22 marzo 1995
Palermo (PA)

Giammatteo Sole

Giammatteo era un giovane geometra, pieno di interessi e di amici. Lui con la mafia non c'entrava nulla. Ma ha pagato il prezzo più alto, un giovane a cui è stata strappata la vita a causa delle logiche di violenza e di vendetta della mafia.

Giammatteo Sole nasce a Palermo, il 20 aprile 1971. Ha due fratelli, Massimo e Angela, il suo papà è un ufficiale di riscossione all’Esattoria. Giammatteo cresce circondato dall’amore; la sua è una famiglia molto unita e i suoi genitori ci tengono a trasmettergli tutti i loro valori.
Studia per diventare geometra e, non appena conseguito il titolo, inizia subito a lavorare. È un ragazzo coscienzioso, con la testa sulle spalle e ama il suo lavoro. Oltre però al lavoro e alla famiglia, ha una grande passione per il calcio e ha una compagnia di amici con cui trascorre il tempo libero. Nel gruppo di amici, oltre a lui, ci sono anche la sorella e il fratello e, in quella comitiva, sbocciano alcuni amore, tra cui quello tra Angela e Marcello Grado. Nessuno di loro sa che Marcello è il figlio di Gaetano Grado e nipote di Totuccio Contorno, entrambi pezzi grossi della mafia locale. Per tutti loro Marcello è solo un amico della comitiva, non certo un figlio di un boss mafioso. Nessuno immagina che la spensieratezza di quei ragazzi poco più che ventenni verrà stravolta, all’improvviso, a causa della mafia.

La seconda guerra di mafia

Agli inizi di marzo del 1995 Marcello Grado viene ucciso e, per farlo, i killer non esitano a sparare alle 9.30 del mattino, tra la folla del mercatino rionale di piazza Costanzo Barberino. È infatti in atto a Palermo la seconda guerra di mafia, che vede contrapporsi i mafiosi palermitani e i corleonesi, e negli ambienti criminali spunta il sospetto che qualcuno stia organizzando il rapimento dei figli del boss Totò Riina; la famiglia Grado viene indicata tra quelle che partecipano a quel piano. 
Così i corleonesi decidono di rapire Giammatteo perché vogliono scoprire se conosce qualche particolare di questo piano criminoso. 

Ma noi non sapevamo nemmeno chi fosse Marcello Grado perché per noi era solo uno degli amici della comitiva.
Massimo - fratello di Giammatteo

Il 22 marzo del 1995

È il 22 marzo del 1995. La primavera è alle porte e le strade di Palermo fioriscono di boccioli e colori. Il clima è mite e rende piacevole camminare a piedi. È sera e, come al solito, Giammatteo sta rientrando dal lavoro. Mentre si sta dirigendo verso casa, una pattuglia della Polizia lo ferma per un controllo. Lui è tranquillo, sa di non aver fatto nulla ed essere fermato dalla Polizia non è certo un problema. Ma Giammatteo non sa che i due poliziotti indossano divise che non sono le loro, che quei due uomini in realtà non sono poliziotti, ma dei mafiosi. Uno dei due, infatti, è Gaspare Spatuzza, affiliato al clan di Brancaccio, l’auto è guidata dai boss Filippo e Giuseppe Graviano. 
I suoi familiari si preoccupano del ritardo a casa di Giammatteo, cominciano a telefonare al suo ufficio ma non ricevono nessuna risposta e da quel momento non avranno più notizie fino alla mattina successiva, quando il corpo di Giammatteo verrà ritrovato, privo di vita. 
Giammatteo è stato ucciso la sera stessa del suo sequestro: i finti poliziotti infatti, dopo averlo portato alla periferia di Villagrazia di Carini su una Croma rubata, lo hanno torturato e poi bruciato vivo, all’età di soli 24 anni. Ucciso con tanta crudeltà nonostante la sua totale estraneità a quel mondo.

Vicenda giudiziaria

Grazie al lavoro degli inquirenti sono stati individuati i responsabili dell’omicidio: Leolouca Bagarella, quale mandante e organizzatore, Antonino Mangano, Lo Nigro Cosimo, Gaspare Spatuzza, Nicolò Di Trapani, Giuseppe Guastella e Giusto Di Natale. Tutti condannati dalla Corte di assise di Palermo nel gennaio del 1999.

Questo ragazzo non c’entrava niente, niente di niente, un’animella, un ragazzino veramente pane e acqua…
Gaspare Spatuzza - collaboratore di giustizia dal 2008

Memoria viva

Giammatteo otterrà il riconoscimento di vittima innocente di mafia da parte del Ministero dell’Interno.
I familiari di Giammatteo, dopo i primi anni di silenzio hanno trovato il coraggio di trasformare il proprio dolore in impegno, per tenere viva la memoria del loro caro e per dare il proprio contributo nella lotta alla mafia, anche dal punto di vista sociale e culturale.

Giovane virgulto reciso da mano mafiosa.
Quest’albero qui piantato sia l’eredità di coraggio che ci hai lasciato.
Perché la terra intrisa di lacrime accolga le radici di una nuova vita.
La luce sia giustizia, il tepore del sole sia speranza, la pioggia acqua di conforto.
Il cielo splenda della luce dei giusti e per la tua via ci inondi.
Perché alla brezza della sera la terra ti sia lieve, che il tramonto ti porti con sè su ali di angeli e nuova alba sia splendente.
Domenico Galioto - amico di Massimo Sole, in occasione della piantumazione di un albero di melograno presso il parco Uditore di Palermo, dedicato alla memoria di Giammatteo