E Attilio amava la vita. Tutti i suoi interessi e le sue passioni erano l’espressione autentica di questo amore: la poesia, appunto, e poi la musica, il teatro, il giornalismo, la fotografia, il bricolage, il modellismo, la tecnologia e l’informatica, il design. Amava il mare e vi si immergeva. Amava il cielo e sognava di volare. Amava la natura e proteggeva gli animali. Una vita piena, generosa, vissuta con sensibilità, intelligenza, disponibilità e apertura agli altri. Ecco, tutto questo era Attilio. E raccontarlo in questa pluralità di interessi e di prospettive viene quasi impossibile. Lui era così, un gigante buono che amava la vita, che non conosceva il tempo vuoto, che riempiva le sue giornate di cose, di relazioni, di persone, di sogni e progetti.
Era nato il 30 marzo del 1975 e sin da bambino aveva mostrato questa dinamicità, questo eclettismo. Lo studio, la lettura, l’approfondimento ne avevano fatto un ragazzo sveglio, attento a quanto gli accadeva intorno. Canta, scrive, mette insieme persone. Non si ferma un attimo. Dopo la maturità scientifica, si iscrive alla facoltà di Ingegneria informatica. Intanto insegue il sogno di volare e dovrà arrendersi solo di fronte a un insignificante difetto della vista che gli impedirà di entrare in Aeronautica. Poi viene assunto in un’importante azienda di telecomunicazioni e, in pochi mesi, diventa team leader. Ha stoffa da vendere Attilio, ma non si accontenta. Lui ha voglia di creare qualcosa di suo. Sceglie di aprirsi una piccola azienda, un negozio di telefonia e di informatica al dettaglio: Mediatel. Lo inaugura in via Napoli a Capodimonte nel dicembre del 2000. Poi, il 24 settembre del 2004 sposa Natalia, la ragazza che aveva conosciuto quando aveva ancora 16 anni. Sono gli ultimi, intensi e spensierati mesi di vita di questo ragazzo onesto e perbene. Una vita spezzata dalle contraddizioni di Napoli, dal lato oscuro di una città tradita dai suoi stessi figli. Figli maledetti che ne insanguinano la storia e la bellezza, mortificandone l’anima più autentica.
Il contesto
La faida di Secondigliano rimane una delle pagine più buie della storia della camorra napoletana. Una scia infinita di morti ammazzati, ferimenti, bombe e attentati. Oltre 70 omicidi, frutto di una vera e propria strategia del terrore che non si ferma davanti a niente. Si spara a ogni ora del giorno e della notte, quasi quotidianamente, in strade piene di gente: punizioni, vendette trasversali, esecuzioni. È una guerra senza esclusione di colpi tra i Di Lauro, capeggiati da Paolo, detto Ciruzzo 'o Milionario, e poi dai suoi figli, primo fra tutti Cosimo; e i cosiddetti scissionisti, gli scontenti, che scelgono la strada dell’autonomia. In gioco c’è la supremazia sul territorio e il controllo di un enorme traffico di droga.
Con questa roba Attilio non c’entrava nulla. Lui era il volto più bello dell’altra Napoli, il volto innocente di una città onesta e operosa. Eppure da quel buio Attilio è stato inghiottito un lunedì come un altro del gennaio del 2005.
Il 24 gennaio del 2005
Quel 24 gennaio Attilio era nel suo negozio di Capodimonte. Si avvicinava l’ora di pranzo e di lì a poco avrebbe abbassato la saracinesca per la chiusura pomeridiana. Qualche ora di riposo e poi di nuovo il lavoro. Doveva andare semplicemente così, come ogni giorno. Ma non andò così. Pochi minuti più tardi, Attilio non c’era più. La mano assassina di un killer di 20 anni se lo sarebbe portato via per sempre proprio lì, nel suo negozio. Cinque colpi di pistola esplosi con una violenza cieca e inaudita da un killer dei Di Lauro. Aveva avuto l’ordine di ammazzare una persona a quell’indirizzo e lui non aveva esitato un attimo. In quel negozio c’era solo Attilio e quindi doveva morire lui. Non importa che non conoscesse il volto della vittima designata. Uccidere era il suo imperativo. Doveva obbedire. Ma Attilio non c’entrava niente. Perché a morire sarebbe dovuto essere un altro, l’altro giovane co-gestore del negozio, Salvatore Luise. Per gli inquirenti, anche lui era estraneo ai contesti criminali, ma aveva una colpa, quella di essere il nipote di Rosario Pariante, nome di spicco degli scissionisti. Doveva essere l’ennesima vendetta trasversale. Invece, quel maledetto lunedì, ad andarsene per sempre fu Attilio. L’ennesima vittima innocente, l’ennesimo scambio di persone, l’ennesima vita spezzata. A 29 anni.
