Florian Mesuti, da tutti chiamato Flori, nasce a Durazzo, in Albania, da una famiglia umile.
È un bambino vivace e ha un rapporto speciale con sua sorella Brucela. I suoi genitori, seppur nelle difficoltà economiche, cercano di fargli vivere un’infanzia serena e soprattutto gli trasmettono tanto amore e rispetto per il prossimo; gli insegnano a essere riconoscente per qualsiasi cosa e a non lamentarsi per le cose che non vanno, ma a rimboccarsi le maniche per provare a cambiarle. Fanno dei sacrifici per permettere a lui e a Brucela di studiare e formarsi, consapevoli dell’importanza dello studio.
All’età di 15 anni Flori incontra una ragazzina, Matilda, di cui resta affascinato. I due si conoscono e si piacciono sin da subito. Flori con lei condivide pensieri e progetti: è l’amore della sua vita, la donna che sente di volere sempre al fianco, con lei vuole costruire una famiglia.
Il viaggio verso l'Italia
Siamo nel 2000 e questi sono ancora anni difficili per l’Albania, c’è poco lavoro e l’Italia viene vista come la terra promessa, una terra in cui poter trovare un lavoro e avere un futuro sereno, ed è per questo che Flori decide di partire alla volta dell’Italia. Raggiungerà sua sorella Brucela che vive a Bari da alcuni anni, vivrà da lei, cercherà un lavoro e, appena possibile, farà trasferire anche la sua amata, così finalmente potranno sposarsi e allargare la famiglia. Flori, che è un bravo ragazzo e soprattutto un gran lavoratore, si dà subito da fare per trovare un impiego. Accetta qualsiasi lavoro gli venga proposto perché per lui ciascun lavoro ha una sua dignità, l’importante è comportarsi bene, lavorare onestamente, essere gentili con i colleghi e ricevere una retribuzione dignitosa che gli permetta di coronare i suoi sogni. L’Italia però non è la terra promessa immaginata e Flori, pur di lavorare, è costretto ad accettare di lavorare per 5€ all’ora, senza contratto e senza diritti; si spacca la schiena sui cantieri, a fare le pulizie, nei ristoranti, ovunque sia possibile. Fa anche due lavori contemporaneamente perché vuole mandare ai suoi genitori, rimasti in Albania, dei risparmi, per ricompensarli e ringraziarli per tutti i sacrifici che hanno fatto per lui. A modo suo Flori è felice così, non si lamenta perché guarda sempre avanti, è speranzoso. Quando torna a casa, nonostante la stanchezza trova sempre le forze per giocare con la sua adorata nipotina a cui è legatissimo, la coccola e la riempie di attenzioni, è la sua principessina. Le manca la sua amata Matilda ma si dice che è solo una questione di tempo, presto potranno ricongiungersi e vivere insieme per tutta la vita.
Scorrono così le giornate di Flori, tra tanto lavoro, l’amore di sua sorella e della sua nipotina e, soprattutto, i suoi tanti sogni e progetti che pian piano prendono vita. Sì perché dopo anni di lavoro finalmente la giovane coppia riesce a fissare la data per il loro matrimonio rendendo così sempre più vicino il sogno di allargare la famiglia. La data scelta è il 31 dicembre 2014, in Albania. Fervono i preparativi tra le prove degli abiti, gli inviti ai familiari e amici e la scelta della sala. Desiderano tanto che sia una grande festa. È ormai quasi tutto pronto e nessuno può immaginare che quel 29 agosto dello stesso anno qualcosa di terribile sarebbe successo, cambiando per sempre il destino di Flori, della sua promessa sposa e di tutta la sua famiglia.
Il 29 agosto 2014
In quel pomeriggio caldo di fine agosto Flori sta passeggiando per il quartiere Libertà di Bari, sta andando a trovare degli amici. È immerso nei suoi pensieri quando si accorge che lì, proprio a due passi da lui, vicino alla Chiesa del Redentore, c’è una lite accesa e violenta: un ragazzino e sua mamma sono aggrediti da un gruppo. Flori non ci pensa due volte, si avvicina e interviene per difendere la donna e il ragazzino, si mette in mezzo, li separa, e dà uno schiaffo al ragazzo che stava aggredendo con violenza gli altri.
Dopo aver sedato la lite, Flori si allontana e si dirige in compagnia di una sua amica verso un bar della zona. Non sa, e non può certo immaginare, che il ragazzino che ha rimproverato maggiormente e a cui ha imposto di fermarsi, dandogli anche lo schiaffo, è figlio del boss Lorenzo Caldarola, membro del clan Strisciuglio e suo referente nel quartiere Libertà di Bari. Un affronto da punire con il sangue.
