4 gennaio 1992
Lamezia Terme (CZ)

Lucia Precenzano

Un sorriso timido e vero, di madre e moglie premurosa. Un sorriso attraverso il quale nasconde le sue paure più profonde per i rischi che corre il marito. Non pensa a sè, che la sua vita possa essere messa in pericolo. Lucia viene uccisa insieme al marito Salvatore, la sua unica colpa è stata quella di stargli accanto, sempre.

Lucia nasce il 16 giugno del 1937 in una famiglia numerosa, una famiglia modesta di grandi lavoratori.
Frequenta l’Istituto “Nitti” di Lamezia dove impara l’arte della cura e dell’accudimento oltre che tutte le attività femminili che in questi anni sono necessarie alla formazione di una buona donna di casa. Lucia ha una passione, quasi una vocazione, per l’insegnamento e infatti, appena un anno dopo dal suo diploma, all’età di 20 anni, tornerà in quella stessa scuola ma con una veste diversa: come insegnante, realizzando così il suo sogno. Negli anni insegnerà in numerose scuole dei paesini della provincia e formerà moltissime ragazze donando loro, con cura e passione, la sua esperienza e il suo sapere in materia di ricamo e cucito. Ma Lucia a tutte le sue allieve trasmette anche i suoi valori profondi: l’amore per la famiglia, il rispetto e la gentilezza per gli altri, e non fa mai mancare il suo timido ma illuminante sorriso.
È una donna d'altri tempi Lucia, dedita alla sua famiglia e al suo lavoro di educatrice, una donna dai saldi valori morali, generosa e altruista, una ragazza con dei grandi occhi castani e uno sguardo profondo, che nasconde un delicato fascino e una straordinaria forza d’animo.

L'incontro con Salvatore

L’incontro con quello che diventerà poi suo marito avviene grazie al suocero, che vende corredi per giovani spose. Tra i vari clienti di questo negozio c’è anche il papà di Lucia, che lì si reca abitualmente per comprare per le sue figlie, tanto che i due diventano amici. Un giorno si reca nel negozio a fare acquisti proprio insieme a Lucia e il negoziante appena conosce quella giovane bella e dai modi gentili ne resta colpito al punto tale da pensare che sarebbe piaciuta molto a suo figlio Salvatore. Salvatore però si è arruolato in Polizia a soli 19 anni, e quindi ora si trova lontano da casa, a Trieste, ma suo padre è così convinto che quella ragazza possa piacergli che durante una licenza del giovane chiede all’amico se possono organizzare una serata per far conoscere i loro figli.
Così avviene questo incontro e Salvatore, in effetti, rimane subito colpito da Lucia mentre lei, all’inizio non corrisponde molto, soprattutto perché è preoccupata per la distanza che li separa. Pensa che Salvatore a Trieste potrebbe fare altre conoscenze ed è contraria a iniziare una relazione anche se quel ragazzo, alto, bruno, dai modi gentili e che le trasmette emozioni profonde, la affascina molto. Nonostante le ritrosie di Lucia, Salvatore non demorde, è rimasto molto colpito da lei e durante le brevi licenze di cui dispone la corteggia serratamente, le fa capire che può fidarsi di lui, che ha intenzioni serie, e non si arrende sino a quando riuscirà a conquistarla. Così loro legame, seppur a distanza, riesce a crescere, si consolida e fortifica fino a quando i due ragazzi, nel 1962, convolano a nozze. Da quel matrimonio, da quell’amore dolce e profondo, nasceranno tre bambini: Walter, Paolo e Giulia.
Salvatore dopo Trieste viene trasferito in diversi paesi dell’intero Paese, fino a quando, finalmente, ottiene quello tanto desiderato: la sua amata Calabria, prima nella Questura di Catanzaro e poi in quella di Lamezia Terme. Ma fare il poliziotto in Calabria, soprattutto in questi anni, non è cosa semplice: la ‘ndrangheta ha assunto un profilo internazionale, nonostante resti legata al territorio d’origine dal quale trae la propria forza. Salvatore sin da subito si distingue per il suo forte impegno a difesa dei valori della legalità e contro il malaffare, conseguendo notevoli successi investigativi nella lotta contro la criminalità organizzata della Piana.
Lucia e Salvatore sono due genitori amorevoli, molto attenti all’educazione da dare ai loro bambini.
Salvatore tra i due è un po' più severo e Lucia cerca sempre di mediare e calmare gli animi, è una mamma tenera e dolce, che ama cucire personalmente i vestitini ai suoi bambini. Ogni tanto, come in tutte le famiglie, ci sono delle discussioni con Salvatore; lui sta fuori tutta la giornata per lavoro e lei è un po’ gelosa di quel mondo che lo tiene lontano da lei e dai loro bambini. Ci mette un po’ di tempo ad accettare la profonda passione e completa dedizione che Salvatore ha per il suo lavoro e che lo porta a stare fuori di casa, sempre disponibile a ogni chiamata, anche il 24 dicembre.
Nei primi anni ‘90, il sottufficiale, inizia delle indagini sulle attività criminali all’interno del consiglio comunale di Lamezia, svolgendo numerose indagini sulle attività della ‘ndrangheta lametina. È consapevole dei rischi che corre ma non indietreggia di un passo in quella battaglia contro la criminalità organizzata perché vuole liberare la città da quella violenza e sopraffazione criminale che le impedisce di crescere, che impedisce ai cittadini di vivere liberamente e serenamente in quella terra tanto bella ma martoriata. Salvatore condivide i suoi timori con sua moglie Lucia, anche lei è preoccupata, sa che suo marito sta provando, con le sue indagini, a scardinare un sistema mafioso di malaffare e corruzione, ma lo appoggia, perché condivide e appoggia quei valori di giustizia e libertà che Salvatore persegue da sempre.

