Rossella Casini nasce a Firenze il 29 maggio del 1956. Suo padre, Loredano, è un dipendente della Fiat e la madre, Clara, sta a casa e si prende cura della famiglia e della loro unica figlia. E’ bella Rossella, un viso dolce e uno sguardo che penetra, che cerca di leggere chi ha davanti a sé. Dopo la maturità all’istituto Magistrale “Capponi” di Firenze, Rossella decide di continuare gli studi e si iscrivere all’Università di Firenze, scegliendo il corso di laurea in psicologia.
Vive sempre con i suoi genitori in via Borgo La Croce, a pochi passi dallo storico mercato di Sant’Ambrogio. E’ un’antica palazzina del ‘400, costruita per accogliere i poveri e gli infermi e poi diventò tristemente conosciuta perché per secoli divenne l’ultima sosta dei condannati a morte, prima di raggiungere la piazza in cui avvenivano le esecuzioni. Finché la pena di morte venne abolita in Italia.
L’incontro con Francesco
In quella stessa palazzina abitano degli studenti fuori sede, chissà quante volte Rossella gli avrà incrociati per le scale, scambiandosi veloci saluti di cortesia. Tra di loro, Rossella rimane colpita da uno studente di Economia dell’Università di Siena. Francesco è originario di Palmi, in Calabria, ed è sempre gentile ed educato con lei. Pian piano si innamorano e iniziano a frequentarsi sempre più spesso e a credere di poter costruire insieme una famiglia. E’ il 1977. In Italia il movimento di contestazione vede un aumento della violenza politica, nasce il movimento femminista e Vasco pubblica il suo primo singolo, una canzone dedicata al senso della vita e delle cose per cui vale la pena battersi.
E Rossella capisce che l’amore per Francesco è forte ed è sincero e ne vale la pena. E così Francesco conosce i genitori di Rossella. Sono felici Loredano e Clara di vedere la loro unica figlia diventare donna e innamorarsi. La relazione diventa seria e così quell’estate i coniugi Casini partono per la Calabria insieme a Rossella e a Francesco per conoscere la sua famiglia.
Durante quella breve vacanza, le due famiglie sembrano condividere la scelta dei rispettivi figli, anche se ciò a cui assistono per le strade di Palmi, lascia inquieti i genitori di Rossella. Infatti, il 1977 è anche l’anno in cui tra le strade del piccolo paese della Piana di Gioia Tauro scoppia una tremenda faida tra due clan di ‘ndrangheta rivali, quello dei Condello – Parrello e quello dei Gallico - Frisina, che durerà fino al 1990, lasciando a terra decine di morti. Ma né i coniugi Casini né Rossella sono ancora consapevoli di essere finiti in un gioco più grande di loro.
Rientrano a Firenze e Rossella e Francesco continuano a frequentarsi per tutto l’anno successivo.
Una famiglia di ‘ndrangheta
L’estate del 1979, Rossella torna in Calabria solo insieme alla madre questa volta. Sono arrivate da poco, giusto il tempo di ambientarsi al caldo dell’estate calabrese e di godersi un po' di mare, le acque cristalline della costa tirrenica riempiono gli occhi di una bellezza unica. E’ il 4 luglio del 1979 che Rossella comprende la vera natura della famiglia di Francesco. Quel giorno suo padre, Domenico Frisina, è ucciso mentre si trova in contrada Pirara di Palmi. Rossella e sua madre si ritrovano catapultate in un’altra realtà che non conoscono. Le parole faida, vendetta, omicidio non fanno parte della loro vita, ma ci si ritrovano a fare i conti. Forse Rossella ha capito qualcosa di più, forse Francesco si è confidato con lei. Non ci pensa due volte, chiede alla madre di andare via, di tornare a Firenze, mentre lei decide di rimanere al fianco del suo Francesco in un momento così doloroso. E lo fa per diversi mesi, finché non si convince a rientrare nella sua città per rimettersi a studiare e non perdere interamente il semestre. Così prende il treno e parte per tornare a casa sua. Mentre si trova nella stazione di Roma per effettuare il cambio del treno, telefona al suo Francesco che è rimasto invece a Palmi. Così scopre che la sera prima, il 9 dicembre, Francesco è stato ferito con un colpo di pistola alla testa nel corso di un agguato contro la ‘ndrina rivale. E allora quel treno per Firenze Rossella decide di non prenderlo, ma di tornare subito in Calabria, raggiungere il suo Francesco ricoverato in gravissime condizioni agli Ospedali Riuniti di Reggio. E resta al suo fianco per i mesi successivi, finché Francesco non esce dal coma e lo convince a farsi trasferire all’ospedale Careggi di Firenze, dove è convinta che riceverà cure migliori. Ma non è solo questo il motivo che la spinge. Rossella ha capito che deve allontanarlo da quella vita, da Palmi, dalla sua famiglia per far sì che non diventi la prossima vittima. Che l’unico modo che ha per fargli cambiare vita e salvarlo, è questo.
