Salvatore Aversa nasce il 14 giugno del 1933, nella frazione S. Lucia di Castrolibero, un piccolo Comune che dista pochi km da Cosenza ed è posto in cima ad un colle che appartiene al versante più orientale della Catena Costiera. Le sue origini sono contadine e questo fa sì che Salvatore cresca con un grande senso di attaccamento alla sua terra, un grande rispetto per il lavoro e con solidi valori, trasmessi dalla sua famiglia.
All’età di soli 19 anni, e nonostante i timori di sua mamma, si arruola nel Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza e frequenta la Scuola di Polizia di Trieste.
L'incontro con Lucia
L’incontro con quella che diventerà poi sua moglie avviene grazie alla caparbietà di suo padre, che vende corredi per giovani spose. Tra i vari clienti del suo negozio c’è anche il papà di Lucia, che lì si reca abitualmente per comprare per le sue figlie, tanto che i due uomini diventano amici. Un giorno si reca nel negozio a fare acquisti proprio insieme a sua figlia Lucia e così il papà di Salvatore appena conosce quella giovane bella e dai modi gentili ne resta colpito al punto tale da pensare che sarebbe piaciuta molto a suo figlio. Salvatore però si trova a Trieste ma suo padre è così convinto che quella ragazza possa piacergli che durante una licenza del giovane chiede all’amico se possono organizzare una serata per far conoscere i loro figli.
Così avviene questo incontro e Salvatore, in effetti, rimane subito colpito da quella ragazza dal tratto gentile e dal suo dolce sorriso, mentre lei, all’inizio non corrisponde molto, soprattutto perché è preoccupata per la distanza che li separa. Pensa che Salvatore a Trieste potrebbe fare altre conoscenze e perciò è contraria a iniziare una relazione anche se quel ragazzo, alto, bruno, e che le trasmette emozioni profonde, la affascina molto. Nonostante le ritrosie di Lucia, Salvatore non demorde, è rimasto molto colpito da lei e durante ogni breve licenza di cui dispone la corteggia serratamente, le fa capire che può fidarsi di lui, che ha intenzioni serie, e non si arrende sino a quando riuscirà a conquistarla. Da quel momento il loro legame, seppur a distanza, riesce a crescere, si consolida e fortifica nonostante Salvatore presta servizio nelle regioni del Nord Italia fino agli anni 1960-1961. Finalmente, nel 1962, viene trasferito alla Questura di Catanzaro così, i due giovani, convolano a nozze. Da quel matrimonio, da quell’amore dolce e profondo, nasceranno tre bambini: Walter, Paolo e Giulia.
Papà non era soltanto una macchina da guerra contra la criminalità, non era solo il poliziotto agguerrito, ma era anche un uomo che con la sua intelligenza riusciva a capire e ad avere timori, soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita. Ma non avrebbe mai fatto un passo indietro perché per lui avrebbe significato cedere a una potenza cattiva che di sicuro avrebbe generato il male verso la città e le persone. Lui era al servizio di tutti. Ancora oggi mi fermano delle persone per strada che mi raccontano di essere state vittime di ricatti ed estorsioni. “Poi l’ho detto a vostro padre e lui mi ha risolto il problema”, mi dicono. Papà difendeva sempre il debole che era stato sopraffatto dallo ‘ndranghetista. Il senso del dovere io posso ben dire di averlo compreso intimamente attraverso l’agire di mio padre.
Dopo la nascita della loro terzogenita, Giulia, Salvatore chiede e ottiene il trasferimento al Commissariato di Pubblica Sicurezza di Nicastro, una circoscrizione comunale di Lamezia Terme. Lamezia diventa, quindi, la città di residenza della famiglia Aversa che qui riesce a creare legami solidi con il tessuto sociale sano della collettività locale.
Salvatore è un uomo schivo, con un forte senso dello Stato e della giustizia e con spiccate capacità investigative. Sono gli anni in cui in tutta la Piana imperversano i sequestri di persona a scopo di estorsione e Salvatore si distingue per la sua dedizione e professionalità; manca interi giorni da casa, fa appostamenti, indagini pericolose, non si tira mai indietro. Questo a volte provoca qualche discussione con sua moglie Lucia, che lo vorrebbe più spesso a casa, a trascorrere del tempo assieme a lei e ai loro bambini, ma poi, comprendendo i valori e il profondo spirito di servizio di suo marito, lo appoggia in ogni decisione, anche quelle difficili.
Ottiene molti riconoscimenti per il lavoro effettuato, diventa, nel tempo, un punto di riferimento certo per la cittadinanza onesta e gode di particolare stima da parte dell’Autorità Giudiziaria. Eppure non si monta la testa, rimane l’uomo riservato e umile che è sempre stato, al servizio dei cittadini, soprattutto di quelli vittima di vessazioni o soprusi. Ma fare il poliziotto in Calabria, soprattutto in questi anni, non è cosa semplice: la ‘ndrangheta ha assunto un profilo internazionale, nonostante resti legata al territorio d’origine dal quale trae la propria forza. Salvatore lo sa bene, ma va avanti con passione e dedizione, a difesa dei valori della legalità e contro il malaffare, conseguendo negli anni notevoli successi investigativi nella lotta contro la criminalità organizzata della Piana.
