Tony e Alberto, due giovani vite dedicate alla lotta al crimine
di Tea Sisto
Antonio Sottile, 29 anni, originario di Caserta, finanziere scelto. Alberto De Falco, 33 anni, di origini calabresi, vicebrigadiere della Guardia di Finanza. Due nomi che resteranno per sempre nella memoria collettiva. Due vittime innocenti il cui sacrifico estremo ha liberato, 18 anni fa, la provincia di Brindisi (e non solo) dal cancro del traffico illegale di sigarette e ha messo in ginocchio, per un lungo periodo, buona parte della mafia che qui comanda, uccide, fa estorsioni, traffica in droga e armi: la Sacra corona unita. Una targa nel piazzale a loro intitolato a Brindisi, davanti al palazzo monumentale Nervegna, in pieno centro ci ricorda i loro nomi.
Accadde la sera del 23 febbraio del 2000. Gli scafi dei contrabbandieri avevano scaricato casse di sigarette sulla costa a nord di Brindisi. Ad attenderli c’erano altri contrabbandieri, con fuoristrada blindati e attrezzatissimi. Normale amministrazione per l’epoca. Quella sera erano di pattuglia Antonio, che tutti chiamavano Tony, e Alberto. Erano sul sedile anteriore dell’auto di servizio della Finanza, una Punto. Sul sedile posteriore della stessa auto c’erano il vicebrigadiere Edoardo Roscica, 28 anni, di Catania, e l'appuntato Sandro Marras, 33 anni, cagliaritano. La Punto dei finanzieri incrocia l’autocolonna di blindati sulla strada statale 379 che collega Brindisi a Bari. In testa una Range Rover a fari spenti. I contrabbandieri sanno che con quella piccola Punto non c’è partita. Vincono loro. Si scagliano con la loro Range Rover contro l’utilitaria dei finanzieri. La riducono a un ammasso di lamiere. Tony Sottile e Alberto De Falco muoiono sul colpo. Edoardo Roscica e Sandro Marras riportano gravi ferite. Nell’impatto, la Range Rover resta incastrata nella Punto e i contrabbandieri fuggono a piedi. Arrivano i soccorritori. Gli investigatori trovano sui sedili del loro fuoristrada i telefonini cellulari. Grave errore che porta all’arresto il giorno dopo di Giuseppe Contestabile, 29 anni, e di Adolfo Bungaro, 39 anni. Il primo confessa: “A guidare il fuoristrada ero io, ma non volevo uccidere nessuno”. Difficile raccontare senza commozione ciò che accadde in quelle ore. La corsa in ospedale, i colleghi dei finanzieri deceduti e feriti piombati in piena notte nelle case delle vittime per avvertire i familiari con la massima delicatezza possibile. L’ospedale di Brindisi pieno di notte di decine di uomini delle forze dell’ordine. I pianti, le urla di dolore, lo strazio delle mogli dei due giovani finanzieri morti. I funerali solenni in cattedrale, ai quali parteciparono centinaia di persone. L’arroganza, anche in quell’occasione, della mala brindisina, che non trovò alcuna sponda.
Seguirono un’inchiesta della magistratura, un processo con dieci imputati e due condanne per "omicidio per colpa cosciente".
Ma, al di là dell’iter giudiziario, la morte dei finanzieri Sottile e De Falco spinse lo Stato a mandare in Puglia duemila uomini. Fu chiamata Operazione Primavera. E in quella primavera, scaturita da una tragedia, dal dolore che ancora persiste, furono arrestate quasi cento persone. Centinaia le denunce, migliaia i sequestri di motoscafi e di blindati nonché di depositi (le “gubbie”) di sigarette di contrabbando. Sequestri anche di armi e di esplosivi, a conferma che il contrabbando qui lavorava insieme e con il “permesso” della Sacra corona unita ai cui boss veniva pagata una tangente per ogni cassa di sigarette scaricata.
Ecco che hanno fatto Tony Sottile e Alberto De Falco. Avevano dedicato la loro giovane vita alla lotta al crimine, al rispetto della legalità. Era quello che volevano: liberare il territorio dai criminali che lo tenevano sotto scacco. Ci sono riusciti, pagando però con la vita. Ogni anno, in questi giorni, vengono ricordati dalla Guardia di Finanza, insieme ai familiari delle vittime, nel Santuario di Jaddico, vicino a Brindisi, luogo dello scontro mortale. Entrambi furono insigniti della medaglia d’oro alla memoria.