Non è sola. C’è un poliziotto al quale Rossella ha confidato tutto ciò che sa e conosce sulla famiglia di Francesco e piano piano riesce a convincere anche Francesco a fidarsi del poliziotto. Mentre è ancora ricoverato in ospedale, Francesco inizia a collaborare e a raccontare particolari sulla faida in corso a Palmi, a fare chiarezza su una serie di omicidi. Il 14 febbraio del 1980, Rossella stessa testimonierà davanti al procuratore fiorentino Francesco Fleury, rilasciando le sue dichiarazioni. L’indagine è subito trasmessa alla Procura di Palmi e la famiglia Frisina è informata di ciò che sta succedendo. Quella ragazza così diversa da loro, così libera, sta avendo una cattiva influenza su Francesco. Il 22 febbraio del 1980 viene intercettata una conversazione telefonica del cognato di Francesco, Pino Mazzullo, marito di sua sorella Concetta che dice che la ragazza “Ci ha inguaiati tutti!” e convince Francesco a raggiungerlo a Torino e a ritrattare. Ma tre giorni dopo vengono entrambi arrestati.
Rossella capisce, ma non si arrende. Ha paura. Suo padre ha trovato una lettera anonima sull’auto di sua figlia in cui viene minacciata. E’ preoccupato, cerca di proteggere sua figlia. Ma Rossella ama Francesco e non vuole rinunciare a lui. Inizierà a fare la spola tra Firenze e la Calabria per tutti i mesi successivi. Cerca in tutti i modi di andare incontro alle richieste della famiglia di Francesco, è consapevole che i rapporti sono ormai incrinati. Sono i primi mesi del 1981 e Rossella è in Calabria. In quelle settimane cerca di mantenere un rapporto telefonico costante con il padre, in cui gli lascia intendere che la situazione è complicata e che i rapporti con la famiglia del suo fidanzato non sono più tanto buoni. Promette al padre che presto rientrerà a casa, ha un appuntamento con un giudice e una volta sbrigata questa faccenda, avrebbe preso il primo treno. Il 21 febbraio del 1981, infatti, Rossella si reca dal giudice del Tribunale di Palmi e firma un memoriale, sicuramente preparato dall’avvocato della famiglia Frisina, in cui ritratta tutte le sue dichiarazioni.
E’ convinta che facendo in questo modo, la famiglia del suo fidanzato l’avrebbe perdonata. Ma non è così. L’ordine è già partito “Uccidete la straniera” è la sentenza di morte che la ‘ndrangheta ha emesso nei suoi confronti. E’ un’offesa quella che ha fatto Rossella, che nulla sa e nulla conosce della loro terra, e che va lavata con il sangue. Ha osato rompere il muro di omertà e convinto un membro della famiglia a parlare con il nemico, lo Stato.
Il 22 febbraio del 1981
Il pomeriggio del 22 febbraio del 1981 è l’ultima volta che Loredano sente per telefono la voce della figlia. Gli fa capire che non si trova più a casa dei Frisina, ma da alcuni amici nei pressi della Tonnara di Palmi. Sta preparando le valigie, così dice al padre ed è pronta a partire per Firenze.
Dopo quell’ultima telefonata di lei non si saprà più niente, per anni. Aveva 25 anni e una vita davanti a sé che non le è stato permesso vivere.
