori, una ferita aperta che mai si rimarginerà, ma seppur nella fatica di una privazione affettiva senza pari, Francesca e Vito trovano la forza per impegnarsi quotidianamente affinché il loro Gaetano non sia dimenticato e la sua morte ottenga piena giustizia. Per loro questa morte assurda non deve essere un affare esclusivo delle Forze dell’Ordine, della Magistratura e della stampa, bensì deve coinvolge l’intera città di Bari che ha il dovere di tramutare il ricordo in impegno, per riappropriarsi del diritto di camminare, lavorare e vivere sicuri nel proprio quartiere e nella propria città.

Intervista a Vito Marchitelli e Francesca Maggi, genitori di Gaetano Marchitelli

Vicenda giudiziaria

Dai racconti dei presenti si ricostruisce che gli obiettivi della sparatoria, i fratelli Michele e Raffaele Abbinante, hanno usato Gaetano come scudo umano per pararsi dai colpi. Per l’omicidio di Gaetano sono stati condannati i due sicari e l’uomo che era alla guida dell’auto.

La vita di Gaetano è stata spezzata nel 2003, all’età di 15 anni, per mano di uomini – alcuni non molto più grandi di lui – che non hanno mai compreso il vero senso della vita. Uomini in cerca di facili profitti da guadagnare illecitamente spacciando droga e trasformando le piazze e le strade della loro città in luoghi di terrore, dove comandare e dettare legge sopprimendo le libertà e i diritti degli altri. La storia di Gaetano offre spunti di riflessione a tutti quei giovani che si accingono a capire quali siano i valori su cui si fonda la dignità umana e che uniscono le persone di una comunità.
Desirèe Digeronimo - PM nel processo per l’omicidio di Gaetano

Memoria viva

Alla sua memoria è intitolato il presidio di Libera di Cassano delle Murge (Bari) e un vino prodotto dalla “Cooperativa sociale terre di Puglia - Libera terra”, che opera su terreni sottratti alla criminalità organizzata a Mesagne.

Un nome, una storia - Presidio di Libera Chieti "Attilio Romanò". Mi chiamo Gaetano Marchitelli