20 aprile 1922
Bolognetta (PA)

Carmelo Lo Brutto

Ciò che Carmelo desiderava profondamente era mettersi al servizio della battaglia per la difesa dei contadini e dei braccianti agricoli. Per loro si sarebbe battuto contro gabellotti e imprenditori agricoli che, legati a doppio filo alla mafia locale, sfruttavano il lavoro e la terra, mortificando la dignità delle persone

Alla fine della Grande Guerra, i contadini che avevano combattuto si misero alla ricerca della terra loro promessa dai comandi militari. Anche a Bolognetta (Palermo, 2000 abitanti) era sorta l’Associazione dei reduci ed ex combattenti che, pur dichiarandosi di carattere apolitico, si muoveva in molte parti d’Italia al grido di “La terra ai contadini!”, con lo scopo di ricevere appezzamenti di terreno che i reduci potessero coltivare per sostentare le loro famiglie.

A Bolognetta l’Associazione era guidata da Carmelo Lo Brutto, detto Carmelino, diplomato ragioniere, ritornato in Sicilia da Torino, dove aveva svolto il servizio militare. Era figlio del proprietario terriero Giuseppe Lo Brutto, sindaco del paese per diversi anni tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. Anche se cresciuto in una famiglia di possidenti, Carmelo, era da sempre attento agli “ultimi” e pronto ad intervenire contro sorpudsi e ingiustizie. Quando, il 16 maggio del 1920, l'arciprete di Bolognetta Castrenze Ferreri fu gravemente ferito mentre stava seduto davanti la porta della sua abitazione, i fratelli Carmelo e Francesco Lo Brutto, sacerdote, furono tra i primi ad accorrere in suo soccorso. Fu proprio Padre Francesco Lo Brutto a somministrargli l’estrema unzione.

L’Associazione dei reduci fu uno strumento per una battaglia più complessa. Ciò che Carmelo desiderava profondamente era mettersi al servizio della battaglia per la difesa dei contadini e dei braccianti agricoli. Erano loro quelli nei quali questo giovane borghese vedeva gli ultimi della società, gli oppressi, gli sfruttati. Ed erano loro quelli per i quali si sarebbe battuto, contro gabellotti e impresari agricoli che, legati a doppio filo alla mafia locale, sfruttavano il lavoro e la terra, mortificando la dignità delle persone.

L’associazione diventò così lo strumento di questa battaglia, che fu a tutti gli effetti una battaglia politica, a difesa della dignità del lavoro e dei lavoratori. Carmelo si pose alla testa di un movimento che chiedeva la redistribuzione della terra. Una battaglia di giustizia, nella quale credeva fortemente e che mirava a riconoscere ai contadini diritti, considerazione, rispetto.

Non era un contesto facile quello in cui questa battaglia si svolgeva. Perché a Bolognetta lo sfruttamento del lavoro agricolo era un affare serio per i mafiosi. Un affare che lascerà, anche nei decenni successivi, una lunga scia di sangue sul selciato. Per giunta, la politica locale e le stesse istituzioni cittadine erano schierate apertamente con gli sfruttatori anziché con gli sfruttati. Ed è per questo che l’altro polo della battaglia di Carmelo - lui che aveva avuto un padre a lungo sindaco del paese - fu proprio la richiesta continua, pressante, instancabile di un nuovo modo di gestire la cosa pubblica, in un momento nel quale il comune era saldamente nelle mani dei mafiosi. Il Sindaco era il fratello di Serafino Di Peri, riconosciuto ed indiscusso capomafia del paese, capace di raccogliere e convogliare gli interessi anche di ampi strati di quella borghesia cui pure Lo Brutto apparteneva.

Il 20 aprile del 1922

Il 20 aprile del 1922 era un giovedì. Carmelo si trovava nei pressi di casa, sul corso principale della cittadina, all’incrocio tra via Baucina e via Roma. Fu esattamente lì, sulla porta della sua abitazione, che fu assassinato. Aveva appena 23 anni.

Ex viris iniquis interfectus. Ucciso da uomini ingiusti
Atto di morte di Carmelo Lo Brutto

“Non era per vendetta o per rancori - aveva scritto Leopoldo Franchetti nel 1876 a proposito di un altro giovane ucciso in provincia -; era perché certe persone, che dominavano le plebi di quei dintorni, temevano ch’egli, beneficando le classi povere, si acquistasse sulle popolazioni un poco dell’influenza ch’esse volevano riserbata esclusivamente a sé stesse”.

La vicenda giudiziaria

Le indagini sul delitto Lo Brutto portarono all’arresto, nella notte tra il 9 ed il 10 maggio 1922, degli esponenti della cosca mafiosa locale, tra cui alcuni consiglieri comunali della maggioranza guidata da Di Peri. Alla cosca, guidata dal pregiudicato Serafino Di Peri, fratello del sindaco e consigliere comunale anch’egli, erano attribuiti almento sette omicidi verificatisi negli anni precedenti. Anche in questo caso il processo si concluse con un’assoluzione per insufficienza di prove.

Nel luglio 1923 le autorità governative fasciste decidono lo scioglimento dell’Amministrazione comunale per indire nuove elezioni.

Nel marzo 1928, l’omicidio Lo Brutto fu attribuito alla cosca mafiosa di Bolognetta nella sentenza del Tribunale di Palermo conseguente alla “Operazione Mori” svoltasi a Bolognetta, Marineo e Misilmeri nel febbraio 1926.

Memoria viva

La storia di Carmelo Lo Brutto è ricostruita in alcuni libri di storia locale. Tra questi, in particolare “Un paese al crocevia. Storia di Bolognetta” di Santo Lombino.

Non conosciamo molto però della vita di Carmelo prima del suo omicidio. Vorremmo ricostruirla per permettere a tutti di conoscere che persona fosse, quali erano le sue passioni, i suoi progetti e i suoi sogni. Questo renderebbe il racconto su di lui più completo e la costruzione di una memoria collettiva sulla sua vicenda di vita sarebbe ancora più vitale. Ecco perché continueremo a cercare notizie e testimonianze su di lui e a chiedere il contributo di chiunque possa fornircele.