Il 4 gennaio 1992

Il 4 gennaio del 1992, un giorno di festa che precede l’epifania, Salvatore e Lucia, passano a salutare alcuni amici e poi si fermano in centro per comprare gli ultimi regali in alcuni negozi del centro di Lamezia. È raro che Salvatore abbia tutto un pomeriggio libero, così ne approfittano per passeggiare insieme tra le luci e le vetrine addobbate a festa, con il freddo pungente di gennaio che sfiora i loro volti quasi accarezzandoli. È quasi sera quando decidono di tornare a casa dove li aspettano Paolo e Giulia, di 26 e 19 anni. Walter invece si è sposato e vive con sua moglie, ed è da poco diventato papà di una bambina che Salvatore e Lucia adorano. Raggiungono la loro Peugeot 205 azzurra, parcheggiata in un vicolo nella centralissima via dei Campioni. Salvatore si dirige verso il lato di guida, apre la portiera, Lucia, dall’altro lato, aspetta che lui le apra da dentro lo sportello per poter entrare. Sono felici per aver trascorso quella giornata insieme, si guadano e si scambiano un sorriso pieno d’amore; non possono sapere che quello sarà l’ultimo, che quella felicità verrà bruscamente interrotta di lì a pochi istanti. Salvatore e Lucia a casa non ci arriveranno mai. Due uomini, che probabilmente li seguivano già da qualche ora, all’improvviso aprono il fuoco, sparando prima sul sottufficiale di Polizia e poi su Lucia. Una strage eseguita da killer professionisti, armati di pistole calibro 9 che non lascia testimoni, anche se sono quasi le sette di sera, di una giornata di festa e quella è una delle vie più centrali e trafficate della città.
Quando sul posto arrivano i Carabinieri si trovano davanti a una scena agghiacciante. La 205 ha la portiera anteriore destra aperta, la chiave inserita e il quadro acceso; dentro, con la testa poggiata sul volante giace il corpo del Sovrintendente, mentre distesa sull’asfalto, dall’altro lato, sua moglie Lucia, è in fin di vita. A nulla servirà la disperata corsa in ospedale, morirà pochi minuti dopo. Le loro vite sono così interrotte, all’età di 59 e 55 anni, lasciando nel dolore e nello sconforto i loro amati figli.

Mamma ci realizzava perfino i vestiti a casa. Lo faceva da mia nonna. I miei primi pantaloni li ha cuciti lei. Mia madre mediava molto anche tra me e mio padre quando le mie intemperanze giovanili mi portavano a prendere posizioni che papà non avrebbe mai potuto condividere. Mamma cercava sempre di calmare gli animi. Ricordo questi episodi con grande affetto e se oggi sono quello che sono diventato, lo devo proprio ai loro insegnamenti e ai loro esempi.
Walter - figlio di Salvatore e Lucia

Vicenda giudiziaria

“Tenuto conto della personalità e dell'impegno professionale del Sovrintendente Aversa, - si legge nelle carte del processo - le indagini si indirizzarono subito verso gli ambienti della malavita locale.” Ma la vicenda giudiziaria successiva all’omicidio Aversa è stata lunga e tortuosa, fatta di inquietanti silenzi e false testimonianze.
Dopo 24 giorni dalla morte dei due coniugi, infatti, l’invito a collaborare fatto ai cittadini da più parti, portò i suoi frutti. Finalmente, una giovane donna di Lamezia, Rosetta Cerminara, trovò il coraggio necessario per rompere la paura e parlare. La ragazza 23enne incolpò dell’omicidio Giuseppe Rizzardi e Renato Molinaro, (successivamente morto per una dose di droga ingerita in carcere) che furono condannati nel 1994, ma poi assolti dalla Corte di Assise d’Appello. Assolti perché, intanto, le dichiarazioni della supertestimone si erano rivelate false. Si scoprì infatti che la ragazza aveva testimoniato il falso per inguaiare il suo ex fidanzato e l’amico. Solo 10 anni dopo il delitto due collaboratori di giustizia pugliesi, Stefano Speciale e Salvatore Chirico svelarono gli intrecci criminali che portarono a compiere l’omicidio: il mandato di uccidere proveniva della criminalità organizzata di Lamezia Terme.
Gli organizzatori dell’omicidio furono individuati proprio nei due pentiti della Sacra corona unita pugliese, che confermarono poi le loro responsabilità davanti al Gip del Tribunale di Catanzaro, nel gennaio del 2002, ribadendo che furono assoldati delle ‘ndrine di San Luca, che avevano avuto da quelle di Lamezia il compito di uccidere Salvatore.  
Il 15 Luglio 2004 la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro condannò gli esecutori del delitto a 8 anni di carcere e confermò l’ergastolo per Antonio Giorgi, boss di San Luca che li aveva assoldati.
Solo nel 2009, a 17 anni di distanza dall’omicidio, venne condannato all’ergastolo anche il mandante: il boss lametino Giampà Francesco.

Memoria viva

I nomi di Lucia e Salvatore sono ricordati, insieme alle oltre 1000 vittime innocenti delle mafie che ogni anno in occasione del 21 marzo, la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, riecheggiano in tanti luoghi. Per noi Lucia e Salvatore hanno un vero e proprio diritto al ricordo, un diritto che restituisce “dignità” a ogni nome che ricordiamo, che rappresenta la promessa a Lucia e Salvatore che non dimenticheremo la loro storia, i loro progetti di vita, portando con noi i loro sogni e rendendoli vitale pungolo del nostro impegno quotidiano.