27 marzo 2004
Napoli (NA)

Annalisa Durante

A 14 anni i sogni ci aiutano a spiccare il volo, a trovare la propria strada. Annalisa amava ballare e sognava di andare via, lontano e partecipare a un talent show. Uccisa dalla violenza e dall'arroganza camorrista, non per caso o per errore. Annalisa era nel posto giusto, nel suo quartiere a chiacchierare con le sue amiche.

Via Vicaria Vecchia è nel cuore del centro storico di Napoli. Che poi è anche il cuore di Forcella, il quartiere a ridosso del Duomo, uno dei luoghi più caratteristici della città, a due passi da Spaccanapoli e da Corso Umberto. Un dedalo intricato di vicoli e stradine, un labirinto nel quale pullula un’umanità variegata, che mostra tutti i volti di questa città, con tutte le sue contraddizioni. Uno di questi volti è quello della camorra, che qui ha esercitato il proprio dominio attraverso uno dei clan più longevi della criminalità organizzata partenopea, il clan Giuliano. Una vera e propria dinastia che attraversa da decenni le vicende di questo quartiere, facendone il centro nevralgico  dei propri interessi ed esercitando da qui un potere che si è esteso ben oltre i vicoli di Forcella. Dal contrabbando delle sigarette, gli affari si sono estesi alla droga, alle estorsioni, alla prostituzione, alla ristorazione e all’intrattenimento: tra gli anni ottanta e novanta i fratelli Giuliano sono diventati padroni della città, controllando un clan che è arrivato a fatturare decine di milioni di euro all’anno.

Poi ci sono gli altri volti di questa città: quello di chi prova a vivere onestamente e, sebbene con la camorra non abbia nulla a che vedere, tuttavia è costretta a conviverci, a condividere con essa il proprio spazio vitale; e quello di chi alla camorra si oppone apertamente, provando a costruire alternative, a indicare strade diverse rispetto a quella della malavita e della fascinazione maledetta che il potere mafioso è in grado di esercitare. 

La famiglia Durante vive proprio qui, al civico 22 di via Vicaria Vecchia. Una famiglia normale, papà Giovanni, che tutti chiamano Giannino, mamma Carmela e due figlie: Emanuela, la primogenita, e Annalisa, l’ultima arrivata, nata il 19 febbraio del 1990. Annalisa è una ragazzina sveglia. Due grandi occhi azzurri e lunghi capelli chiari incorniciano un volto grazioso e sempre sorridente. È un’adolescente allegra e vivace, che ama circondarsi di amici e amiche, condividere con loro le sue giornate. Le foto che la ritraggono ne hanno immortalato soprattutto il sorriso, che racconta di una giovane vita aperta al futuro e all’esistenza. E del resto le pagine del suo diario, raccontate quando già lei non c’era più, confermano questa grande voglia di vivere. Ma testimoniano anche di una profonda lucidità, di una capacità forse inattesa di leggere la realtà, di cogliere e interpretare le luci e le ombre del suo quartiere, della sua città. Non è una realtà facile e Annalisa lo sa, lo vede, lo scrive. Pagine cariche di sentimenti contrastanti: paura, rabbia, speranza. Come quando, scrivendo della morte di Claudio Taglialatela, un giovane ucciso non molto lontano da Forcella nel corso di una rapina, Annalisa appunta nel suo diario: “Oggi abbiamo visto i funerali di Claudio in televisione. Abbiamo pianto tanto. Mia madre e? sconvolta, dice che e? la cosa piu? orribile perdere un figlio. A me mi e? venuto il freddo addosso. Che tragedia. Perche? si deve morire cosi?? Non e? giusto”. O quando, in un’altra circostanza, scrive: “Vivo e sono contenta di vivere, anche se la mia vita non è quella che avrei desiderato. Ma so che una parte di me sarà immortale”. Quasi una profezia. 