Vicenda giudiziaria
Gli investigatori capirono quasi subito cosa doveva essere accaduto, grazie anche alle numerose testimonianze di commercianti e residenti della zona, a cui si aggiunsero il contenuto di alcune intercettazioni tra Luise e Pariante e le dichiarazioni di un giovanissimo collaboratore di giustizia. Eppure, la svolta definitiva nelle indagini è arrivata soltanto nel giugno de 2010, quando furono emesse tre ordinanze di custodia cautelare per Mario Buono, il killer ventenne, Cosimo e Marco Di Lauro, il primo già in carcere, il secondo latitante.
Il 2 febbraio del 2011 la prima udienza in Corte d’Assise dà inizio al processo. Si costituiscono parte civile la Regione Campania, il Comune di Napoli e la famiglia di Attilio: la sorella Maria, la mamma Rita Carfora e la sua giovane moglie, Natalia Aprile. Il 2 maggio del 2012, la sentenza di primo grado, che condanna all’ergastolo Buono e Marco Di Lauro, ma assolve Cosimo per non aver commesso il fatto. Nel febbraio del 2014, arriva anche la sentenza di appello, che conferma le due condanne. Ma i difensori del boss non ci stanno e sostengono l’inattendibilità dei collaboratori di giustizia che accusano il loro assistito. Tesi accolta dalla Corte di Cassazione, che il 18 giugno del 2015 conferma la condanna per Buono quale esecutore materiale del delitto, ma dispone il rinvio a giudizio in Corte d’Appello per Di Lauro, considerato il mandante. L’11 novembre 2019 la Corte d’Assise d’Appello di Napoli si pronuncia nuovamente per la condanna all’ergastolo. Sembra finita ma non è così, perché nel gennaio del 2021, a pochi giorni dall’anniversario dell’omicidio, la Cassazione annulla per la seconda volta la condanna, rinviando nuovamente il processo a un’altra sezione della Corte d’Assise d’Appello. Una doccia fredda per i familiari di Attilio, che ancora non riescono a ottenere verità e giustizia piena. Continuano però a chiederla, insieme agli attivisti e ai volontari di Libera Campania e alla Fondazione Pol.I.S. della Regione Campania, da sempre al loro fianco.
Attilio era un ragazzo socievole, allegro, pieno di vita. Suonava la chitarra, scriveva poesie, amava il teatro, voleva un figlio, ma i sogni gli sono stati rubati. Quando lo hanno ucciso si era sposato da quattro mesi ed era nel pieno della realizzazione delle sue speranze. Ora tanti giovani lo incontrano nel corso delle iniziative per la legalità e io mi auguro tanto che se qualcuno è tentato da strade sbagliate possa cambiare idea grazie a lui. (…) Caro Attilio,noi continueremo su questa strada. Siamo convinti, come te, che la cultura, l'arte, la bellezza della poesia siano gli strumenti migliori da contrapporre alla violenza. Ci piace sognare che la bellezza della poesia possa essere realmente l'antidoto alla criminalità che continua a infestare le strade della città. Ci piace sognare che la poesia possa essere l’arma più efficace per far capire, soprattutto ai giovani, che la strada giusta è quella della legalità. Lo dobbiamo a te e al tuo sacrificio, che non può e non deve essere vano. Non ti sembra anche questa una buona idea?
Memoria viva
Percorsi di impegno che incrociano la storia di altre vittime innocenti e che rendono viva la memoria di Attilio. Il volto bello di Napoli, bello come quello di Attilio. Sono numerosissime le iniziative e le intitolazioni che lo ricordano: scuole, aule, strade, un premio letterario e tante altre attività. Ad Attilio sono anche dedicati i Presidi di Libera di Torino, Senigallia e Chieti e il Presidio scolastico della Sanità, a Napoli. Nel gennaio del 2015, a dieci anni dalla sua morte, è stato dato alle stampe il libro “Buona idea!”, una raccolta delle tante poesie scritte da Attilio e curata dalla sorella Maria. A lui è dedicato anche il libro “L'albero della buona idea”, scritto da Valeria Verolino con le immagini di Violante Varriale.
Ad Attilio è dedicato un premio di poesie promosso dal liceo scientifico “Francesco Sbordone”, il liceo che Attilio frequentava ed è rivolto a tutte le scuole del territorio.
Un nome una storia "Mi chiamo Attilio Romanò" - recita Sara De Lauretis, Presidio di Libera Chieti "Attilio Romanò"