Mariangela Ansalone nasce a Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria, nel 1989, da mamma Francesca e papà Basilio che di lavoro fa il camionista. Sedici mesi più tardi nascerà un fratellino, Giuseppe, al quale Mariangela è fortemente legata. Ha anche un altro fratello più grande, Alessandro, con cui si diverte a giocare. Sono una famiglia perbene, semplice e onesta e la loro è una vita piena e serena.
Mariangela frequenta la scuola elementare, fa la classe terza e va nella sezione C. In classe viene soprannominata dai compagni “la piccola infermiera”, perché appena qualcuno di loro sta male lei va subito a trovarlo e poi riferisce alle maestre le condizioni di salute dei suoi compagni ammalati . È una bambina premurosa, disponibile e aiuta sempre tutti. È anche riservata, ma è sempre allegra e sorridente. È amica di tutti, un posto speciale nel suo cuore lo occupa Francesca, che si chiama come la sua mamma, ed è la sua migliore amica e compagna di banco.
Mariangela è molto brava a scuola, le piace studiare e segue tutte le lezioni con grande attenzione e curiosità.
L’8 maggio del 1998
Mariangela si sta preparando per il giorno della festa della mamma: sta scrivendo una poesia piena d’amore che vuole leggerle il 9 maggio, giorno della festa.
Stringimi forte al cuore
io sarò il tuo cielo azzurro
tu sarai la mia stella.
Il venerdì 8 maggio del 1998, il giorno prima della festa, Mariangela ha un appuntamento importante: ci sono i colloqui a scuola con le famiglie. Così, il pomeriggio, con mamma e il fratellino Giuseppe va a scuola. Le maestre sono molto felici del suo andamento scolastico e anche del suo comportamento in classe. Mamma Francesca ha avuto grandi soddisfazioni e Mariangela si fa rossa sulle guance, un po’ per la timidezza e un po' per il piacere di sentirsi lodata dalle sue maestre.
Finiti i colloqui, si dirigono verso casa e incontrano il nonno materno, Giuseppe, che è andato a prendere nonna Tita, appena uscita dalla chiesa per la messa pomeridiana. Così, tutti insieme, decidono di andare a comprare un bel gelato da gustare come premio per l’ottimo andamento scolastico di Mariangela. Sono tutti e cinque in auto, la Croma grigia di nonno Giuseppe; il clima è gioioso. Dopo essersi goduti il gelato si rimettono in auto per fare rientro a casa. Sono quasi le 19 quando succede l’inimmaginabile.
In quegli istanti dei killer mafiosi hanno appena compiuto un agguato nella macelleria dei Polimeni, vicini alla ‘ndrangheta. Gli obiettivi sono gli affiliati del clan Polimeni. L’auto di nonno Giuseppe passa, inconsapevolmente, davanti a quel negozio proprio in quegli istanti. Gli assassini pensano sia quella del padre di uno degli uomini che hanno appena ucciso e aprono il fuoco contro la famiglia di Mariangela. All’interno della loro auto le urla si susseguono senza che nessuno sia in grado di capire cosa stia davvero succedendo. Nonno Giuseppe è stato colpito gravemente da alcuni di quei proiettili. ma trova la forza di spingere sull’acceleratore e far ripartire la sua auto per portarla lontano da quella strada. Così, con tutte le poche forze rimastegli si dirige verso la strada principale, riuscendo a portare via da quella pioggia di proiettili la sua famiglia. Una volta al sicuro, si accorgono che Mariangela è stata gravemente colpita. Un giovane ragazzo che ha visto la scena corre verso l’auto, prende in braccio il corpicino di Mariangela e corre verso l’ospedale, che dista pochissimi metri dal luogo in cui l’auto si è fermata. Ma quella corsa disperata non servirà: Mariangela morirà pochi istanti dopo, senza aver neanche compiuto 9 anni. E quella poesia alla sua mamma non la potrà mai leggere.
Anche nonno Giuseppe non sopravviverà a quel pomeriggio, troppo gravi saranno le ferite riportate: morirà in quell’auto.
Mamma Francesca, nonna Tita e il fratellino Giuseppe, raggiunto da ben 21 colpi, riporteranno gravissime ferite. Ridotti tutti e tre in fin di vita, sopravviveranno per miracolo. Per loro serviranno numerosissimi e ripetuti interventi chirurgici prima di poter uscire dall’ospedale e ancor più gravi e perenni saranno le cicatrici emotive: il dramma dell’assenza improvvisa di persone amate, strappate alla vita con inaudita violenza davanti ai loro occhi.
Francesca apprenderà della morte della sua bambina e del suo papà solo un mese dopo la strage, quando è ancora ricoverata all’ospedale di Polistena. I medici, infatti, consiglieranno ai familiari di non farlo subito per evitare di compromettere la ripresa.
Noi eravamo cinque persone ma a casa ne siamo tornate una e mezza. Due sono morte e le altre tre dopo, non erano più persone intere. Quelle rimaste erano mezze persone. Purtroppo siamo passati da un posto dove c’erano delle bestie sanguinarie che stavano fuggendo dopo aver già ucciso delle persone. Erano all’incirca le 19. La nostra macchina era uguale a quella di qualcuno che pensavano potesse essere un loro nemico, e senza esitazione alcuna, appena siamo entrati nel loro spazio visivo, hanno iniziato a spararci addosso. Erano in cinque e ce li siamo visti davanti all’improvviso dietro la piazzetta del paese. All’interno della macchina le urla dei bambini, le mie e quelle di mia madre. E tutto questo senza ancora renderci conto di nulla. Sentivamo solo il dolore e vedevamo il sangue uscire da tutte le parti.
Vicenda giudiziaria
Gli inquirenti ricostruiranno che il duplice omicidio consumato nella macelleria è da ricondurre alla faida tra clan che in quegli anni sta insanguinando il paesino dell’Aspromonte, che in pochi anni ha causato 50 morti. Si tratta di una vendetta della famiglia Gugliotta nei confronti dei rivali Polimeni.
La famiglia di Mariangela, invece, è una famiglia pulita, che non c’entra niente con la mafia e con le guerre tra clan rivali. Colpevoli solo di aver percorso quella strada.
L’omicidio di Mariangela e di suo nonno provoca una reazione forte da parte della comunità, tanto che il Comune si costituirà parte civile nel corso del processo.
La morte di Mariangela e nonno Giuseppe, è però, ancora oggi, senza colpevoli e attende verità e giustizia.
A noi hanno tolto dei pezzi di cuore. La nostra vita è ormai distrutta sia per i morti che per i vivi. Per i morti perché li dobbiamo piangere e non c’è giorno in cui non li ricordiamo. E per i vivi perché bisogna fare i conti con la rabbia che abbiamo dentro e che non può essere assolutamente manifestata perché io ho altri figli e non voglio che crescano con l’odio dentro.
Memoria viva
La famiglia Biccheri, colpita così gravemente dal dolore, non è mai rimasta in silenzio e con tanto coraggio e forza si è da sempre spesa con le associazioni del territorio per testimoniare l'importanza dell’impegno, della memoria, che ha scelto da che parte stare.
Nel 2002 e nel 2008 la famiglia Biccheri ha ottenuto il riconoscimento dello status di vittima innocente della mafia.
A Mariangela è intitolata la scuola primaria di Oppido Mamertina.