L’azienda di estrazione di materiali calcerei, alla cui gestione da qualche tempo si dedicava, Luigi Iannotta l’aveva ereditata da suo padre. Si chiamava SOGEM ed era una delle migliori aziende del settore del territorio casertano. Dava lavoro a 15 famiglie e produceva una ghiaia di altissima qualità, l’unica in grado di superare tutti i test cui anche le Ferrovie dello Stato l’avevano sottoposta. Una soddisfazione, certamente. Eppure quel lavoro era solo uno degli interessi a cui Luigi dedicava il suo tempo. Aveva una personalità dinamica, che lo spingeva a una vita ricca di impegni e piena di passioni. Intanto, accanto al lavoro nella ditta di famiglia, c’era quello a scuola, forse la sua vera vocazione professionale. Insegnava alla scuola media “Raffaele Perna” di Santa Maria Capua Vetere, la città in cui viveva insieme alla bella famiglia che aveva messo su insieme a sua moglie, Giovanna Perugino. Dal loro amore erano nati tre figli, Paola, Claudia e Guido, il più piccolo. Vivevano in via Giovanni Paolo I, una zona residenziale della città. La famiglia, l’azienda e la scuola.
Ma a un certo punto della sua vita, Luigi aveva deciso di intraprendere un altro importante percorso, coerente a quel modo di mettersi al servizio degli altri in tutti gli ambiti della sua vita, come genitore, come imprenditore, come insegnante. L’impegno politico, nelle fila della Democrazia Cristiana, fu quasi un approdo naturale della sua cultura e del suo modo di essere. E, anche in questo ambito, le soddisfazioni non tardarono ad arrivare, fino a portarlo alla nomina di Assessore al personale del Comune di Capua, una manciata di chilometri dalla sua città.
Insomma, una vita veramente pienissima. Ma non ancora del tutto. L’ultimo incarico cui Luigi non volette sottrarsi fu quello che, in quanto titolare di un’azienda estrattiva, lo portò a diventare presidente liquidatore del CO.V.IN, il consorzio dei titolari di cave di materiale inerte delle province di Napoli e Caserta, sciolto il 30 dicembre del 1992. Era una sfida difficilissima, per una serie di ragioni. La prima è che, dal futuro di quel consorzio, dipendeva la vita di 70 famiglie, quanti erano i dipendenti. Ma c’era un altro problema, ed era la delicatezza di quel ruolo e del settore di cui Luigi si occupava, che da sempre attirava le attenzioni e gli appetiti della criminalità organizzata. Pensando a quei 70 lavoratori, Luigi si mise al lavoro per rifondare totalmente il consorzio, provando a salvarlo e a rilanciarne l’attività.
Il 19 aprile del 1993
Il 19 aprile del 1993 era una giornata fredda e piovosa, una di quelle in cui il tempo incerto ha poco a che vedere con il clima mite della primavera arrivata da poco. Luigi aveva trascorso quella giornata dividendosi tra i suoi vari impegni, prima di prendere la strada di casa, dove la sua famiglia lo aspettava per la cena. Luigi aveva promesso a Guido che gli avrebbe portato del gelato. Ed era esattamente quello che stava facendo, andare a comprare il gelato promesso a suo figlio, in un bar non lontano da casa, intorno alle 20.30, quando accadde quello che nessuno si sarebbe aspettato. Luigi era in compagnia di un suo caro amico, l’architetto Dante Perrillo. Insieme i due stavano percorrendo una via del centro, via Aldo Moro, particolarmente affollata quando, improvvisamente, qualcuno fece fuoco con una calibro 38 contro l’uomo. Cinque colpi che uccisero Luigi sul colpo, ferendo l’amico che camminava con lui e che quasi non si accorse di nulla. Un’azione fulminea che troncò la vita di Luigi ad appena 49 anni. Guido, il più piccolo dei suoi figli, all’epoca aveva solo 6 anni.
Vicenda giudiziaria
L’omicidio apparve subito legato al lavoro di Iannotta. Le ipotesi furono sostanzialmente due: il rifiuto di sottostare alle richieste estorsive e, più probabilmente, il suo impegno per rifondare il CO.V.IN. che, forse senza che Luigi se ne rendesse neanche conto, stava dando fastidio a chi sulle cave aveva messo gli occhi per i propri affari criminali. Per due volte il fascicolo sull’omicidio di Luigi Iannotta è stato aperto e per due volte archiviato: quella morte non ha avuto mai giustizia. E questo nonostante le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Carmine Schiavone e Raffaele Caianello. Il primo ha parlato del movente, il secondo ha fatto i nomi di mandanti ed esecutori. Dichiarazioni tuttavia non ritenute sufficienti ad avviare il processo. A lungo a Luigi è stato negato anche il riconoscimento di vittima innocente della camorra. E questo nonostante la PM che chiese l’archiviazione avesse comunque messo nero su bianco l’esistenza di “indizi ai fini della qualificazione dell’omicidio di stampo camorristico ascrivibile al clan dei Casalesi”.
Ma la famiglia di Luigi - sua moglie e i suoi tre figli - non si sono arresi e hanno continuato a combattere. Finalmente, il 17 gennaio del 2014, è arrivato il riconoscimento. Un risultato importante, che comunque non lenisce il dolore e la rabbia per una morte che non ha mai avuto verità e giustizia.
Memoria viva
Il nome di Luigi è ricordato, insieme alle oltre 1000 vittime innocenti delle mafie che ogni anno in occasione del 21 marzo, la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, riecheggiano in tanti luoghi. Per noi Luigi ha un vero e proprio diritto al ricordo, un diritto che restituisce “dignità” a ogni nome che ricordiamo, che rappresenta la promessa a Luigi che non dimenticheremo la sua storia, i suoi progetti di vita, portando con noi i suoi sogni e rendendoli vitale pungolo del nostro impegno quotidiano.