Il 27 marzo del 2004

La sera di sabato 27 marzo 2004 la città è distratta dalla partita del Napoli con il Cagliari. Finirà 1 a 0 per gli azzurri, ma quella sera Napoli perderà un’altra partita, ben più importante: quella con i sogni e le speranze di una ragazzina di 14 anni. 
È sera inoltrata e Annalisa decide di scendere in strada per trascorrere un po’ di tempo con un’amica e sua cugina. Chiacchierano tranquillamente a poca distanza da casa Durante. Di lì a poco, arriva Salvatore. Lui di anni ne ha 19 e ha un cognome ingombrante: Giuliano. Nonostante sia giovanissimo, è già perfettamente inserito nelle dinamiche criminali della sua famiglia, di cui è considerato un rampollo. Con lui c’è suo fratello Antonio. I due si fermano a fare due chiacchiere. Qui del resto si conoscono un po’ tutti e tutti condividono gli stessi spazi. Ma quella sera per Sasà Giuliano qualcuno aveva deciso un altro destino. Un po’ di tempo prima, l’avvento della famiglia Mazzarella a Forcella aveva provocato malumori nel clan Giuliano. La spaccatura che ne conseguì fu la scintilla per una nuova faida interna. Sasà doveva essere l’ennesima vittima di questa guerra. I killer inviati dai Mazzarella arrivarono a bordo di due scooter. Quando avvistarono l’obiettivo della spedizione, cominciarono a sparare all’impazzata. Salvatore rispose al fuoco e si salvò. Ma a terra rimase il corpo di Annalisa, colpita al volto da una pallottola. La corsa in ospedale, dapprima al più vicino Ascalesi e poi al Loreto Mare, fu inutile. I danni al cervello erano troppo gravi e la ragazza andò in coma irreversibile. Morì tre giorni dopo. 

Vicenda giudiziaria

La notizia dell’uccisione di Annalisa, ennesima vittima di una guerra che sconvolse Napoli e l’Italia intera. Il quartiere reagì, nel mentre gli inquirenti si misero al lavoro per assicurare alla giustizia i responsabili di quella tragedia. Sasà ‘o russo, come tutti lo chiamavano per il colore dei suoi capelli, fu arrestato a casa di un parente che gli aveva dato ospitalità a Pomigliano d’Arco. Il ragazzo negò di aver sparato. L’autopsia e gli esami balistici sulla sua pistola però lo smentiranno: il colpo che aveva ucciso Annalisa era partito proprio dalla sua arma. Il 31 marzo del 2006, a due anni esatti dall’omicidio di Annalisa, fu condannato a 24 anni di carcere. Pena ridotta a 18 anni in appello e poi aumentata di nuovo a 20 con la pronuncia definitiva della Cassazione, il 16 aprile del 2008. Un processo difficile, con la famiglia che, nonostante le pressioni e le intimidazioni, decise comunque di costituirsi parte civile. Un clima pesante, che influenzò non poco i testimoni che avrebbero dovuto deporre a favore dell’accusa. Nel marzo 2020, Salvatore è stato scarcerato in anticipo per buona condotta.

Memoria viva

La vicenda di Annalisa Durante ha segnato in profondità la città di Napoli. Un mese dopo il suo omicidio, a Forcella una fiaccolata illuminò i vicoli del quartiere. Nel tempo, le sono state dedicate una biblioteca, l’asilo nido, una ludoteca e un’associazione. Nel giugno del 2014, il premio Oscar Roberto Benigni, dal palco del Teatro San Carlo, ha ricordato la storia di questa ragazza, elogiando la forza e il coraggio di papà Giannino, che, con sua moglie e sua figlia, non ha smesso mai di lottare per liberare Forcella dalla camorra, perché non accadesse mai più ad altri ciò che era accaduto a sua figlia. I pensieri di Annalisa, affidati al diario segreto che scriveva e che fu scoperto dopo la segnalazione di una donna che dichiarò di essere stata incaricata in sogno di svelarne l’esistenza, nel 2005 furono raccolti nel libro “Il diario di Annalisa”, a cura di Matilde Andolfo e Mario Fabbroni, Tullio Pironti editore. Nel suo nome continuano a essere promosse, a Forcella come in tanti altri luoghi d’Italia, iniziative di educazione alla legalità e di lotta alla cultura mafiosa. A lei sono intitolati il Presidio di Libera a Chivasso, quello di Cecina, quello di Cassino e quello di Marcianise

La famiglia continua a tenere e rendere viva la memoria di questa ragazzina di 14 anni, aperta alla vita e all’esistenza, in una testimonianza quotidiana di impegno per cambiare il destino maledetto di un quartiere che, nonostante tutto, ha voglia di riscattarsi, di assicurare ai suoi figli un’altra opportunità. Un impegno fatto anche di scelte di grande coraggio e generosità, come quando autorizzò l’espianto degli organi di Annalisa, che hanno aiutato a sopravvivere sette persone. Giovanni si prende cura della Biblioteca popolare che porta il nome di sua figlia. Da quel luogo spesso parla ai ragazzi e alle ragazze, anche a quelli che hanno preso strade sbagliate. 

Tutti voi mi date la forza. Oggi in mezzo a voi vedo Annalisa. Grazie alle istituzioni che mi sono vicine, che mi hanno concesso questo stabile in cui si sta realizzando il mio sogno, quello di aiutare i ragazzi che noi dobbiamo togliere dalla strada. Questo è un lavoro che faccio con il cuore e a chi ha sbagliato dico: cambiate vita.
Giovanni - papà di Annalisa