Il ragazzo schiaffeggiato chiama alcuni parenti, raccontando quello che è successo e immediatamente si mette in moto la macchina della vendetta. Così, poco dopo, in tre e armati, raggiungono Flori all’esterno del bar. Lui si accorge dell'arma e tenta la fuga, ma riuscirà a fare solo pochi metri: vengono subito sparati almeno tre colpi, uno dei quali, al torace, gli sarà mortale. Morirà poco dopo, all’età di 24 anni, durante il trasporto in ospedale; ucciso per aver “oltraggiato” il figlio del boss. Chi ha sparato lo ha fatto con la chiara intenzione di uccidere: le mafie vivono di segnali e simboli e questa “punizione” esemplare doveva essere vista in tutto il quartiere come il segno del potere della famiglia mafiosa, a cui nessuno può opporsi o mancare di rispetto.
Matilda arriverà così per la prima volta in Italia per il funerale del suo amato. Flori le aveva raccontato che sarebbe stato un paradiso, le aveva raccontato della loro nuova casa che stava preparando, le aveva raccontato del lungomare in cui avrebbero fatto delle romantiche passeggiate al calar del sole, della loro nipotina che cresceva sempre più in fretta e sempre più bella. I loro tanti sogni e progetti si spezzarono bruscamente in quel pomeriggio di agosto.
Prima dell'ultimo viaggio di Flori per ritornare a Durazzo, la famiglia ha voluto che la salma sfilasse per le strade del quartiere Madonnella, dove il giovane viveva con la sorella. Al fianco della famiglia le istituzioni e la città di Bari, che ha voluto reagire e dimostrare da che parte stare. Un corteo che ha accompagnato la bara circondata da tanti palloncini bianchi.
Ma è anche la città che deve reagire. Non possiamo continuare a subire tutto questo. Non possiamo convivere con queste persone come se nulla fosse, li conosciamo, sappiamo chi sono, abitano nella porta accanto alla nostra e li salutiamo quando li incontriamo. È arrivato il momento di dire basta, di puntare il dito contro queste persone, si devono vergognare, devono sentire il peso dei nostri sguardi. Sguardi che devono toglierli la pelle dal corpo. Solo così riusciremo a liberare la nostra città da queste persone piccole che si sentono grandi e pensano di avere potere solo perché hanno una pistola in tasca. Io voglio dire basta e spero che tutti i baresi scelgano di dire basta insieme a me.
Vicenda giudiziaria
Gli inquirenti riescono subito a scoprire che il killer è il fratello più grande del ragazzo schiaffeggiato; è il ventiduenne Francesco Caldarola. Il giovane, ricercato sin dal giorno del delitto si presenta in Questura pochi giorni dopo ma, interrogato dal PM, si avvale della facoltà di non rispondere.
A seguito del processo celebrato con il rito abbreviato, Francesco Caldarola è stato condannato per il reato di omicidio volontario, porto e detenzione di arma da fuoco, a 18 anni di reclusione. Tale pena è stata poi ridotta, in sede di Appello, a 14 anni di reclusione, in quanto gli sono state riconosciute le attenuanti generiche.
Per il fratello di Francesco, all’epoca dei fatti 15enne, accusato di concorso in omicidio è attualmente in corso un altro procedimento, pendente dinanzi al Tribunale per i Minorenni di Bari. Stando alle indagini della Squadra Mobile, sarebbe stato proprio lui a istigare il fratello Francesco a commettere l’omicidio di Flori.
Memoria viva
Il nome di Flori è ricordato insieme alle oltre 1000 vittime innocenti delle mafie che ogni anno in occasione del 21 marzo, la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, riecheggiano in tanti luoghi. Per noi Flori ha un vero e proprio diritto al ricordo, un diritto che restituisce “dignità” a ogni nome che ricordiamo, che rappresenta la promessa a Flori che non dimenticheremo la sua storia, i suoi progetti di vita, portando con noi i suoi sogni e rendendoli vitale pungolo del nostro impegno quotidiano.
Si sarebbero dovuti sposare il 31 dicembre di quest'anno, in Albania, e sarebbe stata una grande festa. Poi Florian avrebbe voluto portarla qui in Italia, insomma lui voleva un futuro con lei, con noi, qui. Ma prima di ogni cosa aveva bisogno di un lavoro. Voleva una famiglia, una casa loro, ma serviva un'indipendenza. In questi anni si era arrangiato tanto, aveva fatto qualsiasi cosa, anche per cinque euro all'ora, muratore, assistente, tutto. Sono convinta che se qualcuno gli avesse chiesto, esprimi un desiderio lui avrebbe risposto: un lavoro, punto e basta.
…
So che il sindaco ha parlato di Florian, sono contenta, io certo che voglio giustizia, ma in realtà io vorrei mio fratello, ecco non avrei voluto buttare la fede nella sua bara ma avergliela vista al dito.