Annamaria Torno, sesta di sette fratelli, nasce a Taranto, il 18 giugno del 1977 da una famiglia modesta. Dopo appena una settimana di vita, il fratello più grande morirà a causa di una malattia, tuta la sua famiglia sarà segnata da questo lutto improvviso. Le piace studiare e per aiutare economicamente la famiglia, svolge dei piccoli lavoretti. Annamaria è fatta così, non si risparmia mai per nessuno e contribuire all'economia domestica per lei è importante. Qualche anno dopo, all'età di 14 anni, perderà il suo papà. Annamaria si rimbocca le maniche, nonostante il dolore e la mancanza del suo papà, frequentaun corso di grafica pubblicitaria presso un istituto professionale superiore di Taranto e consegue il titolo professionale.
Annamaria è una ragazza molto curiosa, promettente, piena di vita, circondata da tanti amici. Quella ragazza dai profondi occhi azzurri che si fa voler bene da tutti, ama conoscere cose nuove, è brava in tutte le materie ed è appassionata dall’arte.
L'amore
Trova lavoro in panifici e pizzerie e spesso va a lavorare anche nei campi per le raccolte stagionali. E' proprio lavorando come bracciante che conosce Cosimo, un ragazzo di Ginosa di 10 anni più grande e se ne innamora. I due decidono di sposarsi e metter su famiglia; impazienti di realizzare i loro progetti Annamaria si trasferisce a Ginosa e progettano il loro futuro insieme, sognando di allargare presto la famiglia. Per realizzare questo sogno devono metter da parte qualche risparmio per sistemare la loro nuova casa e organizzare il matrimonio. Annamaria accetta qualsiasi lavoro le si presenti. Accetterà anche di lavorare come bracciante agricola; la fatica non la spaventa ma ancora non sa in che condizioni sarà costretta a lavorare. Da quel giorno, tutti i giorni, sale su un pullmino scassato e privo delle più elementari norme di sicurezza, che da Ginosa la porta a Ginosa Marina dove l’aspetta la raccolta di ortaggi. Dietro quei viaggi si nascondono i caporali, che lucrano sull'ingaggio e sul trasporto delle braccianti, che calpestano tutti i diritti dei lavoratori, primo fra tutti la sicurezza, stroncando i sogni di vita di tanti giovanissimi, appartenenti troppo spesso alle categorie più disagiate. Il lavoro è molto faticoso e le lavoratrici sono sfruttate e mal pagate, ma Annamaria non si tira indietro pur di guadagnare due soldini poter coronare il suo sogno d’amore.
Il 1 marzo del 1996
Le giornate si susseguono e anche la mattina del primo marzo del 1996, Annamaria sale su quel pulmino che l’accompagna sul luogo di lavoro. Anche quella mattina sono state costrette a salire in 14, seppur quella “Ford Transit” ne possa trasportare al massimo 9 di persone. Il pullmino stracarico è ormai arrivato a destinazione, sta svoltando a sinistra per entrare nella strada poderale; sono le 7.30 e il pericolo del viaggio sembra così esser anche oggi superato quando, all’improvviso, sopraggiunge ad alta velocità una “Fiat Ducati” che investe la “Ford Transit”. Il tamponamento è violento e Annamaria rimane gravemente ferita; a nulla servirà il trasporto d’urgenza all’ospedale di Taranto, la sua vita sarà stroncata quella mattina assieme ai suoi progetti e sogni di futura sposa. Quello che agli occhi della stampa delle prime ore sembrerà solo un tagico incidente stradale, si rivelerà invece una tragedia causata dal caporalato, dallo sfruttamento operato dai caporali a danno dei lavoratori. Non un normale incidente, ma un incidente sul lavoro provocato dalla piaga sociale del caporalato.
Annamaria resterà così vittima di violazioni inaccettabili, del comportamento ignobile dei caporali, dell’assenza di qualsiasi tipo di controlli, regolamentazioni e tutele, vittima di un fenomeno criminale che calpesta qualsiasi diritto dei lavoratori, un fenomeno estremamente diffuso - e per lungo tempo taciuto - nelle campagne del sud Italia e di cui si torna a parlare soltanto quando produce vittime, come nel caso della giovane Annamaria.
Quella ragazza piena di gioia di vivere, di sogni e speranze, strappata alla vita all’età di soli 18 anni, sarà sepolta con l’abito da sposa che tanto sognava di indossare.
Annamaria è morta perché non aveva altre possibilità di un lavoro dignitoso e sicuro, ma soprattutto legale. Non ha avuto alternative, non ha avuto scelta. Il tema del lavoro, sempre più rilevante fra i giovani d’oggi e a noi in particolare molto caro, è uno degli elementi che accomunano la sua storia di vent’anni fa alla nostra quotidianità.
La storia di Annamaria ci accompagna ogni giorno nelle nostre scelte e nelle nostre riflessioni. Ci piace ricordarla come una voce di ragazza innocente a testimoniarci l’importanza di resistere e contrastare le mafie, per poter riuscire un giorno a proteggere quelle persone che ancora una voce non ce l’hanno.
Memoria viva
La sua storia ispirerà un romanzo, che sarà a lei dedicato, “Cira e le altre – braccianti e caporali” di Roberto De Giorgi. Alla sua memoria sarà dedicata anche, da parte dei sindacati uniti, la manifestazione dal primo maggio del 1996.
Il presidio di Libera di Ivrea ha deciso di intitolarsi alla memoria di Annamaria, simbolo che la sua storia contraddistingue troppo spesso, il lavoro nelle campagne anche a Nord del Paese.
Non conosciamo molto della vita di Annamaria prima della sua morte. Vorremmo ricostruirla per permettere a tutti di conoscere che persona fosse, quali erano le sue passioni, i suoi progetti e i suoi sogni. Questo renderebbe il racconto su di lei più completo e la costruzione di una memoria collettiva sulla sua vicenda di vita sarebbe ancora più vitale.
Così come ci piacerebbe scoprire il suo volto, il sorriso che risplende sul suo viso.
Chiediamo, quindi, l'aiuto di chiunque possa darci il proprio contributo, condividendo con noi informazioni su Annamaria Torno.