Questa storia ha molto a che fare con le dinamiche mafiose che per anni hanno condizionato la vita dell’area metropolitana alle porte della città di Napoli. Ercolano, Torre del Greco, San Giorgio a Cremano: agglomerati urbani che si confondono con la periferia del capoluogo, dominati per anni da clan potenti e sanguinari, talvolta in lotta tra loro, altre volte in grado di stringere alleanze e accordi. È la storia criminale di un territorio difficile, in cui il traffico di droga per decenni ha arricchito le famiglie di camorra. Tra queste la famiglia Ascione, uscita vincitrice da quella che è passata alla storia come la prima faida di Ercolano, chiusa con l’omicidio di Salvatore Esposito, boss dell’omonimo clan, che segna di fatto la vittoria degli Ascione e del suo fondatore, Raffaele Ascione.
È un’ascesa rapida quella degli Ascione, che però subisce un colpo molto duro una decina di anni più tardi. È il 28 febbraio del 1996 quando l’operazione Nemesi mette in ginocchio il clan, con l’arresto di 194 persone. Tra di loro ci sono anche i fratelli Leonardo e Salvatore Zirpoli, che, a pochi giorni dal loro arresto, dichiarano la loro volontà di collaborare con la giustizia. E qui la storia prende una piega ancora più drammatica. Perché a pagare sarà anche un giovanissimo ragazzo di 16 anni, occhi verdi e volto ancora da bambino. Lui si chiama Ciro ed è il figlio di Leonardo. Sarà lui a scontare le colpe di suo padre.
La decisione dei fratelli Zirpoli di collaborare con i magistrati è un terremoto non solo per gli Ascione, ma anche per i clan alleati dei Cozzolino, dei Vollaro e degli Abbate, operanti tra Torre del Greco e San Giorgio a Cremano. Con i due fratelli, si “pente” anche un loro fratellastro, Giuseppe Brisciano. Le dichiarazioni che rilasciano innescano una serie di ulteriori inchieste, una delle quali finisce per investire come un uragano anche la Questura, con l’arresto di una ventina tra poliziotti e altri funzionari, tutti accusati di legami e collusioni con la camorra. Il clan non può restare inerme e decide di reagire, alla propria maniera. Il 28 marzo del 1996 viene gravemente ferita Giuseppina Brisciano, sorellastra di Leonardo e Salvatore Zirpoli. La donna viene colpita al petto ma si salva. Pochi giorni dopo, il 4 aprile, una bomba esplode davanti al ristorante di Portici di proprietà di Anna Imparato, convivente di Leonardo. La reazione violenta della camorra induce Giuseppina a spingere i fratellastri a ritrattare. Si fa aiutare dall’avvocato difensore dei due, Vincenzo Strazzullo. Il professionista finirà poi sotto inchiesta, accusato dallo stesso Leonardo, secondo il quale l’avvocato lo avrebbe costretto a ritrattare. Siamo nel novembre del 1996. Tutto questo mentre a Ercolano, lontano dalla località segreta in cui vivono i fratelli Zirpoli dopo la scelta di collaborare, la loro famiglia li abbandona, rinnegandoli.
Cosa c’entri Ciro, figlio sedicenne di Leonardo, in questa storia, è facile immaginarlo. Il ragazzo, cresciuto tra i vicoli di Pugliano e gli affari criminali della sua famiglia, era stato in qualche modo costretto a respirare la camorra. Ma aveva pur sempre 16 anni e di certo, di tutto quello che suo padre aveva combinato, non poteva essere considerato il responsabile. E invece, di fronte alla ferma volontà di suo padre di collaborare con gli inquirenti, è proprio con lui che il clan se la prende.
Di Ciro non abbiamo molte notizie. Abbiamo però una foto, forse l’unica che circola del ragazzo, probabilmente una fototessera. Lui indossa una camicia scura a quadri bianche. Una foto nella quale risalta il suo viso dai tratti ancora infantili, le labbra pronunciate e due penetranti occhi verdi. Aveva alle spalle qualche piccolo precedente, ma appare piuttosto evidente che la sua unica colpa fu quella di essere figlio di suo padre.
Il 26 gennaio del 1997
Il 26 gennaio del 1997 Circo, come spesso faceva, aveva trascorso il pomeriggio al bar insieme ad alcuni amici. Intorno alle 19.30 decide di rientrare nella sua casa di Vico Razzolino, nel quartiere storico di Pugliano. I due killer lo incrociano poco lontano dalla sua abitazione. Lo chiamano per nome, lo salutano. Poi, mentre il ragazzo si allontana, lo colpiscono alle spalle con un unico fatale proiettile. Il ragazzo viene soccorso e trasportato all’ospedale Maresca di Torre del Greco. Vi morirà poco più tardi per la gravità della ferita riportata. Avrebbe compiuto 17 anni a settembre. Con lui viene ferito Giovanni Uccello, giovane pregiudicato amico di Ciro. Ma se la caverà.
Vicenda giudiziaria
Gli investigatori tentano di fare luce sull’agguato e seguono diverse piste. Si pensa a una vendetta per uno sgarro del ragazzo, secondo alcuni anch’egli coinvolto nel traffico di droga; o a un danno collaterale di un raid diretto in realtà a punire il suo amico, la cui famiglia era stata coinvolta in un omicidio avvenuto qualche tempo prima. Ma alla fine la pista più accreditata sembra essere quella di una vendetta trasversale per la decisione di suo padre di non recedere dalla sua volontà di collaborare con la giustizia.
Ipotesi quest’ultima ulteriormente rafforzata da un altro macabro episodio. La mattina del 10 febbraio, a meno di un mese dall’agguato mortale a Ciro, la sua tomba viene brutalmente vandalizzata e profanata. Alcuni ignoti si introducono nottetempo nel cimitero e distruggono tutto: la lastra di marmo, i vasi, i simboli sacri. Ammucchiano i ceri e tentano di dare fuoco al sepolcro. È un episodio inquietante, riportato dalla cronaca del tempo, che appare un chiaro ed evidente segnale diretto a Leonardo Zirpoli, che, per i funerali di suo figlio, era stato autorizzato a lasciare il carcere segreto in cui era rinchiuso e a raggiungere Ercolano scortato da decine di poliziotti. Interrogata dagli investigatori, Maddalena Iacomino, madre di Ciro, prende le distanze da suo marito e nega di aver ricevuto altre minacce.
Su questa storia non c’è altro. Rimane, in tutta la sua drammatica crudezza, la morte di un ragazzo di 16 anni, sulla cui memoria, negli anni successivi, si è provato a costruire il racconto di una camorra sanguinaria e violenta, che non guarda in faccia a niente e nessuno, nel tentativo di indicare una strada alternativa, una prospettiva di cambiamento.
Memoria viva
Il nome di Ciro è ricordato, insieme alle oltre 1000 vittime innocenti delle mafie che ogni anno in occasione del 21 marzo, la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, riecheggiano in tanti luoghi. Per noi Ciro ha un vero e proprio diritto al ricordo, un diritto che restituisce “dignità” a ogni nome che ricordiamo, che rappresenta la promessa a Ciro che non dimenticheremo la sua storia, i suoi progetti di vita, portando con noi i suoi sogni e rendendoli vitale pungolo del nostro impegno quotidiano.