Un bravo padre di famiglia il cui unico desiderio era la felicità dei suoi affetti. Un desiderio ancor più forte da quando la sua amata moglie se n’era andata e sulle sue spalle era rimasto per intero il peso di accompagnare verso il futuro quella famiglia così bella e numerosa.
Pasquale era nato nell’aprile del 1930 a Casalnuovo di Napoli. Allora la città contava poco più di 10 mila abitanti. Oggi invece ne conta quasi 50 mila. Una crescita demografica che è figlia di un incontrollato processo di urbanizzazione di questo centro a una ventina di chilometri dal capoluogo. Una vita di lavoro e sacrificio quella di Pasquale. Aveva fatto il barbiere, prima di riuscire a ottenere un impiego presso l’Azienda Sanitaria Locale di Napoli. Un lavoro che gli aveva consentito di coronare il suo unico sogno: dare ai figli una possibilità diversa da quella che aveva avuto lui. E alla fine, i suoi sacrifici gli avevano dato ragione e avevano dato frutti. Il primo figlio, Alessandro, era riuscito a diventare medico. Un altro, Giovanni, avvocato. E poi una figlia segretaria, un’altra ragioniera. Tutti comunque con una vita onesta, serena e tranquilla. A turbarla, solo la prematura scomparsa della loro amata madre. Ma il legame tra loro era molto profondo e gli aveva consentito di superare quel momento di dolore e di tristezza. A unirli, oltre all’amore, la condivisione dei valori profondi ai quali erano stati educati. Valori per i quali Pasquale si era meritato il rispetto di tutti: la disponibilità, la generosità, la cordialità.
Era un uomo con poche distrazioni. Una in particolare era quella di trascorrere del tempo presso un circolo ricreativo della città, per chiacchierare con gli amici e magari giocare un po’ a carte. Nulla di male, un modo come un altro per impegnare il tempo libero. Se non fosse che, in terra di camorra, anche un’abitudine semplice come questa può diventare fatale. Non perché possa esistere un posto sbagliato o un momento sbagliato, perché per le persone perbene come Pasquale non esistono posti o momenti sbagliati. Ma perché qui la camorra si sente padrona di tutto, anche della vita delle persone innocenti.
Il 5 maggio del 1990
Il 5 maggio del 1990 per la famiglia Feliciello è un giorno come un altro. Pasquale ha scelto di raggiungere il circolo “Rinascita”. Intorno alle 18 esce e si trattiene sul marciapiedi per aspettare suo nipote che avrebbe dovuto riaccompagnarlo a casa in auto. Accade tutto nel volgere di pochi minuti. Probabilmente Pasquale non ha neanche il tempo di rendersi conto pienamente di quello che sta succedendo. Accanto a lui c’è Gennaro Raimondi, un pregiudicato quarantaquattrenne ritenuto affiliato al clan dei Nuzzo. Forse Pasquale non ci fa nemmeno caso. All’improvviso si sente il rombo del motore di una moto che si avvicina. A bordo ci sono due persone, hanno entrambe il volto coperto da un casco. Una di loro ha in mano una pistola. Spara all’impazzata verso il circolo. Pasquale si volta di scatto e, un attimo dopo, è riverso a terra, colpito al volto e alla testa da due proiettili. Muore sul colpo. Raimondi scappa, nel tentativo disperato di fuggire a quel piombo che capisce subito era destinato a lui e non a Pasquale. Scappa, ma viene raggiunto dopo pochi metri e freddato dai killer. I due lasciano la moto, fermano un auto con a bordo una donna, se la fanno consegnare e scappano. Sull’asfalto restano i segni di quel raid: i bossoli dei colpi esplosi e, soprattutto, i due cadaveri. Uno è quello di questo onesto e innocente padre di famiglia, strappato alla vita ad appena 60 anni.
La vita della famiglia è sconvolta da questa tragedia assurda e insensata. Per i nove figli, è un colpo durissimo. Dopo la madre, se n’è andato anche il padre, e per giunta in un modo così tragico. Una ferita profondissima che merita almeno giustizia e verità.
Vicenda giudiziaria
Le indagini partono immediatamente. Ma la famiglia Feliciello deve trovare la forza di sopportare anche la macchina del fango che si aziona puntualmente in circostanze come questa. Tuttavia non molla e aspetta che la giustizia faccia il suo corso, con fiducia. La svolta arriva nel 2003, a tredici anni dall’omicidio, quando la Prima Sezione della Corte d’Assise di Napoli pronuncia la sentenza di condanna nei confronti di esecutori e mandanti di quel raid, il cui obiettivo era Gennaro Raimondi, ma che uccide anche Pasquale. Viene condannato all’ergastolo Pasquale Iorio Raccioppoli. Dodici anni di carcere invece per Fiore D’Avino. Entrambi sono riconosciuti come i mandanti dell’agguato, la cui esecuzione viene affidata ad Antonio Marchesi, condannato dalla corte a undici anni di reclusione. Luigi Tanzillo Luigi e Giovanni Pelliccia, in concorso con gli altri e anch’essi appartenenti al gruppo omicidiario, muoiono prima del processo. Due anni dopo, nel 2015, arriva anche il riconoscimento di Pasquale Feliciello quale vittima innocente della camorra. Le ferita resta, ma per la famiglia è un sospiro di sollievo aver ottenuto una verità giudiziaria e, soprattutto, vedersi riconosciuta la totale innocenza di Pasquale.
Memoria viva
Nel giugno del 2016 a Casalnuovo, alla presenza di don Luigi Ciotti, della rete di Libera e del Coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti di criminalità, è stata ufficialmente presentata l’Associazione Pasquale Feliciello, fondata da familiari e amici con l’obiettivo di mettere in campo iniziative e progetti per aiutare chi fa più fatica. Un modo per tenere viva la memoria di Pasquale e trasformarla, giorno per giorno, in un impegno concreto per combattere la cultura di morte che lo ha strappato ai suoi cari.
Noi figli avevamo perso la mamma due anni prima. Abbiamo dovuto subire le dicerie infamanti di quelli che in paese non conoscevano Pasquale, la perquisizione in casa alla ricerca di armi, il telefono sotto controllo. L’unica cosa che hanno trovato è una famiglia orfana dei genitori e distrutta dal dolore. C’è voluto tempo ma alla fine abbiamo avuto soddisfazione quando la sentenza ha dichiarato mio padre vittima innocente della camorra. Ed io sono orgogliosa e soddisfatta di essere una delle figlie di Pasquale Feliciello.