Invano il padre Loredano e la madre Clara cercheranno in tutti i modi di scoprire cosa sia successo alla loro unica figlia. La madre morirà pochi anni dopo a causa del dolore. Suo padre avrà appena il tempo di sapere che sta per iniziare un processo per l’omicidio di sua figlia. Una mattina di luglio del 1994, Loredano Casini legge il quotidiano di Firenze, La Nazione, e scopre che un collaboratore di giustizia ha raccontato ai magistrati ciò che sa su Rossella. Scopre così che sua figlia è stata uccisa e fatta a pezzi senza che lo Stato e chi lo rappresenta abbia pensato che forse un padre ha diritto di scoprire in un altro modo la sorte della figlia.
Vicenda giudiziaria
Il processo per l’omicidio di Rossella si apre nel marzo del 1997, grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Lo Vecchio, un palermitano che aveva trascorso la sua latitanza a Palmi sotto la protezione dei Gallico negli anni della faida. E’ lui a raccontare che Rossella è stata torturata, uccisa e il suo corpo fatto sparire. Racconta i retroscena e il tentativo di depistaggio da parte della famiglia Frisina, che cerca di addossare la colpa della sparizione di Rossella alla ‘ndrina rivale dei Condello. Racconta dell’assenso dato all'omicidio della donna anche da Francesco Frisina, all’epoca ricoverato nel Centro clinico di Messina.
Il processo subisce diversi rinvii per questioni procedurali, si concluderà soltanto nel maggio del 2006 quando la Corte d’Assise di Appello del Tribunale di Palmi emetterà la sentenza. Tutti gli imputati assolti per insufficienza di prove.
Il suo corpo non è mai stato ritrovato.
Il movente che Concetta Frisina (sorella di Francesco) aveva per fare uccidere la futura cognata è imponente, mastodontico, innegabile. Rossella Casini, in una paradossale lettura dei fatti in cui i valori sociali si ribaltano, era colei che aveva gettato il disonore sulla “onorata” famiglia Frisina...
Una famiglia non solo “in odore di mafia”, ma la cui appartenenza associativa è già stata acclarata da accertamenti giudiziari che hanno l’autorità di giudicato... Una famiglia di cui la professoressa Frisina ha recepito senza sbavature e senza défaillances ogni insegnamento, primo fra tutti quello dell’omertà.
Memoria viva
Con la morte di Loredano, la storia di Rossella finisce nell’oblìo e per anni non si saprà neanche che volto avesse questa ragazza coraggiosa che da sola aveva osato sfidare la ‘ndrangheta. Ma non la sua storia.
Giusi Salis e Fiamma Negri, con la loro Fabbrica dei Racconti e della Memoria, si misero sulle sue tracce e hanno realizzato un’opera teatrale “Ultimo domicilio sconosciuto”. La scrittrice Francesca Chirico ne ha parlato nel suo libro “Io parlo. Donne ribelli in terra di ‘ndrangheta” del 2013.
Un appello lanciato da Libera Toscana in occasione della Giornata della Memoria e dell’Impegno del 2013 celebrata a Firenze, ha fatto sì che si ritrovasse una fotografia di Rossella e permettere a tutti di conoscere il suo volto. Una fototessera in bianco e nero del suo libretto universitario ha restituito un volto alla storia di questa giovane donna che ha creduto fino alla fine nell’amore e nella giustizia.
Nel 2014 Repubblica ha pubblicato la web serie "Verso il domicilio sconosciuto" della giornalista e documentarista Emanuela Gasbarroni che racconta la storia di Rossella.
I presidi di Libera a Palmi, a Viareggio, a Castagneto Carducci e a Pavia sono dedicati alla sua memoria.
Così come lo è la UniRiMi (Università della Ricerca, della Memoria e dell’Impegno) a Limbadi, che ha sede in un bene confiscato alla ‘ndrangheta.
In occasione della festa della Repubblica del 2019, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha insignito Rossella della Medaglia d’oro al valore civile.
Studentessa universitaria fiorentina, legatasi sentimentalmente a un uomo rivelatosi successivamente esponente della malavita calabrese, pur consapevole dei gravi rischi, lottò tenacemente per convincere il fidanzato a troncare ogni legame con il mondo criminale, rivelando all’Autorità giudiziaria quanto appresso dallo stesso sulla cosca di appartenenza.