Barbara era nata a Trapani ed era l'ultima di quattro figli. Vita, Dorina ed Enzo, i suoi fratelli, si presero cura di lei, quando la loro madre morì. Barbara aveva solo due anni e mezzo. Crebbe accudita con amore e frequentò l'Istituto magistrale. Poi l'incontro con Nunzio e se ne innamorò. Si sposò molto giovane, a 19 anni. Dal loro amore nacquerò tre figli: Margherita e i gemellini Giuseppe e Salvatore. Furono una sorpresa, perché nessuno si aspettava due gemelli.
Aveva una pazienza infinita Barbara con i suoi tre figli, soprattutto con i piccolini. E chiedeva a Margherita di provare ad avere la stessa pazienza con i suoi fratellini. Si prendeva cura di tutti, cercando di essere sempre sorridente. Anche se ogni tanto il suo sguardo si oscurava e si perdeva nel vuoto, forse nel dolore della perdita della madre. Ma bastavano i baci dei suoi figli per ridare luce a quello sguardo.
Le piaceva aver cura di sè, i vestiti a fiori, la collana d'ambra - la sua preferita - e il rossetto, mai troppo rosso. Voleva che anche Margherita imparasse da lei a essere curata, a diventare donna, accarezzandole la testa quando la sera metteva a letto i suoi figli.
Quella primavera del 1985, la famiglia Asta si era trasferita nella loro villetta di villeggiatura a Pizzolungo, una frazione di Erica, perché Nunzio aveva litigato con un vicino di casa. E avevano così deciso di lasciare in anticipo Trapani quell'anno. Un "anticipo delle vacanze" per i bambini, che erano felicissimi di essere vicini al mare. E immaginarsi da lì a poco a fare i tuffi dagli scogli dell'hotel Tirreno, come ogni estate. Ogni mattina Barbara preparava la colazione per i figli e li accompagnava a scuola. Nunzio si alzava un pò più tardi, era in convalescenza a seguito di una delicata operazione al cuore e poi si recava a lavorare in officina.
Il 2 aprile del 1985
Il 2 aprile del 1985 Margherita aveva dieci anni e Salvatore e Giuseppe, ne avevano sei. Barbara ne aveva trentuno. Il giorno che sconvolse le loro vite.
Senza che la famiglia Asta lo sapesse, da pochi giorni lì vicino si era trasferito il giudice Carlo Palermo, arrivato al Tribunale di Trapani da Trento. Non si era fermato il giudice e stava continuando a seguire la pista delle sue indagini sui traffici di armi e droga con l'Est Europa, passando per il Nord Italia.
Quella mattina, Giuseppe e Salvatore continuavano a litigare e a fare i capricci, così Margherita chiamò la sua amica Maria Elena per andare con lei a scuola. Non voleva fare tardi di nuovo. Barbara la accompagnò alla porta, preoccupandosi di sapere cosa avrebbe dovuto prepararle per la gita del giorno successivo.
All'arrivo di sua sorella Vita, che dalla nascita dei gemellini le dava una mano con i figli, riuscì a finire di preparare Giuseppe e Salvatore e mettersi in auto per accompagnarli.
Alle 8.30 la sua auto fu investita da una potente esplosione, disintegrandola completamente.
Il passaggio dell'auto di Barbara aveva salvato la vita al giudice Carlo Palermo, che percorreva la stessa strada per recarsi in Tribunale, facendole da scudo. Un auto bomba era stata sistemata lì la sera precedente per esplodere al momento del passaggio del giudice. A nessuno importava se lungo quella strada si sarebbero potute trovare altre persone di passaggio.
Vicenda giudiziaria
Il 12 marzo 1990 la sentenza della Corte d'assise d'appello di Caltanissetta ribalta completamente la sentenza di primo grado. Gli imputati Gioacchino Calabrò, Vincenzo Milazzo, Filippo Melodia vengono assolti per non aver commesso il fatto. Esattamente un anno dopo, il 12 marzo 1991, la prima sezione penale della Corte di Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale, conferma la sentenza d'appello. Tutti assolti.
Nel 2002 la Corte d'Assise di Caltanissetta apre un nuovo procedimento penale sulla strage di Pizzolungo, a seguito delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Margherita decide di costituirsi parte civile. Il 22 novembre 2002 vennero condannati come mandanti Toto Riina e Vincenzo Virga, che chiesero il rito abbreviato. Il 29 maggio 2004, in primo grado Baldassarre Di Maggio è stato condannato all’ergastolo, Antonino Madonia è stato assolto. In appello il 03 febbraio del 2006, Antonio Madonia è stato condannato e la Cassazione confermerà la sentenza di condanna. A febbraio 2019 la Procura di Caltanissetta ha aperto un nuovo procedimento penale per la Strage di Pizzolungo. Il processo si è concluso a novembre del 2020 e il boss Vincenzo Galatolo è stato condannato a 30 anni per essere stato il mandante della Strage, accusato anche dalla figlia, Giovanna Galatolo, collaboratrice di giustizia.
Ci sono ancora indagini da fare e che faremo e questa sentenza è da pungolo perché é tra le stragi quella che ancora oggi mantiene un alone di mistero che dopo anni non siamo riusciti a svelare. Questa è una strage che all'interno stesso di Cosa Nostra è rimasta misteriosa perché gli stessi collaboratori di giustizia escussi a suo tempo non hanno mai fornito una chiave di lettura chiara. Questa bomba esplose ad appena una settimana dall'arrivo del dottore Carlo Palermo a Trapani quindi è una strage che si connette ad altri misteri trapanesi che in questi anni abbiamo cercato di verificare, e che si connette a una presenza non solo mafiosa nel territorio di Trapani. Dobbiamo fare molta strada per capire cosa è successo perché la semplice definizione della responsabilità di mafiosi non è sufficiente, sicuramente c'è qualcosa di più specifico e profondo.
Memoria viva
Margherita ha smesso a un certo punto di considerarsi vittima, quando ha deciso di essere una testimone contro la mafia. Il suo impegno non si arresta. Nel 2015 la Fandango ha pubblicato il libro "Sola con te in un futuro aprile", scritto da Margherita assieme alla giornalista Michela Gargiulo.
Il presidio di Libera di Milano Sud Est è dedicato a Barbara, così come quello di Cadore, quello di Centopievese e di Fermo. Il Consorzio Libera Terra Mediterraneo Cooperativa Sociale Onlus ha dedicato a Barbara l'olio Extravergine Biologico Valle del Belice DOP.
Nel 2019 in occasione del 54° Congresso Nazionale del Notariato è stato presentato il cortometraggio “Piccole cose di valore non quantificabile”, di Paolo Genovese e Luca Miniero.
Siamo passati dal luogo in cui mi avevano detto che c'era stato un incidente, però mi sono resa conto che guardando che non c'era stato un semplice incidente. E allora dall'interno dell'auto, guardavo a destra e a sinistra per comprendere sempre di più quello che era accaduto alla mamma e ai miei fratelli. E ho visto un luogo quasi spettrale: dove c'era stata una guerra e poi tutto era stato abbandonato. E c'era una grande buca, provocata dall'autobopmba. C'erano i calcinacci e gli inotnaci delle case rovinati, le inferriate divelte, i vetri rotti, anche quelli dei lampioni. Era un luogo di devastazione. E io la sentivo dentro di me, non riuscivo a capire e collegare cosa realmente era accaduto. E chiesi, a mio padre soprattutto, rispetto a una macchia rossa sul prospetto di una casa e circa duecento metri dove c'era la buca. Mio padre non aveva la forza di rispondermi. Scoprì dopo che era il sangue di uno dei miei fratelli.