Renata Fonte nel tenero ricordo di sua figlia Sabrina
Abbiamo scelto di ricordarti così ai nostri amici, a quanti sperano di riconoscere nelle nostre voci una tua inflessione, cercandoti nei nostri gesti, desiderosi di cogliere nel nostro ereditato impegno quella giovane, indomita vitalità che in te avrebbe brillato abbagliandoli, a quanti, pur lontani nello spazio, si sono dolorosamente rammaricati perché sei ormai solo nelle loro storie, un alito di vita e non più il caldo e morbido abbraccio che donavi anche solo essendoci.
La memoria che abbiamo inteso rinnovare, quest’anno così, sei tu, nella tua esuberante quotidianità, sognante, emotiva, creatrice, vibrante, quella che hai voluto condividere con noi, affinché il tuo troppo breve percorso abbia un sapore più familiare, perché possiamo, una volta ancora, dividerti con chi ti ha intensamente amata, con quanti oggi ci guardano, ti guardano, con i “lucciconi” agli occhi.
Abbiamo sentito il tuo profumo, riascoltato assorti la tua voce, ancora assaporato quell’armoniosa e seducente te stessa che sapevi essere e che anche oggi ti sentiamo vivere, incrollabile nell’ardente spirito mazziniano “colla spada del popolo nella destra, colla religione del popolo in core, coll’avvenire del popolo nella mente”.
Riusciamo ancora a sorridere alla vita, con lo stesso sorriso che tu hai posato sulle nostre labbra di fanciulle e che, mestamente, riflette la nostra inconsolata amarezza; fuggiamo la disperata solitudine del tuo non esserci mescolando l’agrodolce sapore delle nostre lacrime allo struggente tocco delle tue carezze di allora.
Devo a te la mia vita e ci sono ancora, soffrendo di essere vissuta più a lungo di te, io immeritevole, disutile, inadeguata alla tua ineffabile magia, vestita dell’illusione di poterti incontrare ancora.
Non vivo un solo attimo senza che tu viva dentro di me.
Sabrina