26 giugno 2012
Casoria (NA)

Andrea Nollino

Una vita semplice quella di Andrea, che si divideva tra il lavoro al bar, la parrocchia e la sua famiglia. Una vita interrotta improvvisamente da una mano violenta, una mano armata, una vita strappata alle persone che amava.

Tra il bar dei fratelli Andrea e Luca Nollino, la casa in cui Andrea vive con sua moglie e i suoi figli e la parrocchia di San Mauro ci sono poche decine di metri. Un fazzoletto di terra, nel cuore di Casoria, che è il tragico scenario di questa storia assurda. Un bar aperto da poco. Una casa lasciata troppo presto. La chiesa dove Andrea prestava la sua attività di volontariato. Un triangolo di vita spezzata dalla cieca violenza criminale. Perché in quella chiesa, dove Andrea si era sposato con Antonietta, saranno celebrati anche i suoi funerali. 

Andrea Nollino era un lavoratore. La definizione migliore per questo ragazzone di 42 anni è proprio questa: un gran lavoratore, onesto e retto. In largo San Mauro lo conoscevano tutti. Disponibile, generoso, si sforzava di coniugare al lavoro, necessario a garantire alla sua famiglia una vita dignitosa, il servizio in parrocchia, che viveva come un altrettanto necessario modo di mettersi al servizio degli altri. Dal matrimonio con Antonietta Sica erano nati tre splendidi figli: Raffaele, Carmen e l’ultima arrivata, a distanza di un bel po’ di anni, Andrea. Una famiglia tranquilla e assolutamente normale. E non c’è dubbio che sarebbe proseguita così la vita di questa famiglia se la protervia criminale - quella che fa sentire la camorra padrona di decidere della vita e della morte delle persone - non avesse infranto improvvisamente i sogni, le speranza, i progetti di Andrea e delle persone che amava, una calda mattina di fine giugno del 2012.

Il 26 giugno del 2012

Quel martedì 26 giugno Andrea, come sempre, era sceso al bar di buon mattino. Alle 7.00 in punto aveva alzato la saracinesca e, in attesa dei primi clienti della giornata, si era messo a fare le pulizie e sistemare il locale. Poco dopo le 8, si trovava all’esterno del bar. E fu in quel momento che improvvisamente stramazzò al suolo, colpito da un proiettile esploso da una pistola mitragliatrice. Accadde tutto in pochi attimi. Uno scooter con a bordo due uomini, forse lanciato all’inseguimento di una Ford Ka di colore giallo. Gli spari, il silenzio, il corpo senza vita di Andrea. Se n’è andato così, senza rendersi conto di nulla, lasciando nel dolore inconsolabile sua moglie e i suoi figli. Raffaele aveva all’epoca 17 anni, Carmen 16 e Andrea, la più piccola, soltanto 4. 

Una richiesta forte di verità e giustizia era arrivata da più parti nei giorni successivi alla morte di Andrea. Una morte che aveva suscitato grande emozione in questa città di oltre 75 mila abitanti a una manciata di chilometri da Napoli. Dal pulpito della Basilica di San Mauro, don Mauro Zurro, amico personale di Andrea, e don Tonino Palmese gridano a gran voce questa richiesta nel giorno dei funerali, il 28 giugno, alla presenza delle Istituzioni, dei familiari di altre vittime innocenti, di tante cittadine e cittadini. A terra, di fronte all’altare, la bara di Andrea. Sopra, la sciarpa e la maglia del Napoli e un leone di peluche. Lo chiamavano così i suoi amici: il leone. Perché Andrea era forte. 

Papà, quando ero piccolo e volevo fare il caffè al bar, rispondevi "Rafè, c'è tempo". Ora il tempo non c'è più ma tu resterai sempre con noi.
Lettera di Raffaele - figlio di Andrea

Il giorno dopo, una fiaccolata per le strade della città promossa da Libera. Poi, giorno dopo giorno, l’attenzione è andata scemando. Un mese dopo, nel trigesimo della morte di Andrea, nella stessa chiesa, la partecipazione sarà molto più scarsa. 

Venduto il bar di famiglia, Antonietta ha iniziato a lavorare presso una cooperativa che opera in appalto per conto del Comune. Tra mille difficoltà, questa mamma ha continuato a crescere i suoi tre figli nel ricordo del padre. Per loro, che nel 2015 hanno dovuto subito anche il lutto per la morte del fratello di Andrea, Luca, vittima di un incidente sul lavoro, la vicinanza della Fondazione Pol.i.s., che ha sostenuto gli studi dei ragazzi, della parrocchia e di qualche amico di famiglia. Tanta fatica, una sensazione di isolamento e di solitudine che ha reso ancor più difficile dover accettare che, per quella morte, mai nessuno avrebbe pagato. 

Andrea era un riferimento per il quartiere. È stato colpito lui ma ci sentiamo colpiti tutti. Ma non bisogna ricambiare il male con il male, come ci insegna una leggenda dei nativi americani: quando il mare è in tempesta e i pescatori non possono affrontarlo, riparano le reti. Ora istituzioni e cittadini dovremo impegnarci a costruire una città a misura d'uomo e a promuovere la cultura della legalità, perché il degrado morale è alla base del disagio e della violenza.
Padre Mauro Zurro - parroco della Basilica di San Mauro e amico personale di Andrea

Vicenda giudiziaria

Le indagini arrancano. Si fa fatica a trovare una spiegazione a quella tragedia. La pista più accreditata sembra essere quella di un proiettile vagante, esploso dagli uomini a bordo dello scooter all’indirizzo dell’uomo alla guida dell’auto gialla e che invece colpisce e uccide Andrea. Ma c’è chi avanza anche altre ipotesi. Le analisi balistiche sembrano indicare che quel colpo fosse invece stato esploso proprio in direzione di Andrea. Si pensa alla sua onestà, alla possibilità che si sia opposto a qualche richiesta dei clan locali. Oppure al fatto che possa essere stato eliminato perché testimone casuale di quel tentativo di omicidio. Ma il lavoro degli investigatori non arriva a nessuna certezza. Nel 2015, in assenza di elementi sufficienti a procedere, la vicenda tragica della morte di quest’uomo innocente viene archiviata. Nessuna verità e nessuna giustizia. 

Memoria viva

Sono numerose le iniziative che, negli anni, hanno provato a tenere viva la memoria di Andrea. Pochi giorno dopo la morte, in suo nome, nella villa comunale di Casoria, è stato piantato un ulivo. Si è puntato sullo sport, con un torneo di calcetto e una maratona della legalità, organizzata dal Comune di Napoli nel marzo del 2013, con la collaborazione di Libera, della Nuova cooperazione organizzata e della stessa Fondazione Pol.i.s.. Gesti piccoli ma significativi, perché l’oblio non scendesse crudele su questa storia.