Parole di memoria

Qualsiasi cosa accada, ne sarà valsa la pena

Qualsiasi cosa accada, ne sarà valsa la pena
Dalla violenza all'impegno: storie al femminile per costruire cambiamento" è un percorso che più di trenta classi provenienti da tutta Italia, hanno portato avanti, ciascuna con la propria sensibilità e il proprio impegno, per far riprendere vita alle voci delle donne messe a tacere dalla violenza mafiosa. Voci che narrano storie, donne che si alzano dal silenzio dell'omertà, voci di donne che sollecitano una presa di coscienza collettiva contro la cultura della violenza. Entrare dentro queste vicende intime e complesse non è stato semplice. Le storie che gli studenti hanno raccontato attraverso la scrittura, esigevano rispetto e delicatezza: storie di donne, di madri, di figlie, che hanno pagato con la vita le loro scelte, spesso vittime di un sistema criminale così forte e pervasivo anche sul profilo culturale, capace di condizionare totalmente e drasticamente le vite delle persone. Dunque intraprendere questo viaggio di conoscenza, per i ragazzi è diventato un percorso di crescita e di consapevolezza. Siamo partiti da circa 40 storie differenti fra loro per età, provenienza e contesto che abbiamo raccolto in un ebook.

Nel giorno dell'anniversario della morte di Maria Concetta Cacciola vogliamo ricordarla proprio attraverso l'elaborato di alcuni di questi ragazzi per costruire una memoria viva, una memoria condivisa e responsabile, una memoria che viaggia in lungo e largo nelle nostre coscienze e chiama tutti ad impegnarci di più.

a cura dei ragazzi della III C ITT “Marco Polo” di Firenze 

Dall'altra parte della cornetta i singhiozzi di mia figlia si fanno sempre più forti e tutto questo è colpa mia. So che la stanno facendo piangere solo per convincermi a tornare a “casa”. Ma per me quello è il termine meno adatto per definire le quattro mura che mi hanno tenuta prigioniera per anni. Appena arrivata sotto protezione a Genova mi ero promessa che non avrei mai più ceduto ai loro ricatti, sicura di aver chiuso con la mia famiglia. E invece eccomi di nuovo qua, troppo debole perché io a differenza loro tengo ai miei figli. Le grida si fanno più forti e io con le lacrime agli occhi non riesco a sopportare un minuto di più. Ancora una volta hanno vinto loro, ma qualsiasi mia sofferenza è preferibile a quelle che potrebbero arrecare ai miei bambini. Così mi ritrovo a viaggiare a fianco di mia madre e di mio fratello verso la città che ho tanto odiato, che mi ha privato di tutto: l'innocenza, la dignità, la famiglia, la libertà. L'unico conforto è il pensiero di riabbracciare i miei figli dopo tanto tempo, il calore dei loro corpicini che mi stringono e le loro risa spensierate. Ma a quale prezzo? Per una famiglia di 'ndrangheta prima di tutto vengono l'onore e il rispetto. Io però ho infangato la loro reputazione e per questo dovrò pagare, non sono così ingenua da credere che lasceranno passare, loro non dimenticano. Li ho denunciati, ho raccontato tutte le crudeltà consumate nella realtà in cui ero costretta a vivere perché solo la verità mi avrebbe resa libera. Era proprio questo ciò a cui aspiravo, ciò che mi è sempre stato negato. La fuitina che a tredici anni mi pareva sapere di libertà e indipendenza, non era altro che la mia Maria Concetta Cacciola 20 agosto 2011 Rosarno (RC) Classe III C ITT “Marco Polo” Firenze 156 Dalla violenza all’impegno condanna a una vita di infelicità e solitudine. Quell'uomo non era il marito che sognavo, non mi amava affatto; ai suoi occhi ero solo un mezzo per entrare nel circolo della 'ndrangheta. Le sue violenze andarono ad aggiungersi a quelle di mio padre e di mio fratello; ricordo ancora vividamente il giorno in cui dopo una sciocca lite decise di mettermi a tacere puntandomi contro una pistola. A pensarci rivedo l'arma di ferro dritta davanti ai miei occhi, le mani che tremano e il terrore che mi immobilizza. A niente sono servite le richieste d'aiuto rivolte a mio padre, l'unica risposta ottenuta è stata «questo è il tuo matrimonio e te lo tieni per tutta la vita». Ma la parte peggiore è arrivata solo più tardi con l'arresto di mio marito. Una volta che lui non poteva più tenermi sotto controllo per impedire che infangassi il nome della famiglia, se ne sono occupati mio padre e mio fratello, decidendo di isolarmi e impedendomi i contatti con chiunque tranne che con loro. Una realtà opprimente, dove non mi lasciavano nemmeno respirare. Avevo paura ma se volevo vivere una vita degna di essere chiamata tale, l'unica via era cogliere ogni minima opportunità e parlare. Sono contenta di non aver esitato. L'unico mio rimpianto è non essere riuscita a portare i miei figli con me. Potevamo essere salvi, al sicuro e lontani da questo incubo infinito che continua a perseguitarmi, non importa quanto io desideri fuggire. Potevo essere ovunque e invece sono seduta in una macchina diretta all'inferno. Guardo fuori dal finestrino gli scenari che scivolano via insieme alla mia libertà, ogni istante che passa sono sempre più vicina a un ignoto destino che accresce il mio timore. Ma sono una madre e farei qualsiasi cosa per proteggere i miei figli, compreso rischiare la mia stessa pelle. Perché è proprio questo che temo, non credo alla farsa della mia famiglia che mi ripete di non preoccuparmi, basta che io mi rechi da un avvocato per ritrattare e mi perdoneranno. Appena arrivata mi rinchiuderanno di nuovo, ma questa volta la prigionia sarà ancora peggiore e non so se avrò un'altra possibilità che mi permetta di scappare. Sarò al punto di partenza, ogni passo fatto verso la felicità verrà cancellato. Questa consapevolezza però non riuscirà a farmi arrendere. Focalizzo nella mente i volti dei miei figli per farmi coraggio. No, devo continuare a lottare per loro perché abbiano una vita migliore di quella che ho avuto io. Sono giovani e meritano di fare le scelte che desiderano, senza paura e senza le rigide imposizioni che sono spettate a me. Continuo a fantasticare sulle loro immagini. Qualsiasi cosa accada, se mi permetterà di tenerli al sicuro, ne sarà valsa la pena.