Nei primi anni ‘90, il sottufficiale, inizia delle indagini sulle attività criminali all’interno del consiglio comunale di Lamezia, svolgendo numerose indagini sulle attività della ‘ndrangheta lametina. È consapevole dei rischi che corre ma non indietreggia di un passo in quella battaglia contro la criminalità organizzata perché vuole liberare la città da quella violenza e sopraffazione criminale che le impedisce di crescere, che impedisce ai cittadini di vivere liberamente e serenamente in quella terra tanto bella ma martoriata, vuole provare a scardinare un sistema mafioso di malaffare e corruzione che ha scoperto. Quando le indagini iniziano a diventare estremamente spinose qualcuno inizia a manifestare dei tentennamenti, ma Salvatore decide di andare avanti, anche da solo, e questo lo rende vulnerabile, esponendolo ancor di più agli occhi della criminalità organizzata.
Il 4 gennaio del 1992
Il 4 gennaio del 1992, un giorno di festa che precede l’Epifania, Salvatore e Lucia, passano a salutare alcuni amici e poi si fermano in centro per comprare gli ultimi regali in alcuni negozi del centro di Lamezia. È raro che Salvatore abbia tutto un pomeriggio libero, così ne approfittano per passeggiare insieme tra le luci e le vetrine addobbate a festa, con il freddo pungente di gennaio che sfiora i loro volti quasi accarezzandoli. È quasi sera quando decidono di tornare a casa dove li aspettano Paolo e Giulia, di 26 e 19 anni. Walter invece si è sposato e vive con sua moglie, ed è da poco diventato papà di una bambina che Salvatore e Lucia adorano. Raggiungono la loro Peugeot 205 azzurra, parcheggiata in un vicolo nella centralissima via dei Campioni. Salvatore si dirige verso il lato di guida, apre la portiera, Lucia, dall’altro lato, aspetta che lui le apra da dentro lo sportello per poter entrare. Sono felici per aver trascorso quella giornata insieme, si guadano e si scambiano un sorriso pieno d’amore; non possono sapere che quello sarà l’ultimo, che quella felicità verrà bruscamente interrotta di lì a pochi istanti. Salvatore e Lucia a casa non ci arriveranno mai. Due uomini, che probabilmente li seguivano già da qualche ora, all’improvviso aprono il fuoco, sparando prima sul sottufficiale di Polizia e poi su Lucia. Una strage eseguita da killer professionisti, armati di pistole calibro 9, che non lascia testimoni, anche se sono quasi le sette di sera di una giornata di festa e quella è una delle vie più centrali e trafficate della città.
Quando sul posto arrivano i Carabinieri si trovano davanti ad una scena agghiacciante. La 205 ha la portiera anteriore destra aperta, la chiave inserita e il quadro acceso; dentro, con la testa poggiata sul volante giace il corpo del Sovrintendente, mentre distesa sull’asfalto, dall’altro lato, sua moglie Lucia, è in fin di vita. A nulla servirà la disperata corsa in ospedale, morirà pochi minuti dopo. Le loro vite sono così interrotte, all’età di 59 e 55 anni, lasciando nel dolore e nello sconforto i loro amati figli.
Vicenda giudiziaria
“Tenuto conto della personalità e dell'impegno professionale del Sovrintendente Aversa, - si legge nelle carte del processo - le indagini si indirizzarono subito verso gli ambienti della malavita locale.” Ma la vicenda giudiziaria successiva all’omicidio Aversa è stata lunga e tortuosa, fatta di inquietanti silenzi e false testimonianze.
Dopo 24 giorni dalla morte dei due coniugi, infatti, l’invito a collaborare fatto ai cittadini da più parti, portò i suoi frutti. Finalmente, una giovane donna di Lamezia, Rosetta Cerminara, trovò il coraggio necessario per rompere la paura e parlare. La ragazza 23enne incolpò dell’omicidio Giuseppe Rizzardi e Renato Molinaro, (successivamente morto per una dose di droga ingerita in carcere) che furono condannati nel 1994, ma poi assolti dalla Corte di Assise d’Appello. Assolti perché, intanto, le dichiarazioni della supertestimone si erano rivelate false. Si scoprì infatti che la ragazza aveva testimoniato il falso per inguaiare il suo ex fidanzato e l’amico.
Solo 10 anni dopo il delitto due collaboratori di giustizia pugliesi, Stefano Speciale e Salvatore Chirico svelarono gli intrecci criminali che portarono a compiere l’omicidio: il mandato di uccidere proveniva della criminalità organizzata di Lamezia Terme.
Gli organizzatori dell’omicidio furono individuati proprio nei due pentiti della Sacra Corona Unita pugliese, che confermarono poi le loro responsabilità davanti al Gip del Tribunale di Catanzaro, nel gennaio del 2002, ribadendo che furono assoldati delle ‘ndrine di San Luca, che avevano avuto da quelle di Lamezia il compito di uccidere Salvatore.
Il 15 Luglio 2004 la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, condannò gli esecutori del delitto a 8 anni di carcere e confermò l’ergastolo per Antonio Giorgi, boss di San Luca che li aveva assoldati.
Solo nel 2009, a 17 anni di distanza dall’omicidio, venne condannato all’ergastolo anche il mandante: il boss lametino Giampà Francesco.
Memoria viva
I nomi di Salvatore e Lucia sono ricordati, insieme alle oltre 1000 vittime innocenti delle mafie che ogni anno in occasione del 21 marzo, la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, riecheggiano in tanti luoghi. Per noi Salvatore e Lucia hanno un vero e proprio diritto al ricordo, un diritto che restituisce “dignità” a ogni nome che ricordiamo, che rappresenta la promessa a Salvatore e Lucia che non dimenticheremo la loro storia, i loro progetti di vita, portando con noi i loro sogni e rendendoli vitale pungolo del nostro impegno quotidiano.